Presbyterorum ordinis

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Il presbiterato nella missione della Chiesa

3 I presbiteri nel popolo di Dio

I presbiteri sono stati presi fra gli uomini e costituiti in favore degli uomini stessi nelle cose che si riferiscono a Dio, per offrire doni e sacrifici in remissione dei peccati ( Eb 5,1 ) vivono quindi in mezzo agli altri uomini come fratelli in mezzo ai fratelli.

Così infatti si comportò Gesù nostro Signore, Figlio di Dio, uomo inviato dal Padre agli uomini, il quale dimorò presso di noi e volle in ogni cosa essere uguale ai suoi fratelli, eccettuato il peccato. ( Eb 2,17; Eb 4,15 )

È un esempio, il suo, che già imitarono i santi apostoli; e san Paolo, dottore delle genti, « segregato per il Vangelo di Dio » ( Rm 1,1 ), dichiara di essersi fatto tutto a tutti, allo scopo di salvare tutti. ( 1 Cor 9,19-23 )

Così i presbiteri del Nuovo Testamento, in forza della propria chiamata e della propria ordinazione, sono in un certo modo segregati in seno al popolo di Dio: ma non per rimanere separati da questo stesso popolo o da qualsiasi uomo, bensì per consacrarsi interamente all'opera per la quale li ha assunti il Signore. ( At 13,2 )

Da una parte, essi non potrebbero essere ministri di Cristo se non fossero testimoni e dispensatori di una vita diversa da quella terrena; ma d'altra parte, non potrebbero nemmeno servire gli uomini se si estraniassero dalla loro vita e dal loro ambiente. ( 2 Cor 6, 14-15 )20

Per il loro stesso ministero sono tenuti, con speciale motivo, a non conformarsi con il secolo presente
( Rm 12,2 ) ma allo stesso tempo sono tenuti a vivere in questo secolo in mezzo agli uomini, a conoscere bene, come buoni pastori, le proprie pecorelle, e a cercare di ricondurre anche quelle che non sono di questo ovile, affinché anch'esse ascoltino la voce di Cristo, e ci sia un solo ovile e un solo pastore. ( Gv 10,14-16 )

Per raggiungere questo scopo risultano di grande giovamento quelle virtù che sono giustamente molto apprezzate nella società umana, come la bontà, la sincerità, la fermezza d'animo e la costanza, la continua cura per la giustizia, la gentilezza e tutte le altre virtù che raccomanda l'apostolo Paolo quando dice: « Tutto ciò che è vero, tutto ciò che è onesto, tutto ciò che è giusto, tutto ciò che è santo, tutto ciò che è degno di amore, tutto ciò che merita rispetto, qualunque virtù, qualunque lodevole disciplina: questo sia vostro pensiero »
( Fil 4,8 ).23

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20 « Huiusmodi vero religiosae ac moralis perfectionis studium magis magisque excitatur externis etiam condicionibus, in quibus Ecclesia vitam agit; nequit enim ea immobilis manere atque incuriosa vicissitudinis humanarum rerum, quae circa sunt et multiplicem vim habent ad eius agendi rationem, eique modum et condiciones imponunt. Pro comperto sane est, Ecclesiam ab humana consortione non seiungi, sed in ea versari, ideoque ipsius filios ab eadem moveri ac duci, eiusque cultum civilem imbibere, legibus obtemperare, mores induere. Haec vero Ecclesiae consuetudo cum humana societate continenter difficiles parit quaestiones, quae nunc potissimum praegraves sunt... 8...) Gentium Apostolus ita suae aetatis christianos hortabatur: Nolite iugum ducere cum infidelibus. Quae enim participatio iustitiae cum iniquitate? aut quae societas luci ad tenebras?... aut quae pars fideli cum infideli? . Hanc ob causam qui in praesenti educatores praeceptoresque in Ecclesia agunt, eos necesse est catholicam iuventutem commonefacere praestantissimae condicionis suae, atque offcii, quod inde nascitur, vivendi in hoc mundo, non autem ad huius mundi sensum, convenienter ad hanc precationem, a Christo Iesu pro discipulis suis factam: Non rogo ut tollas eos de mundo, sed ut serves eos a malo: de mundo non sunt, sicut et ego non sum de mundo
( Gv 17,15-16 ).
Quam precationem asciscit sibi Ecclesia. Nihilominus tamen huiuscemodi discrimen non idem significat atque disiunctionem; neque neglegentiam declarat, neque metum, neque contemptionem. Etenim cum Ecclesia se ab hominum genre discernit, adeo huic non obsistit, ut potius cum eo coniungatur », Paolo VI, Enc. Ecclesiam suam, 6 agosto 1964
23 S. Policarpo, Epist. ad Philippenses, VI, 1: « Et presbyteri sint ad commiserationem proni, misericordes erga cunctos, aberrantia reducentes, visitantes infirmos omnes, non neglegentes viduam aut pupillum aut pauperem; sed solliciti semper de bono coram Deo ethominubus, abstinentes ab omni ira, acceptione personarum, iudicio iniusto, longe recedentes ab omni avaritia, non cito credentes adversus aliquem, non severi nimium in iudicio, scientes, nos omnes debitores esse peccati »;
ed. F.X. Funl, Patres Apostolici, I, p. 273