Concilio Laterano IV

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XXI - Della confessione, dei segreto confessionale, del dovere di comunicarsi almeno a Pasqua

Qualsiasi fedele dell'uno o dell'altro sesso, giunto all'età di ragione, confessi fedelmente, da solo, tutti i suoi peccati al proprio parroco almeno una volta l'anno, ed esegua la penitenza che gli è stata imposta secondo le sue possibilità; riceva anche con riverenza, almeno a Pasqua, il sacramento dell'Eucaristia, a meno che per consiglio del proprio parroco non creda opportuno per un motivo ragionevole di doversene astenere per un certo tempo.

Altrimenti finché vive gli sia proibito l'ingresso in chiesa, e - alla sua morte - la sepoltura cristiana.

Questa salutare disposizione sia pubblicata frequentemente nelle chiese, perché nessuno nasconda la propria cecità con la scusa dell'ignoranza.

Se poi qualcuno per un giusto motivo volesse confessare i suoi peccati ad un altro sacerdote, prima chieda e ottenga la licenza dal proprio parroco, poiché diversamente l'altro non avrebbe il potere di assolverlo o di legarlo. ( Mt 16,19; Mt 18,19 )

Il sacerdote, poi, sia discreto e prudente; come un esperto medico versi vino e olio ( Lc 10,34 ) sulle piaghe del ferito, informandosi diligentemente sulle circostanze del peccatore e del peccato, da cui prudentemente possa capire quale consiglio dare e quale rimedio apprestare, diversi essendo i mezzi per sanare l'ammalato.

Si guardi, poi, assolutamente dal rivelare con parole, segni o in qualsiasi modo l'identità del peccatore; se avesse bisogno del consiglio di persona più prudente, glielo chieda con cautela senza alcun accenno alla persona: poiché chi osasse rivelare un peccato a lui manifestato nel tribunale della penitenza, decretiamo che non solo venga deposto dall'ufficio sacerdotale, ma che sia rinchiuso sotto rigida custodia in un monastero, a fare penitenza per sempre.

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