Rapporti tra i Vescovi e i Religiosi

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Capitolo III

La vita religiosa nella comunione ecclesiale

La natura "ecclesiale" degli istituti religiosi

10. Lo stato religioso "non è intermedio tra la condizione clericale e laicale", ma proviene dall'una e dall'altra quasi come "dono speciale" per tutta la chiesa ( cf. LG 43 ).

Esso consiste nella sequela di Cristo, professando pubblicamente i consigli evangelici di castità, di povertà e di obbedienza, e assumendo l'impegno di rimuovere tutti quegli ostacoli, che potrebbero distogliere dal fervore della carità e dalla perfezione del culto divino.

Il religioso, infatti, "si dona totalmente a Dio sommamente amato, così da essere con nuovo e speciale titolo destinato al servizio e all'onore di Dio"; ciò "lo congiunge in modo speciale alla chiesa e al suo mistero" e lo sospinge ad operare con indivisa dedizione per il bene di tutto il corpo ( cf. LG 44 ).

Di qui chiaramente appare che la vita religiosa è un modo particolare di partecipare alla natura sacramentale del popolo di Dio.

La consacrazione, infatti, di coloro che professano i voti religiosi, a questo soprattutto è ordinata, che essi cioè offrano al mondo una visibile testimonianza dell'insondabile mistero del Cristo, in quanto in se stessi realmente lo rappresentino "o contemplante sul monte o annunziante il regno di Dio alle turbe o mentre risana i malati e i feriti e converte i peccatori al bene operare, oppure mentre benedice i fanciulli e fa del bene a tutti, ma sempre in obbedienza alla volontà del Padre, che lo ha mandato" ( LG 46 ).

Dell'indole propria di ogni istituto

11. Molti sono nella chiesa gl'istituti religiosi e diversi l'uno dall'altro, secondo l'indole propria di ciascuno ( cf. PC 7; PC 8; PC 9; PC 10 ); ma ognuno apporta la sua propria vocazione qual dono suscitato dallo Spirito, mediante l'opera di "uomini e donne insigni" ( cf. LC 45; PC 1; PC 2 ), e autenticamente approvato dalla sacra gerarchia.

Lo stesso "carisma dei fondatori" ( ET 11 ) si rivela come un'esperienza dello Spirito trasmessa ai propri discepoli per essere da questi vissuta, custodita, approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il corpo di Cristo in perenne crescita.

Per questo "la chiesa difende e sostiene l'indole propria dei vari istituti religiosi" ( LG 44; cf. CD 33; CD 35; ecc.).

Tale indole propria, poi, comporta anche uno stile particolare di santificazione e di apostolato, che stabilisce una sua determinata tradizione in modo tale, che se ne possano convenientemente cogliere gli elementi oggettivi.

Pertanto, in quest'epoca di evoluzione culturale e di rinnovamento ecclesiale, è necessario che l'identità di ogni istituto sia conservata con tale sicurezza, che si possa evitare il pericolo di una situazione non sufficientemente definita, per cui i religiosi, senza la dovuta considerazione del particolare stile di azione proprio della loro indole, vengano inseriti nella vita della chiesa in modo vago e ambiguo.

Alcuni connotati di un genuino "carisma"

12. Ogni carisma autentico porta con sè una certa carica di genuina novità nella vita spirituale della chiesa e di particolare operosa intraprendenza, che nell'ambiente può forse apparire incomoda e può anche sollevare delle difficoltà, poiché non sempre e subito è facile riconoscerne la provenienza dallo Spirito.

La nota carismatica propria di qualsivoglia istituto esige, sia nel fondatore che nei suoi discepoli, una continua verifica

della fedeltà verso il Signore,

della docilità verso il suo Spirito,

dell'attenzione intelligente alle circostanze e

della visione cautamente rivolta ai segni dei tempi,

della volontà d'inserimento nella chiesa,

della coscienza di subordinazione alla sacra gerarchia,

dell'ardimento nelle iniziative,

della costanza del donarsi,

dell'umiltà nel sopportare i contrattempi.

Il giusto rapporto fra carisma genuino, prospettiva di novità e sofferenza interiore comporta una costante storica di connessione tra carisma e croce, la quale, al di sopra di ogni motivo giustificante le incomprensioni, è sommamente utile a far discernere l'autenticità di una vocazione.

Anche ai singoli religiosi certamente non mancano i doni personali, i quali indubbiamente sogliono provenire dallo Spirito, al fine di arricchire, sviluppare e ringiovanire la vita dell'istituto nella coesione della comunità e nel dare testimonianza di rinnovamento.

Il discernimento, però, di tali doni e il retto loro esercizio saranno misurati secondo la congruenza che essi dimostreranno sia con il progetto comunitario dell'istituto sia con le necessità della chiesa a giudizio della legittima autorità.

Il servizio proprio dell'autorità religiosa

13. I superiori svolgono il loro compito di servizio e di guida all'interno dell'istituto religioso in conformità dell'indole propria di esso.

La loro autorità procede dallo Spirito del Signore in connessione con la sacra gerarchia, che ha canonicamente eretto l'istituto e autenticamente approvato la sua specifica missione.

Orbene, considerato il fatto che la condizione profetica, sacerdotale e regale è comune a tutto il popolo di Dio ( cf. LG 9; LG 10; LG 34; LG 35; LG 36 ), pare utile delineare la competenza dell'autorità religiosa, accostandola, per analogia, alla triplice funzione del ministero pastorale, cioè d'insegnare, santificare e governare, senza per altro confondere o equiparare l'una e l'altra autorità.

a) Quanto all'ufficio d'insegnare, i superiori religiosi hanno la competenza e l'autorità di maestri di spirito in relazione al progetto evangelico del proprio istituto; in tale ambito, quindi, devono esplicare una vera direzione spirituale dell'intera congregazione e delle singole comunità della medesima, e l'attueranno in sincera concordia con l'autentico magistero della gerarchia, sapendo di dover eseguire un mandato di grave responsabilità nell'area del piano evangelico, voluto dal fondatore.

b) Quanto all'ufficio di santificare, è pure spettanza dei superiori una speciale competenza e responsabilità di perfezionare, sia pure con differenziati compiti, in ciò che riguarda l'incremento della vita di carità secondo il progetto dell'istituto, sia circa la formazione, tanto iniziale che continua, dei confratelli, sia circa la fedeltà comunitaria e personale nella pratica dei consigli evangelici secondo la regola.

Tale compito, se rettamente adempiuto, verrà considerato dal romano pontefice e dai vescovi qual prezioso sussidio nell'espletamento del loro fondamentale ministero di santificazione.

c) Quanto all'ufficio di governare, i superiori devono compiere il servizio di ordinare la vita propria della comunità, di organizzare i membri dell'istituto, di curare e sviluppare la peculiare sua missione e provvedere che venga efficientemente inserito nell'attività ecclesiale sotto la guida dei vescovi.

Esiste dunque un ordine interno degli istituti ( cf. CD 35 ), che ha un suo proprio campo di competenza, a cui spetta una genuina autonomia, anche se questa non può mai, nella chiesa, ridursi a indipendenza ( cf. CD 35 ).

Il giusto grado di tale autonomia e la sua concreta determinazione di competenza sono contenuti nel diritto comune e nelle regole, o costituzioni, di ogni istituto.

Alcune conclusioni orientative

14. Dalle riflessioni fatte sulla vita religiosa possiamo desumere alcuni dati esplicativi:

a) I religiosi e le loro comunità sono chiamati a dare nella chiesa una palese testimonianza di totale dedizione a Dio, quale opzione fondamentale della loro esistenza cristiana e primario impegno da assolvere nella forma di vita loro propria.

Essi, infatti, qualunque sia l'indole propria del loro istituto, sono consacrati per dimostrare pubblicamente nella chiesa-sacramento "che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle beatitudini" ( LG 31 ).

b) Ogni istituto è nato per la chiesa ed è tenuto ad arricchirla con le proprie caratteristiche secondo un particolare spirito e una missione specifica.

I religiosi, quindi, coltiveranno una rinnovata coscienza ecclesiale, prestando l'opera loro per l'edificazione del corpo di Cristo, perseverando nella fedeltà alla regola e obbedendo ai propri superiori ( cf. PC 14; CD 35 ).

c) I superiori dei religiosi hanno il grave compito, assunto come prioritaria responsabilità, di curare con ogni sollecitudine la fedeltà dei confratelli verso il carisma del fondatore, promovendo il rinnovamento che il concilio prescrive e i tempi richiedono.

Si adopereranno quindi con zelo, affinché i confratelli siano validamente orientati e incessantemente animati a perseguire tale intento.

Perciò riterranno come impegno di privilegio quello di attuare una conveniente e aggiornata formazione ( PC 2; PC 14; PC 18 ).

Consapevoli infine che la vita religiosa per sua stessa natura comporta una speciale partecipazione dei confratelli, i superiori ne cureranno l'animazione, giacché "un efficace rinnovamento e un equo aggiornamento non possono aver luogo senza la collaborazione di tutti i membri dell'istituto" ( PC 4 ).

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