Concilio di Trento

Indice

Canoni sulla riforma del Matrimonio

Capitolo I

Quantunque non si debba dubitare che i matrimoni clandestini, celebrati con il libero consenso dei contraenti, siano rati e veri matrimoni, almeno fino a che la chiesa non li abbia dichiarati invalidi, - e che, quindi, a buon diritto debbano condannarsi ( come il santo sinodo in realtà condanna ) quelli che negano che essi siano veri e rati e chi falsamente afferma che i matrimoni contratti dai figli senza il consenso dei genitori siano nulli, e che questi possano invalidarli o annullarli, - tuttavia la santa chiesa di Dio li ha sempre, per giustissimi motivi, detestati e proibiti.

Il santo sinodo però deve riconoscere che tali proibizioni per la disobbedienza degli uomini non servono a nulla e considera i gravi peccati che nascono da questi matrimoni, specie di coloro che rimangono in una condizione di dannazione, quando, lasciata la prima moglie, con cui hanno contratto segretamente matrimonio, lo contraggono pubblicamente con un'altra, e vivono con essa in perpetuo adulterio.

Ora la chiesa, che non giudica delle intenzioni occulte, non può ovviare a questo male, se non provvede con qualche rimedio più efficace.

Seguendo, perciò, le orme del sacro concilio Lateranense,384 celebrato sotto Innocenzo III, comanda che in avvenire, prima che si contragga il matrimonio, per tre volte, in tre giorni festivi consecutivi il parroco dei contraenti dichiari pubblicamente in chiesa, durante la santa messa, tra chi debba contrarre il matrimonio.

Fatte queste pubblicazioni, se non si oppone alcun legittimo impedimento, si proceda alla celebrazione del matrimonio dinanzi alla chiesa, dove il parroco, interrogati l'uomo e la donna, ed inteso il loro mutuo consenso, dica: Io vi congiungo in matrimonio nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, o si serva di altra formula, secondo il rito consueto in ciascuna provincia.

Se poi in qualche caso vi fosse il fondato sospetto che, facendo tante pubblicazioni, il matrimonio potrebbe essere maliziosamente impedito, allora si faccia solo una pubblicazione, o il matrimonio venga celebrato almeno alla presenza del parroco e di due o tre testimoni.

Quindi, prima della consumazione, si facciano le pubblicazioni in chiesa, affinché se vi fosse qualche impedimento sia facilmente scoperto, a meno che l'ordinario stesso non giudichi opportuno che le predette pubblicazioni vengano omesse, cosa che il santo sinodo rimette alla sua prudenza e al suo criterio.

Quelli che tenteranno di contrarre matrimonio in maniera diversa da quella prescritta, e cioè presente il parroco o altro sacerdote, con la licenza dello stesso parroco o dell'ordinario e con due o tre testimoni, il santo sinodo li rende assolutamente incapaci a contrarre il matrimonio in tal modo e dichiara nulli e vani questi contratti; e col presente decreto li rende vani e li annulla.

Comanda, inoltre, che siano gravemente puniti a giudizio dell'ordinario, il parroco e qualsiasi altro sacerdote, che con minor numero di testimoni assistesse a tale contratto; e i testimoni che lo facessero senza il parroco o altro sacerdote; ed anche gli stessi contraenti.

Il santo sinodo, inoltre, raccomanda che gli sposi, prima della benedizione sacerdotale - da riceversi in chiesa - non abitino insieme nella stessa casa.

Stabilisce anche che la benedizione debba essere impartita dal proprio parroco e che nessun altro, fuorché lo stesso parroco o l'ordinano, possa concedere la licenza di dare questa benedizione ad altro sacerdote, non ostante qualsiasi consuetudine, anche immemorabile, - che deve dirsi piuttosto corruzione - o privilegio.

Se un parroco od altro sacerdote, sia regolare che secolare, - anche se crede di poterlo fare per un privilegio o per una consuetudine immemorabile -, osasse unire in matrimonio o benedire sposi di altra parrocchia, senza il permesso del loro parroco, per disposizione stessa del diritto rimanga sospeso fino a quando non sia assolto dall'ordinario del parroco che avrebbe dovuto assistere al matrimonio, o che avrebbe dovuto impartire la benedizione.

Il parroco abbia un registro, in cui scriva accuratamente i nomi dei coniugi e dei testimoni, il giorno e il luogo in cui fu contratto il matrimonio, e lo conservi diligentemente presso di sé.

Da ultimo, il santo sinodo esorta i coniugi che prima di contrarre il matrimonio, o almeno tre giorni prima della sua consumazione, confessino diligentemente i propri peccati, e si accostino piamente al santissimo sacramento dell'eucaristia.

Se vi fossero poi delle province che, oltre a queste, abbiano anche altre lodevoli consuetudini e cerimonie, il santo sinodo desidera vivamente che vengano conservate.

E perché precetti così salutari non debbano rimanere ignoti a qualcuno, comanda a tutti gli ordinari che, non appena lo possano, facciano in modo che questo decreto venga reso noto e spiegato al popolo in ogni chiesa parrocchiale delle loro diocesi.

Nel primo anno, ciò dovrà farsi spessissimo; poi, quando lo crederanno necessario.

Stabilisce, inoltre, che questo decreto cominci ad andare in vigore, in ogni parrocchia, a trenta giorni dalla prima pubblicazione nella stessa parrocchia.

Capitolo II

L'esperienza insegna che molte volte, per la moltitudine delle proibizioni, si contraggono ignorantemente matrimoni in casi proibiti.

Allora, o si continua nel matrimonio non senza grande peccato o esso si scioglie non senza grave scandalo.

Il concilio, quindi, volendo provvedere a questo inconveniente, a cominciare dall'impedimento della parentela spirituale, stabilisce che solo uno, uomo o donna secondo le prescrizioni dei sacri canoni, o al massimo un uomo e una donna possano tenere il battezzato al battesimo.

Tra essi, il battezzato stesso e il padre e la madre di lui, come pure tra il battezzante e il battezzato e il padre e la madre del battezzato soltanto, si determini la parentela spirituale.

Il parroco, prima di recarsi a conferire il battesimo, si informi diligentemente da quelli cui spetta, quale o quali persone essi hanno scelto per ricevere il battezzato dal sacro fonte, ed ammetta a tale ufficio soltanto quella o quelle; trascriva i loro nomi nel registro, e li informi della parentela che hanno contratto, perché non possano essere scusati da alcuna ignoranza.

Se poi anche altri oltre quelli designati, toccassero il battezzato, questi non contrarranno in nessun modo parentela spirituale.

Le costituzioni in contrario non avranno alcun valore.

Se poi per colpa o negligenza del parroco si facesse diversamente, sia punito a giudizio dell'ordinario.

Anche la parentela che nasce dalla confermazione non deve estendersi oltre chi conferma e chi viene confermato, suo padre e sua madre, e chi tocca il bambino.

Tutti gli impedimenti di questa parentela spirituale che riguardano altre persone siano assolutamente aboliti.

Capitolo III

Il santo concilio toglie del tutto l'impedimento di giustizia di pubblica onestà, quando gli sponsali per qualsiasi motivo non fossero validi.

Ma quando sono validi, non oltrepassi il primo grado, poiché negli altri ( gradi ) questa proibizione non può più essere osservata senza danno.

Capitolo IV

Questo santo sinodo, inoltre, indotto da questi ed altri gravissimi motivi, restringe solo ai parenti in primo e secondo grado l'impedimento che deriva dall'affinità contratta con la fornicazione e che scioglie il matrimonio contratto in seguito.

E stabilisce che negli altri gradi questa affinità non scioglie il matrimonio contratto in seguito.

Capitolo V

Chi consapevolmente credesse di poter contrarre matrimonio nei gradi proibiti, sia separato e non abbia alcuna speranza di ottenere la dispensa.

Ciò si osservi in modo particolare con chi osasse non solo contrarre il matrimonio, ma consumarlo.

Se poi l'avesse fatto per ignoranza, per aver trascurato le solennità prescritte nel contrarre il matrimonio, sia soggetto alle stesse pene: non è degno, infatti, di trovar facilmente benevolenza presso la chiesa, chi ha trascurato i suoi salutari ammonimenti.

Ma se, pur essendosi attenuti alle forme, in seguito si venisse a conoscere qualche impedimento, di cui egli, probabilmente, non ha avuto conoscenza, in questo caso più facilmente - e gratuitamente - gli si potrà concedere la dispensa.

Per i matrimoni da contrarre non si concedano assolutamente dispense, o raramente; ciò, inoltre, non senza motivo e gratuitamente.

Nel secondo grado non si dispensi mai, se non tra grandi principi e per un pubblico motivo.

Capitolo VI

Il santo concilio stabilisce che tra il rapitore e la persona rapita non possa aver luogo alcun matrimonio, per tutto il tempo che essa rimane in potere del rapitore.

Se la persona rapita, separata dal rapitore e posta in luogo sicuro e libero, acconsentisse ad averlo per marito, il rapitore la prenda pure in moglie, ma il rapitore stesso e tutti quelli che gli hanno dato il loro consiglio e prestato il loro aiuto e il loro favore siano ipso iure scomunicati, infami per sempre e incapaci di qualsiasi dignità.

Se poi fossero chierici, decadano dalla propria condizione. Il rapitore, inoltre, sia che la sposi, sia che non la sposi, sia obbligato a dare una dote alla persona rapita, proporzionata alla sua condizione, secondo la decisione del giudice.

Capitolo VII

Vi sono molti che vagano qua e là e non hanno fissa dimora.

Poiché sono di indole cattiva, abbandonata la prima moglie, ne prendono un'altra, o addirittura più, in diversi luoghi, mentre essa vive ancora.

Il santo sinodo intende rimediare a questa piaga e ammonisce paternamente tutti quelli, cui spetta, di non esser troppo facili ad ammettere al matrimonio questo genere di individui vaganti.

Ed esorta anche le autorità secolari, perché li reprimano severamente.

Ai parroci poi comanda di non assistere ai loro matrimoni, senza aver assunto prima diligenti informazioni, e se, dopo aver riferito la cosa all'ordinario, non hanno prima ottenuto la licenza di fare ciò.

Capitolo VIII

È grave peccato, certamente, che uomini non sposati abbiano concubine.

Ma che anche uomini ammogliati vivano in questo stato di dannazione ed osino, qualche volta, mantenerle e tenerle in casa con le mogli, ciò è gravissimo, ed è atteggiamento di particolare disprezzo contro questo grande sacramento.

Perciò il santo sinodo, volendo provvedere con opportuni rimedi ad un male così grande, stabilisce che questi concubinari, sia liberi che ammogliati, di qualsiasi stato, dignità e condizione essi siano, se, ammoniti di ciò dall'ordinario - anche d'ufficio - per tre volte, non rimandano le concubine e non cessano la vita in comune con esse, debbano esser colpiti dalla scomunica e che non possano esser assolti fino a quando non obbediranno realmente all'ammonizione fatta.

Se poi, incuranti delle censure, rimanessero nel concubinato per un anno, l'ordinario proceda severamente contro di essi, secondo la qualità del delitto.

Quanto a quelle donne, - siano esse maritate o nubili - che vivono pubblicamente con gli adulteri o concubinari, se esse, ammonite tre volte, non obbediranno, siano gravemente punite dagli ordinari dei luoghi, d'ufficio, anche senza che qualcuno lo richieda, a seconda della colpa, e siano cacciate dalla città o dalla diocesi, se questo sembrerà opportuno agli stessi ordinari, chiamando in aiuto, se necessario, il braccio secolare.

Le altre pene stabilite contro gli adulteri e i concubinari rimarranno in vigore.

Capitolo IX

Gli affetti terreni e le passioni, spessissimo accecano tanto gli occhi della mente dei signori temporali e delle autorità, da costringere con minacce e pene uomini e donne della loro giurisdizione - specie se ricchi e se hanno la speranza di un grande eredità - a contrarre il matrimonio contro loro volontà con quelli che gli stessi signori e magistrati impongono loro.

E poiché è sommamente empio che sia violata la libertà del matrimonio e che le ingiustizie nascano proprio da coloro, da cui si dovrebbe attendere l'esatta osservanza delle leggi, il santo sinodo comanda a tutti - di qualsiasi grado, dignità e condizione - sotto pena di scomunica ipso facto, di non voler impedire in nessun modo, direttamente o indirettamente, ai loro sudditi o a qualsiasi altro, di contrarre liberamente matrimonio.

Capitolo X

Dall'avvento del Signore nostro Gesù Cristo fino al giorno dell'epifania, e dal mercoledì delle ceneri all'ottava di Pasqua compresa, il santo sinodo dispone che tutti osservino le antiche proibizioni delle nozze solenni.

Negli altri tempi, permette che esse possano celebrarsi solennemente; ma i vescovi faranno in modo che esse siano celebrate con quella moderazione e dignità che il rito comporta: il matrimonio, infatti, è cosa santa e dev'essere trattato santamente.

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384 Concilio Lateranense IV, c. 51