Donum Vitae

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Parte I - Il rispetto degli embrioni umani

Un'attenta riflessione su questo insegnamento del Magistero e sui dati di ragione sopra richiamati permette di rispondere ai molteplici problemi morali posti dagli interventi tecnici sull'essere umano nelle fasi iniziali della sua vita e sui processi del suo concepimento.

1. Quale rispetto è dovuto all'embrione umano, tenuto conto della sua natura e della sua identità?

L'essere umano è da rispettare - come una persona - fin dal primo istante della sua esistenza.

La messa in atto dei procedimenti di fecondazione artificiale ha reso possibili diversi interventi sugli embrioni e sui feti umani.

Gli scopi perseguiti sono di diverso genere: diagnostici e terapeutici, scientifici e commerciali.

Da tutto ciò scaturiscono gravi problemi.

Si può parlare di un diritto alla sperimentazione sugli embrioni umani in vista della ricerca scientifica?

Quali normative o quale legislazione elaborare in questa materia?

La risposta a tali problemi suppone una riflessione approfondita sulla natura e sull'identità propria - si parla di "statuto" - dell'embrione umano.

Da parte sua la Chiesa nel Concilio Vaticano II ha proposto nuovamente all'uomo contemporaneo la sua dottrina costante e certa secondo cui: "la vita, una volta concepita, dev'essere protetta con la massima cura, e l'aborto come l'infanticidio, sono abominevoli delitti".23

Più recentemente la Carta dei diritti della famiglia, pubblicata dalla Santa Sede, ribadiva: "La vita umana dev'essere rispettata e protetta in modo assoluto dal momento del concepimento".24

Questa Congregazione conosce le discussioni attuali sull'inizio della vita umana, sull'individualità dell'essere umano e sull'identità della persona umana.

Essa richiama gli insegnamenti contenuti nella Dichiarazione sull'aborto procurato: "Dal momento in cui l'ovulo è fecondato, si inaugura una nuova vita che non e quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto.

Non sarà mai reso umano se non lo è stato fin da allora.

A questa evidenza di sempre … la scienza genetica moderna fornisce preziose conferme.

Essa ha mostrato come dal primo istante si trova fissato il programma di ciò che sarà questo vivente: un uomo, quest'uomo-individuo con le sue note caratteristiche già ben determinate.

Fin dalla fecondazione è iniziata l'avventura di una vita umana, di cui ciascuna delle grandi capacita richiede tempo per impostarsi e per trovarsi pronta ad agire".25

Questa dottrina rimane valida e viene peraltro confermata, se ve ne fosse bisogno, dalle recenti acquisizioni della biologia umana la quale riconosce che nello zigote* derivante dalla fecondazione si è già costituita l'identità biologica di un nuovo individuo umano.

Certamente nessun dato sperimentale può essere per sé sufficiente a far riconoscere un'anima spirituale; tuttavia le conclusioni della scienza sull'embrione umano forniscono un'indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo primo comparire di una vita umana: come un individuo umano non sarebbe una persona umana?

Il Magistero non si è espressamente impegnato su un'affermazione d'indole filosofica, ma ribadisce in maniera costante la condanna morale di qualsiasi aborto procurato.

Questo insegnamento non è mutato ed è immutabile.26

Pertanto il frutto della generazione umana dal primo momento della sua esistenza, e cioè a partire dal costituirsi dello zigote, esige il rispetto incondizionato che è moralmente dovuto all'essere umano nella sua totalità corporale e spirituale.

L'essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita.

Questo richiamo dottrinale offre il criterio fondamentale per la soluzione dei diversi problemi posti dallo sviluppo delle scienze biomediche in questo campo: poiché deve essere trattato come persona, l'embrione dovrà anche essere difeso nella sua integrità, curato e guarito nella misura del possibile, come ogni altro essere umano nell'ambito dell'assistenza medica.

2. La diagnosi prenatale è moralmente lecita?

Se la diagnosi prenatale rispetta la vita e l'integrità dell'embrione e del feto umano ed è orientata alla sua salvaguardia o alla sua guarigione individuale, la risposta è affermativa.

La diagnosi prenatale può infatti far conoscere le condizioni dell'embrione e del feto quando è ancora nel seno della madre; permette, o consente di prevedere, alcuni interventi terapeutici, medici o chirurgici, più precocemente e più efficacemente.

Tale diagnosi è lecita se i metodi impiegati, con il consenso dei genitori adeguatamente informati, salvaguardano la vita e l'integrità dell'embrione e di sua madre, non facendo loro correre rischi sproporzionati;27

Ma essa è gravemente in contrasto con la legge morale quando contempla l'eventualità, in dipendenza dai risultati, di provocare un aborto: una diagnosi attestante l'esistenza di una malformazione o di una malattia ereditaria non deve equivalere a una sentenza di morte.

Pertanto la donna che richiedesse la diagnosi con l'intenzione determinata di procedere all'aborto nel caso che l'esito confermi l'esistenza di una malformazione o anomalia, commetterebbe un'azione gravemente illecita.

Parimenti agirebbero in modo contrario alla morale il coniuge o i parenti o chiunque altro, qualora consigliassero o imponessero la diagnosi alla gestante con lo stesso intendimento di arrivare eventualmente all'aborto.

Così pure sarebbe responsabile di illecita collaborazione lo specialista che nel condurre la diagnosi e nel comunicarne l'esito contribuisse volutamente a stabilire o favorire il collegamento tra diagnosi prenatale e aborto.

Si deve infine condannare, come violazione del diritto alla vita nei confronti del nascituro e come prevaricazione sui diritti e doveri prioritari dei coniugi, una direttiva o un programma delle autorità civili e sanitarie o di organizzazioni scientifiche che, in qualsiasi modo, favorisse la connessione tra diagnosi prenatale e aborto oppure addirittura inducesse le donne gestanti a sottoporsi alla diagnosi prenatale pianificata allo scopo di eliminare i feti affetti o portatori di malformazioni o malattie ereditarie.

3. Gli interventi terapeutici sull'embrione umano sono leciti?

Come per ogni intervento medico sui pazienti, si devono ritenere leciti gli interventi sull'embrione umano a patto che rispettino la vita e l'integrità dell'embrione, non comportino per lui rischi sproporzionati, ma siano finalizzati alla sua guarigione, al miglioramento delle sue condizioni di salute o alla sua sopravvivenza individuale.

Qualunque sia il genere di terapia medica, chirurgica o di altro tipo, è richiesto il consenso libero e informato dei genitori, secondo le regole deontologiche previste nel caso di bambini.

L'applicazione di questo principio morale può richiedere delicate e particolari cautele trattandosi di vita embrionale o di feti.

La legittimità e i criteri di tali interventi sono stati chiaramente espressi da Giovanni Paolo II: "Un intervento strettamente terapeutico che si prefigga come obiettivo la guarigione di diverse malattie, come quelle dovute a difetti cromosomici, sarà, in linea di principio, considerato come auspicabile, supposto che tenda a realizzare la vera promozione del benessere personale dell'individuo, senza arrecare danno alla sua integrità o deteriorarne le condizioni di vita.

Un tale intervento si colloca di fatto nella logica della tradizione morale cristiana".28

4. Come valutare moralmente la ricerca e la sperimentazione** sugli embrioni e sui feti umani?

La ricerca medica deve astenersi da interventi sugli embrioni vivi, a meno che non ci sia la certezza morale di non arrecare danno né alla vita né all'integrità del nascituro e della madre, e a condizione che i genitori abbiano accordato il loro consenso, libero e informato, per l'intervento sull'embrione.

Ne consegue che ogni ricerca, anche se limitata alla semplice osservazione dell'embrione, diventerebbe illecita qualora, per i metodi impiegati o per gli effetti indotti, implicasse un rischio per l'integrità fisica o la vita dell'embrione.

Per quanto riguarda la sperimentazione presupposta la distinzione generale tra quella con finalità non direttamente terapeutica e quella chiaramente terapeutica per il soggetto stesso, nella fattispecie occorre distinguere anche tra la sperimentazione attuata sugli embrioni ancora vivi e la sperimentazione attuata su embrioni morti.

Se essi sono vivi, viabili o non, devono essere rispettati come tutte le persone umane; la sperimentazione non direttamente terapeutica sugli embrioni è illecita.29

Nessuna finalità, anche in se stessa nobile, come la previsione di una utilità per la scienza, per altri esseri umani o per la società, può in alcun modo giustificare la sperimentazione sugli embrioni o feti umani vivi, viabili e non, nel seno materno o fuori di esso.

Il consenso informato, normalmente richiesto per la sperimentazione clinica sull'adulto, non può essere concesso dai genitori i quali non possono disporre né dell'integrità fisica né della vita del nascituro.

D'altra parte la sperimentazione sugli embrioni o feti comporta sempre il rischio, anzi, il più delle volte la previsione certa di un danno per la loro integrità fisica o addirittura della loro morte.

Usare l'embrione umano, o il feto, come oggetto o strumento di sperimentazione rappresenta un delitto nei confronti della loro dignità di esseri umani che hanno diritto allo stesso rispetto dovuto al bambino già nato e ad ogni persona umana.

La Carta dei diritti della famiglia, pubblicata dalla Santa Sede, afferma: "Il rispetto per la dignità dell'essere umano esclude ogni sorta di manipolazione sperimentale o sfruttamento dell'embrione umano".30

La prassi di mantenere in vita degli embrioni umani, in vivo o in vitro, per scopi sperimentali o commerciali, è del tutto contraria alla dignità umana.

Nel caso della sperimentazione chiaramente terapeutica, qualora si trattasse cioè di terapie sperimentali impiegate a beneficio dell'embrione stesso allo scopo di salvare in un tentativo estremo la sua vita, e in mancanza di altre terapie valide, può essere lecito il ricorso a farmaci o a procedure non ancora del tutto convalidate.31

I cadaveri di embrioni o feti umani, volontariamente abortiti o non, devono essere rispettati come le spoglie degli altri esseri umani.

In particolare non possono essere oggetto di mutilazioni o autopsie se la loro morte non è stata accertata e senza il consenso dei genitori o della madre.

Inoltre va sempre fatta salva l'esigenza morale che non vi sia stata complicità alcuna con l'aborto volontario e che sia evitato il pericolo di scandalo.

Anche nel caso di feti morti, come per i cadaveri di persone adulte, ogni pratica commerciale deve essere ritenuta illecita e deve essere proibita.

5. Come valutare moralmente l'uso a scopo di ricerca degli embrioni ottenuti mediante la fecondazione in vitro?

Gli embrioni umani ottenuti in vitro sono esseri umani e soggetti di diritto: la loro dignità e il loro diritto alla vita devono essere rispettati fin dal primo momento della loro esistenza.

È immorale produrre embrioni umani destinati a essere sfruttati come "materiale biologico" disponibile.

Nella pratica abituale della fecondazione in vitro non tutti gli embrioni vengono trasferiti nel corpo della donna; alcuni vengono distrutti.

Così come condanna l'aborto procurato, la Chiesa proibisce anche di attentare alla vita di questi esseri umani.

È doveroso denunciare la particolare gravita della distruzione volontaria degli embrioni umani ottenuti in vitro al solo scopo di ricerca sia mediante fecondazione artificiale sia mediante "fissione gemellare".

Agendo in tal modo il ricercatore si sostituisce a Dio e, anche se non ne ha la coscienza, si fa padrone del destino altrui, in quanto sceglie arbitrariamente chi far vivere e chi mandare a morte e sopprime esseri umani senza difesa.

Le metodiche di osservazione o di sperimentazione, che causano danno o impongono dei rischi gravi e sproporzionati agli embrioni ottenuti in vitro, sono moralmente illecite per le stesse ragioni.

Ogni essere umano va rispettato per se stesso, e non può essere ridotto a puro e semplice valore strumentale a vantaggio altrui.

Non è perciò conforme alla morale esporre deliberatamente alla morte embrioni umani ottenuti in vitro.

In conseguenza del fatto che sono stati prodotti in vitro, questi embrioni non trasferiti nel corpo della madre e denominati "soprannumerari", rimangono esposti a una sorte assurda, senza possibilità di offrire loro sicure vie di sopravvivenza lecitamente perseguibili.

6. Quale giudizio dare sugli altri procedimenti di manipolazione degli embrioni connessi con le "tecniche di riproduzione umana"?

Le tecniche di fecondazione in vitro possono aprire la possibilità ad altre forme di manipolazione biologica o genetica degli embrioni umani, quali: i tentativi o progetti di fecondazione tra gameti umani e animali e di gestazione di embrioni umani in uteri di animali, l'ipotesi o il progetto di costruzione di uteri artificiali per l'embrione umano.

Questi procedimenti sono contrari alla dignità di essere umano propria dell'embrione e, nello stesso tempo, ledono il diritto di ogni persona di essere concepita e di nascere nel matrimonio e dal matrimonio.32

Anche i tentativi o le ipotesi volte a ottenere un essere umano senza alcuna connessione con la sessualità mediante "fissione gemellare", clonazione, partenogenesi, sono da considerare contrarie alla morale, in quanto contrastano con la dignità sia della procreazione umana sia dell'unione coniugale.

Lo stesso congelamento degli embrioni, anche se attuano per garantire una conservazione in vita dell'embrione - crioconservazione - costituisce un'offesa al rispetto dovuto agli esseri umani, in quanto li espone a gravi rischi di morte o di danno per la loro integrità fisica, li priva almeno temporaneamente dell'accoglienza e della gestazione materna e li pone in una situazione suscettibile di ulteriori offese e manipolazioni.

Alcuni tentativi d'intervento sul patrimonio cromosomico o genetico non sono terapeutici, ma mirano alla produzione di esseri umani selezionati secondo il sesso o altre qualità prestabilite.

Queste manipolazioni sono contrarie alla dignità personale dell'essere umano, alla sua integrità e alla sua identità.

Non possono quindi in alcun modo essere giustificate in vista di eventuali conseguenze benefiche per l'umanità futura.33

Ogni persona deve essere rispettata per se stessa: in ciò consiste la dignità e il diritto di ogni essere umano fin dal suo inizio.

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* *Lo zigote è la cellula derivante dalla fusione dei nuclei dei due gameti
** **Poiché i termini "ricerca" e "sperimentazione" sono frequentemente usati in modo equivalente e ambiguo, si ritiene di dover precisare il significato loro attribuito nel presente documento.
1I) Per ricerca s'intende qualsiasi procedimento induttivo-deduttivo, inteso a promuovere l'osservazione sistematica di un dato fenomeno in campo umano o a verificare un'ipotesi emersa da precedenti osservazioni.
2) Per sperimentazione s'intende qualsiasi ricerca, in cui l'essere umano ( nei diversi stadi della sua esistenza: embrione, feto, bambino o adulto ) rappresenta l'oggetto mediante il quale o sul quale s'intende verificare l'effetto, al momento sconosciuto o ancora non ben conosciuto, di un dato trattamento ( ad es. farmacologico, teratogeno, chirurgico ecc. )
23 23 Costit. past. Gaudium et Spes, n. 51
24 Santa Sede. Carta dei diritti della famiglia, art. 4
25 Sacra Congregazione per la Dottrina della fede, Dichiarazione sull'aborto procurato, 12-13
26 Cf. Paolo VI, Discorso ai partecipanti al XXIII Congresso Nazionale dei Giuristi Cattolici Italiani, 9 dicembre 1972
27 L'obbligo di evitare dei rischi sproporzionati comporta un autentico rispetto degli esseri umani e la rettitudine delle intenzioni terapeutiche.
Esso implica che il medico "dovrà innanzitutto valutare attentamente le eventuali conseguenze negative che l'uso necessario di una determinata tecnica d'indagine può avere sul concepito, ed eviterà il ricorso a procedimenti diagnostici circa la cui onesta finalità e sostanziale innocuità non si possiedono sufficienti garanzie.
E se come spesso avviene nelle scelte umane, un coefficiente di rischio dovrà essere affrontato, egli si preoccuperà di verificare che esso sia compensato da una vera urgenza della diagnosi e dall'importanza dei risultati con essa raggiungibili in favore del concepito stesso" ( Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Convegno del "Movimento per la vita", 3 dicembre 1982.
Questa precisazione sul "rischio proporzionato" va tenuta presente anche nei passi successivi di questa Istruzione, tutte le volte in cui ricorre questo termine
28 Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale, 29 ottobre 1983
29 Cf. Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti a un Convegno della Pontificia Accademia delle Scienze, 23 ottobre 1982: "lo condanno nel modo più esplicito e formale le manipolazioni sperimentali fatte sull'embrione umano, perché l'essere umano, dal momento del suo concepimento fino alla morte, non può essere sfruttato per nessuna ragione"
30 Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia, art. 4b
31 Cf. Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Convegno del "Movimento per la vita" 3 dicembre 1982: "Inaccettabile e ogni forma di sperimentazione sul feto che possa danneggiarne l'integrità o peggiorarne le condizioni a meno che si tratti di un tentativo estremo di salvarlo da morte".
Sacra Congregazione per la Dottrina della fede, Dichiarazione sull'eutanasia 4: "In mancanza di altri rimedi, e lecito ricorrere, con il consenso dell'ammalato, ai mezzi messi a disposizione dalla medicina più avanzata, anche se sono ancora allo stato sperimentale e non sono esenti da qualche rischio"
32 Nessuno può rivendicare, prima di esistere, un diritto soggettivo ad iniziare l'esistenza, tuttavia, e legittimo affermare il diritto del bambino ad avere un'origine pienamente umana attraverso il concepimento conforme alla natura personale dell'essere umano.
La vita è un dono che deve essere accordato in maniera degna sia del soggetto che la riceve sia dei soggetti che la trasmettono.
Questa precisazione va tenuta presente anche per quanto verrà spiegato a proposito della procreazione artificiale umana
33 Cf. Giovanni Paolo II Discorso ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale 29 ottobre 1983