Rapporti tra i Vescovi e i Religiosi

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Capitolo VII

Importanza di un'opportuna coordinazione

La varia e feconda vitalità delle chiese richiede un vero e proprio impegno di coordinazione per rinnovare, creare e perfezionare i molteplici strumenti pastorali di servizio e di stimolo.

Su alcuni di questi volgeremo la nostra considerazione secondo il loro differente livello: diocesano, nazionale, universale.

A livello diocesano

52. In ogni diocesi il vescovo cerchi di intendere ciò che lo Spirito, anche attraverso il suo gregge e in modo particolare attraverso le persone e le famiglie religiose presenti nella diocesi, vuol manifestare.

Perciò è necessario chi egli coltivi rapporti sinceri e familiari con i superiori e le superiore, per compiere meglio il suo ministero di pastore verso i religiosi e le religiose ( cf. CD 15; CD 16 ).

É infatti suo specifico ufficio difendere la vita consacrata, promuovere e animare la fedeltà e l'autenticità dei religiosi e aiutarli ad inserirsi, secondo la loro propria indole, nella comunione e nell'azione evangelizzatrice della sua chiesa.

Tutto ciò naturalmente il vescovo dovrà compiere in solidale collaborazione con la conferenza episcopale e in sintonia con la voce del capo del collegio apostolico.

A loro volta i religiosi considerino il vescovo non solo come pastore di tutta la comunità diocesana, ma anche come garante della loro fedeltà alla propria vocazione nell'adempimento del loro servizio a vantaggio della chiesa locale.

Essi invero "assecondino prontamente e fedelmente le richieste e i desideri del vescovo, perché assumano più ampi incarichi nel ministero dell'umana salvezza, salva l'indole dell'istituto e secondo le costituzioni" ( CD 35 ).

53. Si abbiano sempre presenti le seguenti disposizioni del motu-proprio Ecclesiae sanctae.

a) "Tutti i religiosi, anche esenti, son tenuti alle leggi, ai decreti e alle disposizioni dell'ordinario del luogo circa le diverse opere in quegli aspetti che si riferiscono all'esercizio dell'apostolato, nonché all'azione pastorale e sociale prescritta o raccomandata dall'ordinario del luogo".

b) "Parimenti son tenuti alle leggi, decisioni e disposizioni, emanate dall'ordinario del luogo o dalla conferenza episcopale" - o, secondo i luoghi, dal sinodo patriarcale ( cf. CD 35 ) -; leggi, che riguardano vari elementi ivi riferiti ( ES I,15,1-2,a,b,c,d ).

54. É conveniente che nella diocesi venga costituito l'incarico di vicario episcopale per i religiosi e le religiose, destinato a prestare un servizio di collaborazione, in questo campo, allo stesso ministero pastorale del vescovo ( cf. nn. 5-9 ); incarico, per altro, che non assume alcun ruolo proprio dell'autorità dei superiori.

É spettanza di ciascun vescovo residenziale determinare chiaramente le mansioni specifiche di tale incarico e, dopo attento esame, affidarlo a persona competente, che conosca a fondo la vita religiosa, la sappia apprezzare e desideri incrementarla.

Quanto, poi, all'espletamento di tale ufficio si raccomanda vivamente che vi intervengano in modo opportuno ( ad esempio, come consultori o sotto altro titolo del genere ), anche le varie categorie di religiosi: cioè sacerdoti, confratelli laici e religiose provvisti delle necessarie qualità.

Il mandato, dunque, del vicario episcopale per le congregazioni dei religiosi e delle religiose è quello di prestare aiuto ad assolvere un compito per sè proprio ed esclusivo del vescovo, ossia di curare la vita religiosa nella diocesi e di inserirla nel complesso dell'attività pastorale.

Per questo appare anche auspicabile che il vescovo prudentemente consulti i religiosi e le religiose sulla scelta del candidato.

55. Nell'intento di ottenere che il presbiterio della diocesi possa esprimere la debita unità e siano meglio promossi i diversi ministeri, il vescovo con ogni sollecitudine esorterà i presbiteri diocesani a voler riconoscere con animo grato l'apporto fruttuoso dei religiosi e delle religiose alla loro chiesa e ad approvare di buon grado la designazione di essi a svolgere compiti di più ampia responsabilità, che siano in consonanza con la loro vocazione e competenza.

56. Si provveda che i religiosi sacerdoti facciano parte, in congrua presenza, dei consigli presbiterali; così pure i religiosi, tanto presbiteri che laici, e le religiose siano equamente rappresentati nei consigli pastorali ( cf. PO 7; CD 27; ES I,15 e 16 ).

Per definire equamente la convenienza e la proporzione circa il numero delle presenze, l'ordinario del luogo stabilisca opportunamente i criteri e i modi necessari.

57. Per favorire una certa stabilità della cooperazione pastorale,

a) si tenga presente la differenza, che intercorre tra opere proprie di un istituto e opere affidate ad un istituto dall'ordinario del luogo.

Le prime, infatti, dipendono dai superiori religiosi a norma delle loro costituzioni, anche se sono soggette in fatto di pastorale alla giurisdizione dell'ordinario del luogo a norma del diritto ( cf. ES I,29 ).

b) "Per ogni opera di apostolato che sarà affidata dall'ordinario del luogo a un istituto, salvo restando le altre norme del diritto, si faccia una convenzione scritta tra lo stesso ordinario e il competente superiore dell'istituto, nella quale, tra le altre cose, sia chiaramente definito ciò che riguarda l'opera da svolgere, i membri da impegnare e gli elementi di natura economica" ( ES I,30,1 ).

c) "Per queste opere, poi, i religiosi veramente idonei saranno scelti dal proprio superiore, dopo uno scambio di vedute con l'ordinario del luogo; e se si tratta di conferire un incarico ecclesiastico a un religioso, questi deve essere nominato dall'ordinario del luogo, su presentazione o almeno con l'assenso del suo superiore, per un tempo determinato di comune accordo" ( ES I,30,2 ).

58. Salva sempre restando la facoltà di disporre le situazioni diversamente o di mutarle in modo più consono alle urgenti esigenze di rinnovamento degli istituti, appare opportuno determinare in precedenza con esattezza quali siano le opere e soprattutto gl'incarichi da affidare ai religiosi singoli, per i quali si ritenga necessaria una convenzione scritta, come, ad esempio, per i parroci ( cf. ES I,33 ), i decani, i vicari episcopali, gli assistenti di azione cattolica, i segretari di azione pastorale, i direttori diocesani, i docenti di università cattolica, i catechisti professionali, i direttori di collegi cattolici, ecc., anche in vista sia della stabilità dei titolari sia della devoluzione dei beni in caso di soppressione di un'opera.

Se un religioso dovesse essere rimosso dall'incarico a lui affidato, si rammenti la seguente disposizione: "Per grave motivo ogni religioso dall'incarico a lui affidato può essere rimosso sia a piacimento dell'autorità committente, dopo aver avvertito il superiore religioso, sia a piacimento del superiore, dopo aver avvertito l'autorità committente, con pari diritto, senza dover richiedere il consenso dell'altra parte; nè l'una è tenuta a comunicare all'altra parte il motivo della sua decisione e tanto meno a provarlo, salvo restando il ricorso in devoluzione alla santa sede" ( ES I,32 ).

59. Le associazioni di religiosi e di religiose a livello diocesano si dimostrano assai utili; quindi, tenendo per altro sempre conto della loro indole e delle specifiche loro finalità, vanno incoraggiate:

a) sia come organismi di mutuo collegamento e di promozione e rinnovazione della vita religiosa nella fedeltà alle direttive del magistero ecclesiastico e nel rispetto dell'indole propria di ciascun istituto;

b) sia come organismi per discutere i problemi misti tra vescovi e superiori, nonché per coordinare le attività delle famiglie religiose con l'azione pastorale della diocesi sotto la guida del vescovo, senza alcun pregiudizio riguardo alle relazioni e trattative, che verranno direttamente condotte dallo stesso vescovo con i singoli istituti.

A livello di nazione, regione e rito

60. Nelle conferenze episcopali di una nazione o di un territorio ( cf. CD 37 ) gli stessi vescovi "esercitano congiuntamente il loro ministero pastorale per far maggiormente progredire il bene che la chiesa offre agli uomini" ( CD 38 ).

Nello stesso modo esercitano il loro ministero, per il proprio rito, i sinodi patriarcali ( cf. OE 9 ), e per i rapporti tra i diversi riti, nell'ambito della loro particolare composizione, le assemblee interrituali degli ordinari ( cf. CD 38 ).

61. In molte nazioni o territori, per cura della Congregazione per i religiosi e gl'istituti secolari - e nei territori dipendenti dalle congregazioni per l'evangelizzazione dei popoli e per le chiese orientali col consenso del rispettivo sacro dicastero - la santa sede ha istituito i consigli o conferenze dei superiori maggiori ( sia di religiosi che di religiose o misti ).

Tali consigli devono essere attentamente sensibili alle diversità degli istituti, incrementare la comune consacrazione e convogliare le forze di tutti, impegnate nel lavoro apostolico, verso la coordinazione pastorale dei vescovi ( cf. n. 21 ).

Pertanto, affinché i consigli dei superiori maggiori possano con la dovuta efficienza esplicare il loro compito, si dimostra sommamente utile che in determinati periodi si faccia un'opportuna revisione della loro attività e in modo più adeguato si organizzi, in concordanza con la diversa missione degli istituti, una congrua ripartizione di distinti commissioni o di altri consimili organismi, debitamente collegati con gli stessi consigli dei superiori maggiori.

62. Le relazioni tra i consigli dei superiori maggiori e i sinodi patriarcali, e similmente le relazioni fra i medesimi consigli dei superiori maggiori e le conferenze episcopali nonché le assemblee interrituali, siano regolate secondo i criteri, che determinano i rapporti tra i singoli istituti e l'ordinario del luogo ( cf. ES I,23-25, 40 ); quindi si stabiliscano anche le norme aggiuntive secondo le diverse esigenze regionali.

63. Poiché è di somma importanza che i consigli dei superiori maggiori collaborino fiduciosamente e diligentemente con le conferenze episcopali ( cf. CD 35; AG 33 ), "è auspicabile che le questioni concernenti l'una e l'altra parte siano trattate in commissioni miste, costituite di vescovi e di superiori o superiore maggiori" ( ES I,43 ), o in altre forme da adattarsi alle situazioni dei continenti, delle nazioni o delle regioni.

Una commissione mista di tal genere dovrà essere strutturata in modo che possa conseguire efficientemente le sue finalità, quale organismo di reciproco consiglio, di collegamento, di mutua comunicazione, di studio e di riflessione, anche se il diritto di decidere in definitiva sia da lasciarsi sempre ai consigli o conferenze, secondo le rispettive competenze.

Spetta dunque ai sacri pastori promuovere il coordinamento di tutte le opere e attività apostoliche le loro singole diocesi; così pure ai sinodi patriarcali e alle conferenze episcopali nel proprio territorio( cf. CD 36 ).

Per le questioni riguardanti i religiosi e le religiose, i vescovi, se la necessità o l'utilità lo richieda - come di fatto in più luoghi è avvenuto -, istituiranno un'apposita commissione in seno alla conferenza episcopale.

Tuttavia la presenza di tale commissione non solo non ostacola la funzionalità della commissione mista, ma piuttosto la richiede.

64. La partecipazione dei superiori maggiori, o, secondo gli statuti, dei loro delegati, anche in altre varie commissioni delle conferenze episcopali e delle assemblee interrituali degli ordinari locali ( come, ad esempio, nella commissione per l'educazione, per la salute, per la giustizia e pace, per le comunicazioni sociali, ecc. ), può risultare di grande opportunità ai fini dell'azione pastorale.

65. La reciproca presenza per mezzo di delegati sia delle conferenze dei vescovi sia delle conferenze o consigli dei superiori maggiori nelle singole unioni o assemblee degli uni e degli altri, è raccomandabile, prestabilendo evidentemente opportune norme quanto alla necessità, per cui ciascuna conferenza possa trattare da sola argomenti di sua competenza.

A livello soprannazionale e universale

66. Per quanto concerne l'ambito internazionale, continentale o subcontinentale, tra le varie nazioni conglobate si possono costituire, con l'approvazione della santa sede, delle forme di coordinamento tanto per i vescovi quanto per i superiori maggiori.

Un idoneo collegamento, a questo livello, dei singoli centri di servizio conferisce non poco giovamento al fine di conseguire un'ordinata e concorde azione da parte dei vescovi e dei religiosi.

In quelle zone, in cui tali forme di organizzazione ad ambito continentale siano già in atto, potranno assolvere proficuamente siffatto compito di cooperazione i loro stessi comitati o consigli permanenti.

67. A livello universale il successore di Pietro esercita un ministero suo proprio per tutta la chiesa; ma "nell'esercizio della sua suprema, piena ed immediata potestà su tutta la chiesa, il romano pontefice si avvale dei dicasteri della curia romana" ( CD 9 ).

Lo stesso sommo pontefice ha promosso alcune forme di cooperazione dei religiosi con la santa sede, approvando il consiglio dell'unione sia dei superiori che delle superiore generali presso la Congregazione per i religiosi e gl'istituti secolari ( cf. ES II,42 ) e disponendo di introdurre i rappresentanti dei religiosi presso la Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli ( cf. ES III,16 ).

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