Sant'Alfonso Maria de' Liguori

Opere

txt --- Le glorie di Maria

txt --- Uniformità alla Volontà di Dio

txt --- Del gran mezzo della preghiera

Tracciare un profilo breve di un santo, grande e longevo quale fu il napoletano Alfonso Maria de’ Liguori, è quasi un’impresa.

Qui lo si ricorda soprattutto per la sua tutela dei moralisti, come dal nuovo titolo conferitegli da papa Pio XII nel 1950.

Il significato del suo nome, Alfonso, rispecchia sinteticamente la sua personalità: valoroso e nobile.

L’attualità del santo di Napoli sta nel fatto che, pur contrastando nella sostanza il relativismo morale e riconoscendo la Chiesa cattolica come suprema maestra, diede spazio alle "voci interiori della coscienza" e mantenne una posizione di equilibrio e di pratica prudenza tra i due estremi del rigorismo e del lassismo.

Tale posizione affiora in quasi tutte le sue numerosissime opere di meditazione e di ascetica, ma soprattutto è sempre presente nell’ancora oggi studiata Theologia moralis.

È questo in effetti il vero capolavoro di colui che, canonizzato nel 1839, venne decretato da papa Pio IX Dottore della Chiesa nel marzo 1871.

Alfonso Maria de’ Liguori nacque il 27 settembre 1696 a Marinella, nei pressi di Napoli, nel palazzo di villeggiatura della nobile famiglia: il padre Giuseppe era ufficiale di marina e la madre, Anna Cavalieri, apparteneva al casato dei marchesi d’Avenia.

Egli fu il primo dei loro otto figli e crebbe all’insegna di una robusta educazione religiosa, addolcita però sempre da sentimenti di compassione nei riguardi dell’infelicità altrui.

Si suole suddividere la sua vita in cinque distinti periodi, in ognuno dei quali la personalità si arricchiva o si modulava con tanta fede in Gesù e con grande devozione a Maria e alle sue "glorie".

Fino a ventisette anni prevalsero gli studi privati nel campo della musica, delle scienze, delle lingue e del diritto, seguiti da una iniziale brillante carriera forense.

Questa si interruppe improvvisamente per una delusione provata in un processo giudiziario tormentato di falsità.

Tra il 1723 e il 1732 si colloca il periodo ecclesiastico con l’ordinazione sacerdotale nel 1726 e l’esercizio ad ampio raggio del ministero.

Quando nel 1730 fu mandato a Scala, sopra Amalfi, esplose la sua spiritualità con la fondazione due anni dopo e poi la diffusione della Congregazione del SS. Salvatore, successivamente approvata dal papa Benedetto XIV come Congregazione del SS. Redentore.

L’intento era quello di imitare Cristo, cominciando dai redentoristi stessi, i quali andavano via via operando per la redenzione di tante anime con missioni, esercizi spirituali e varie forme di apostolato straordinario.

Mantenendo la carica di Rettore Maggiore della Congregazione, Alfonso Maria de’ Liguori fu poi, dal 1762 al 1775, vescovo di S. Agata dei Goti, centro oggi in provincia di Benevento e allora sede episcopale di un’area montagnosa, povera e bisognosa di ogni forma di aiuto, al quale il santo rispose con generosità.

Ammalato di artropatia deformante e quasi cieco, dopo dodici anni di direzione diocesana, Alfonso Maria si dimise e si ritirò nella casa dei suoi fratelli a Nocera de’ Pagani, in provincia di Salerno, tra preghiere e meditazioni.

Là morirà il 1° agosto 1787, non senza avere prima subito la dura tribolazione di uno sdoppiamento dei suoi confratelli, ciò che si ricompose soltanto sei anni dopo la sua morte.

La Chiesa universale lo ricorda solennemente ogni anno in occasione del dies natalis.


Il missionario

Sant'Alfonso de Liguori fu essenzialmente un missionario, il più grande nella Chiesa italiana del Settecento.

Considerando la sua vita ( Marianella-Napoli 1696 - Pagani 1787 ), si rileva che l'annuncio della parola di Dio fu il suo carisma, la sua ragione di essere.

Fin dagli anni della sua adolescenza "lo Spirito del Signore scese su di lui e lo mandò ad annunciare ai poveri il lieto messaggio … a predicare un anno di grazia nel Signore" ( Lc 4,18-19 ).

In quest'ardua impresa che abbraccia l'intero arco della sua esistenza, si possono distinguere quattro tappe, ognuna delle quali si presenta con caratteristiche proprie.

La prima tappa include gli anni della sua giovinezza ( 1713-1726 ), periodo nel quale Alfonso cominciò a sentire l'appello dell'apostolato.

Egli lo accolse come attuazione del carattere profetico del suo battesimo, e lo realizzò con la testimonianza di vita cristiana, con la frequente partecipazione ai sacramenti, con l'assidua adorazione eucaristica; lo esercitò nella sua professione di avvocato che svolse con onestà e con rispetto della verità, superando i pericoli morali che vi erano annessi; lo attuò come membro della congregazione dei nobili di Santa Maria della Misericordia, che aveva per programma l'esercizio delle opere di misericordia, quali la visita ai carcerati, l'ospitalità ai pellegrini, la cura degli infermi.

Questa dedizione al prossimo divenne più intensa nella seconda tappa della vita missionaria di Alfonso ( 1726-1732 ) quando, consacrato sacerdote, si applicò totalmente all'evangelizzazione del popolo.

Svolse il suo apostolato nei rioni più poveri di Napoli, superando i pregiudizi di classe, poiché egli discendeva da una famiglia nobile; facendosi coadiuvare dai laici, fondò l'opera delle "Cappelle serotine" con le quali riuniva in vari luoghi della città la gente umile, gli artigiani, gli ambulanti, i pescatori, i facchini, insegnando loro il catechismo e la pratica della vita cristiana.

L'opera raggiunse una rapida diffusione e divenne una scuola di educazione civile e religiosa.

Come membro delle "Apostoliche Missioni " Alfonso si recò in molti paesi e città della Campania e delle Puglie predicando le verità eterne soprattutto alla gente abbandonata.

Man mano però che egli allargava il suo raggio d'azione e prendeva coscienza della situazione religiosa e morale del popolo, si andava accorgendo che da solo era impari alla vastità dell'impresa, e che occorrevano forze più numerose e attive.

Spinto da questa esigenza e ispirato da Dio, nel 1732, fondò a Scala, un piccolo centro in provincia di Salerno, la congregazione dei Redentoristi, che segnò l'inizio della terza tappa del suo viaggio missionario, la quale si protrasse fino al 1762.

Con tale fondazione Alfonso volle, in un certo senso, partecipare all'universalità e alla perennità della Chiesa, rivelando un profondo senso ecclesiale.

Assegnò come fine specifico ai suoi religiosi la predicazione delle missioni ai poveri, agli abbandonati, ai lontani.

Egli fu il primo missionario della sua congregazione svolgendo per un trentennio un'attività instancabile di evangelizzazione delle popolazioni del meridione, specialmente di quelle che erano nelle campagne e maggiormente sprovviste di aiuti spirituali.

Il vescovo

Sant'Alfonso, che aveva iniziato la sua attività missionaria da giovane laico, la continuò anche quando nel 1762 fu nominato vescovo di Sant'Agata dei Goti, una cittadina in provincia di Benevento: la quarta tappa della sua splendida avventura missionaria.

Rivestito della pienezza del sacerdozio, volle essere il rappresentante di Cristo, un vero pastore nella sua Chiesa.

Operò una riforma in tutti i settori della vita religiosa: pretese dai sacerdoti santità di vita e zelo apostolico, fece predicare le missioni in tutte le parrocchie della diocesi, elevò il livello morale e scientifico del seminario, estirpò abusi e scandali, aiutò i poveri e i bisognosi, rivelò una carità eroica durante la carestia che negli anni 1763-64 afflisse il regno di Napoli.

Ebbe un amore sincero e profondo per tutti, amore che fu l'anima del suo servizio pastorale, il segreto della sua riuscita.

Sant'Alfonso fu un modello della vera figura del vescovo: egli rinnovò nel secolo dei lumi gli esempi di altezza spirituale e culturale e di attività apostolica dei vescovi delle origini del cristianesimo.

Rinunziò all'episcopato, per motivi di salute, nel 1775, all'età di 79 anni, e si ritirò nella casa religiosa di Pagani ( Salerno ), dove continuò il suo compito missionario nel governo della congregazione dei Redentoristi, nella pubblicazione di libri, nella preghiera e nel sacrificio.

Morì il 1° agosto 1787.

Lo scrittore

Sant'Alfonso svolse la sua missione non solo con la predicazione, ma anche con gli scritti, ai quali consacrò gran parte del suo tempo, perché aveva compreso che con essi poteva arrivare dove non giungeva con la parola.

Esplicò questa attività in tre direzioni: la teologia morale, la spiritualità, la dommatica.

Anzitutto nel campo della morale, in cui vide più urgente il bisogno.

Esistevano allora in tale settore due correnti opposte: da una parte c'erano i lassisti, che avevano una concezione larga della coscienza e permettevano di seguire nel comportamento morale opinioni cosiddette probabili a scapito della legge; c'erano dall'altra parte i rigoristi, molto esigenti, i quali sacrificavano la libertà per difendere la legge.

Sant'Alfonso con lo studio, con la riflessione e in forza della sua esperienza, stabilì una via di mezzo tra il lassismo e il rigorismo, e creò un nuovo sistema morale, fatto di equilibrio e prudenza; sistema che fu via via seguito dai confessori; e con il passare del tempo venne accolto dai vescovi, fu approvato dal papi, divenne dottrina ufficiale della Chiesa.

Oltre che come moralista, il Liguori esercitò la sua attività di scrittore come maestro di spiritualità, in quanto volle portare la vita cristiana, anche nel livello più alto, quello della santità, in mezzo al popolo di Dio.

A tale scopo scrisse libri di ascetica, di piccola mole, ma ricchi di contenuto, dal dettato facile e accessibile a tutti; libri che uscivano con ritmo ininterrotto dalla sua penna instancabile.

Ricordiamo:

l'Apparecchio alla morte,

le Visite al Santissimo Sacramento e a Maria Santissima,

Del gran mezzo della preghiera,

la Pratica di amare Gesù Cristo,

Le glorie di Maria,

La via della salute, Uniformità alla volontà di Dio,

Riflessioni sulla Passione di Gesù Cristo,

La vera sposa di Gesù Cristo.

Questi libri ebbero un enorme successo, furono tradotti in molte lingue, e produssero un forte risveglio nella pietà e nella devozione dei cristiani.

Sant'Alfonso, insigne moralista, maestro di spiritualità, fu anche uno scrittore notevole di teologia dommatica.

In tale campo il suo carattere positivo lo orientò verso i problemi più immediati della vita del credente, insidiata dall'illuminismo volterriano e dal giansenismo nelle sue evoluzioni pratiche.

Perciò la sua opera dommatica ha un carattere più controversistico che sistematico.

Con l'adesione piena alla rivelazione egli ha indefettibile il senso della vita intima della Chiesa che, insieme alla comprensione delle necessità delle anime, fa della sua teologia una theologia salutis.

Il messaggio di Sant'Alfonso

Sant'Alfonso dovette essere missionario, scrittore, e annunziare il vangelo in un mondo in fermento e in trasformazione a uomini che erano scossi nella fede e nelle certezze da nuovi movimenti culturali, politici, religiosi, quali l'illuminismo, il giansenismo, il giurisdizionalismo.

A un mondo che aveva perduto o stava perdendo il senso di Dio egli annunziò il Dio di Gesù Cristo, che è il Dio dell'amore e della misericordia.

Fondato saldamente sulla rivelazione e sulla storia della Chiesa, afferma con accenti sicuri e convincenti che Dio è Padre e ama tutti gli uomini.

Dio ha rivelato il suo amore in Gesù Cristo, Salvatore del mondo.

In polemica con i calvinisti e con i giansenisti, che restringevano il valore e i meriti di Gesù Cristo, sant'Alfonso dimostra con abbondanza di documentazione biblica e tradizionale che egli è morto per tutti.

Reagisce con forza, quasi con irritazione, contro coloro che affermavano che Dio con una discriminazione antecedente aveva escluso alcuni uomini dalla salvezza.

Il tema dell'amore e della misericordia di Dio pervade tutti gli scritti di sant'Alfonso.

É importante oggi, in un mondo che professa in larga parte l'ateismo, o teorico o pratico, riscoprire l'immagine di Dio così come l'ha vista il Liguori.

Insieme all'immagine di Dio, egli scoprì anche il vero volto dell'uomo: santo del secolo dei lumi, si schierò decisamente per la libertà.

La sua presa di posizione è tanto più sorprendente se si considera l'ambiente teologico e morale in cui dovette operare, e l'orientamento predominante allora nella Chiesa, che era a favore della legge, ma a scapito della libertà.

Sant'Alfonso ebbe l'intelligenza e il coraggio di mettersi contro corrente, dimostrando che Dio ha creato anzitutto l'uomo libero; quindi la libertà prevale sulla legge che è venuta in un secondo tempo.

Egli continua la difesa dell'uomo in un altro contesto, nel ribattere cioè le tesi dei calvinisti e dei giansenisti, i quali deprimevano l'uomo ritenendolo schiavo della natura corrotta.

Sant'Alfonso vi oppone tre principi chiari e liberanti, che si possono assumere come la dichiarazione dei diritti dell'uomo, della sua dignità:

1) L'uomo può superare, con l'aiuto di Dio, tutte le tentazioni che lo spingono al male;

2) l'uomo ha il potere di resistere alla grazia di Dio;

3) l'uomo può e deve collaborare con Dio a costruire il proprio destino.