De musica sacra et sacra liturgia

Indice

Capitolo II - Norme generali

11. Questa Istruzione ha vigore per tutti i riti della Chiesa latina; pertanto, ciò che è detto del canto gregoriano vale anche per il canto liturgico proprio degli altri riti latini, qualora esista.

Col nome poi di « Musica sacra » in questa Istruzione si intende talvolta il canto e il suono degli strumenti, talvolta soltanto il suono degli strumenti, come può dedursi facilmente dal contesto.

Finalmente con la parola « chiesa » ordinariamente si intende ogni « luogo sacro », e cioè: la chiesa in senso stretto, l'oratorio pubblico, semipubblico e privato ( cfr. cann. 1154, 1161, 1188 ), a meno che dal contesto non apparisca trattarsi delle sole chiese in senso stretto.

12. Le azioni liturgiche devono essere eseguite a norma dei libri liturgici legittimamente approvati dalla Sede Apostolica, sia per la Chiesa universale, sia per qualche chiesa particolare o famiglia religiosa ( cfr. can. 1257 );

gli esercizi pii invece si svolgono secondo le consuetudini e le tradizioni dei luoghi o di ceti di persone, approvate dalla competente autorità ecclesiastica ( cfr. can. 1259 ).

Non è lecito frammischiare azioni liturgiche ed esercizi pii; ma, se occorra, gli esercizi pii o precedano o seguano le azioni liturgiche.

13. a) La lingua delle azioni liturgiche è la latina, a meno che nei sopraddetti libri liturgici, sia generali che particolari, per alcune azioni liturgiche sia esplicitamente ammessa un'altra lingua, e salve quelle eccezioni che vengono appresso indicate.

b) Nelle azioni liturgiche celebrate in canto, non è lecito cantare alcun testo liturgico tradotto letteralmente in lingua volgare5 salvo concessioni particolari.

c ) Le eccezioni particolari, concesse dalla S. Sede, alla legge di usare unicamente nelle azioni liturgiche la lingua latina, restano in vigore; non è lecito però, senza licenza della stessa Santa Sede, dare ad esse una interpretazione più larga o trasferirle ad altre regioni.

d) Negli esercizi pii si può usare qualsiasi lingua più opportuna ai fedeli.

14. a) Nelle Messe in canto si deve usare unicamente la lingua latina, non soltanto dal sacerdote celebrante e dai ministri, ma anche dalla « Schola cantorum » o dai fedeli.

« Peraltro, là dove per una secolare o immemorabile consuetudine, nel solenne Sacrificio Eucaristico [ cioè nella Messa in canto ], dopo le sacre parole liturgiche cantate in latino, vengano inseriti alcuni canti popolari in lingua volgare, gli Ordinari dei luoghi potranno permettere che ciò si faccia, "se per le circostanze locali e di persone, stimeranno che detta [ consuetudine ] non possa essere prudentemente rimossa" ( can. 5 ), ferma restante la legge per la quale è stabilito che le stesse parole liturgiche non siano cantate in volgare».6

b) Nelle Messe lette il sacerdote celebrante, il suo ministro e i fedeli che insieme al sacerdote celebrante partecipano direttamente all'azione liturgica, e cioè che dicono a voce alta quelle parti della Messa che loro spettano ( cfr. n. 31 ) devono usare unicamente la lingua latina.

Tuttavia se i fedeli, oltre questa partecipazione liturgica diretta , desiderano aggiungere, secondo la consuetudine dei luoghi, alcune preghiere o canti popolari, lo possono fare anche nella propria lingua.

c) È strettamente proibito recitare ad alta voce, insieme al sacerdote celebrante, le parti del Proprio, dell'Ordinario e del Canone della Messa in lingua latina o in traduzione verbale, tanto da parte di tutti i fedeli che di qualche commentatore, eccezione fatta per ciò che viene indicato al n. 31.

È desiderabile però che nelle domeniche e nei giorni festivi, nelle Messe lette, il Vangelo e anche l'Epistola vengano letti da qualche lettore in lingua volgare, per utilità dei fedeli.

Dalla Consacrazione poi al Pater noster si consiglia un sacro silenzio.

15. Nelle sacre processioni descritte nei libri liturgici, si usi quella lingua che gli stessi libri prescrivono o ammettono; nelle altre processioni, invece, che vengono fatte a modo di pii esercizi, si può usare quella lingua che sia più opportuna ai fedeli che vi intervengono.

16. Il Canto gregoriano è il canto sacro, proprio e principale della Chiesa romana; pertanto esso non solo si può usare in tutte le azioni liturgiche, ma, a parità di condizione, è da preferirsi agli altri generi di Musica sacra.

Perciò:

a) La lingua del canto gregoriano, come canto liturgico, è unicamente la lingua latina.

b) Quelle parti delle azioni liturgiche che secondo le rubriche sono da cantarsi dal sacerdote celebrante e dai suoi ministri, si devono cantare unicamente secondo le melodie gregoriane, quali sono proposte nelle edizioni tipiche, con la proibizione dell'accompagnamento di qualsiasi strumento.

La « schola » e il popolo, quando rispondono secondo le rubriche al sacerdote e ai ministri che cantano, devono usare anch'essi unicamente le stesse melodie gregoriane.

c) Finalmente, là dove fu permesso con Indulti particolari che nelle Messe in canto il sacerdote celebrante, il diacono o il suddiacono, o il lettore, dopo il canto nella melodia gregoriana dell'Epistola o della Lezione o del Vangelo, possano proclamare gli stessi testi anche in lingua volgare, ciò deve esser fatto leggendo a voce alta e chiara, con esclusione di qualsiasi melodia gregoriana, autentica o imitata ( cfr. n. 96 ).

17. La Polifonia sacra si può usare in tutte le azioni liturgiche, ma a questa condizione: che vi sia una « schola » che la possa eseguire a regola d'arte.

Questo genere di Musica sacra conviene specialmente alle azioni liturgiche che si vogliono celebrare con maggiore splendore.

18. Parimente la Musica sacra moderna può essere ammessa in tutte le azioni liturgiche, se in realtà risponde alla dignità, alla gravità e santità della Liturgia, e vi sia una « schola » che la possa eseguire a regola d'arte.

19. Il Canto popolare religioso si può usare liberamente negli esercizi pii; nelle azioni liturgiche invece si osservi strettamente ciò che sopra è stato stabilito, nn. 13-15.

20. La Musica religiosa poi sia esclusa assolutamente da tutte le azioni liturgiche; negli esercizi pii peraltro si può ammettere; quanto ai concerti in luoghi sacri, si osservino le norme che vengono date appresso, nn. 54 e 55.

21. Tutto ciò che, a norma dei libri liturgici, deve essere cantato, sia dal sacerdote e dai suoi ministri, sia dalla « schola » o dal popolo, appartiene integralmente alla stessa sacra Liturgia.

Ciò posto:

a) È strettamente vietato cambiare in qualsivoglia modo l'ordine del testo che si deve cantare, alterare le parole od ometterle, o ripeterle inopportunamente.

Anche nelle melodie composte in forma di polifonia o di musica sacra moderna, le singole parole del testo devono potersi percepire chiaramente e distintamente.

b) Per la stessa ragione, in qualsiasi azione liturgica è esplicitamente vietato di omettere, in tutto o in parte, qualsiasi testo liturgico che si deve cantare, a meno che sia disposto diversamente dalle rubriche.

c) Se tuttavia per ragionevole causa, ad esempio per il numero ristretto di cantori o per la loro imperfetta perizia nell'arte del canto o anche talvolta per la prolissità di qualche rito o melodia, l'uno o l'altro testo liturgico che appartiene alla « schola » non si possa cantare come è notato nei libri liturgici, è permesso soltanto che quei testi possano essere cantati integralmente o in retto tono o a modo di salmo, con accompagnamento, se si vuole, di organo.

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5 Motu proprio Tra le sollecitudini, n. 7, del 22 nov. 1903;
Decr. auth. S. C. R. 4121
6 Lettera enciclica Musicae sacrae disciplina