Cammino di perfezione

Capitolo 30

Dice quanto importi capire ciò che si chiede nell’orazione.

Tratta di queste parole del Pater noster: Sanctificetur nomen tuum, adveniat regnum tuum, che si applica all’orazione di quiete, di cui comincia a parlare.

1. Chi è colui, per quanto sconsiderato sia, che dovendo chiedere una grazia a una persona autorevole, non pensi anzitutto come chiedergliela, per riuscirle accetto e non sembrare scortese?

Non deve forse sapere cosa chiedere e comprendere il bisogno che ne ha, specialmente se chiede una cosa importante, come quella che c’insegna a chiedere il nostro buon Gesù?

Ma ecco quel che mi sembra degno di nota.

Non potevate, Signor mio, concludere con una parola e dire: Dateci, Padre, quello che a noi conviene?

Per chi conosce tutto così bene, mi sembra che non ci fosse bisogno d’altro.

2. Oh, eterna Sapienza, per voi e per vostro Padre ciò poteva bastare!

Così, infatti, voi vi siete espresso nell’orazione dell’Orto degli ulivi; avete manifestato il vostro desiderio e il vostro timore e, poi, vi siete rimesso alla sua volontà.

Ma, mio Signore, voi ci conoscete e, sapendo che non siamo così sottomessi alla vostra volontà come lo eravate voi a quella di vostro Padre, avete ritenuto necessario precisare bene le domande per farci considerare se ciò che gli chiediamo ci conviene e, in caso contrario, indurci a non chiederglielo.

Siamo così fatti, in realtà, che se non ci viene dato quello che chiediamo, con questo libero arbitrio di cui disponiamo non accetteremo ciò che il Signore voglia darci.

D’altronde, anche se è il meglio, non crediamo mai di essere ricchi se non quando abbiamo il denaro tra le mani.

3. Oh, mio Dio, com’è debole la nostra fede!

Tanto debole che non riusciamo a capire né quanto sia certo il castigo né quanto lo sia il premio che avremo!

Per questo è bene, figlie mie, che sappiate ciò che chiedete nel Pater noster affinché, se il Padre eterno ve lo concederà, non abbiate a rifiutarglielo; considerate assai attentamente se vi conviene; altrimenti non chiedeteglielo, ma pregate Sua Maestà di illuminarvi, perché siamo ciechi e proviamo ripugnanza per i cibi che devono darci la vita, mentre ricerchiamo quelli che ci condurranno alla morte.

E che morte spaventosa ed eterna!

4. Il buon Gesù, dunque, ci invita a dire le seguenti parole con le quali chiediamo che venga in noi un tale regno divino: Sia santificato il tuo nome, venga a noi il tuo regno.

Ma considerate, figlie mie, l’infinita sapienza del nostro Maestro.

Considerate qui, con me, perché è bene rendersene conto, che cosa chiediamo con questo regno.

Sua Maestà ha visto che non potevamo santificare, lodare, esaltare né glorificare degnamente questo santo nome dell’eterno Padre con le nostre scarse possibilità, se non provvedeva a darci quaggiù il suo regno, e per questo il buon Gesù pose queste due richieste l’una accanto all’altra.

Voglio dirvi qui quello che ne penso, affinché possiamo comprendere non solo ciò che gli chiediamo, ma quanto importi insistere per ottenerlo e fare di tutto per piacere a colui che ci può esaudire.

Nel caso che non vi soddisfi questa mia spiegazione, trovate voi altre considerazioni.

Il nostro Maestro vi autorizzerà, purché vi sottomettiate in tutto a ciò che insegna la Chiesa, come faccio anch’io in questo stesso momento.

5. Ora, il gran bene che a me sembra vi sia nel regno dei cieli, insieme con molti altri, è non tenere più in alcun conto le cose della terra, ma sentire in sé un gran riposo e una piena felicità, gioire della gioia di tutti, godere di una pace continua e provare una profonda soddisfazione interiore nel vedere che tutti santificano e lodano il Signore, ne benedicono il nome e nessuno l’offende.

Tutti lo amano e l’anima stessa non attende ad altro, se non ad amarlo, perché lo conosce.

E così l’ameremmo quaggiù, conoscendolo, anche se non con questa perfezione e continuità, ma sempre molto diversamente da come lo amiamo.

6. A quanto dico, sembrerebbe che dobbiamo essere angeli per rivolgergli questa richiesta e pregare bene vocalmente.

Ben lo desidererebbe il nostro divino Maestro, visto che ci prescrive di rivolgergli una richiesta così sublime, e si può essere certi che egli non ci suggerisce di chiedere cose impossibili.

Sarebbe possibile pertanto, con l’aiuto di Dio, che un’anima vivente ancora in quest’esilio l’ottenesse, anche se non con la perfezione di quelle che son libere da questo carcere, perché dopo tutto si è ancora tra i flutti del mare e in viaggio.

Ma vi sono momenti in cui il Signore, vedendoci stanchi del cammino, ci procura un riposo delle potenze e una serenità dell’anima tali da far chiaramente capire, per segni manifesti, quale sia il sapore di ciò che viene dato a coloro che egli introduce nel suo regno; e a quelli di cui esaudisce quaggiù la richiesta dà pegni capaci di alimentare la grande speranza di andare a godere eternamente ciò che qui ci viene dato a sorsi.

7. Se non doveste accusarmi di parlare di contemplazione, verrebbe a proposito, in questa richiesta del Pater, dire qualcosa sull’inizio della pura contemplazione, chiamata, da coloro che ne sono favoriti, orazione di quiete.

Ma – ripeto – io tratto di orazione vocale, e a chi non ne abbia esperienza sembra che una cosa non vada bene con l’altra, mentre io so che si conciliano perfettamente.

Perdonatemi se ve ne voglio parlare, perché conosco molte persone le quali, mentre pregano vocalmente – com’è stato detto – sono elevate da Dio, senza che esse sappiano come, a un alto grado di contemplazione.

Ne conosco una, ad esempio, che non poté mai praticare se non l’orazione vocale e, attaccata ad essa, realizzava tutto.

Se, invece, non pregava così, l’intelletto si smarriva talmente che diventava un supplizio.

Magari avessimo tutte un’orazione mentale così perfetta com’era la sua vocale!

In certi Pater noster che recitava in onore delle varie volte in cui il Signore sparse il suo sangue – e in poche altre preghiere – impiegava alcune ore.

Una volta venne da me piena d’angoscia perché non sapeva elevarsi alla contemplazione, ma solo pregare vocalmente.

Le chiesi cosa recitasse: vidi allora che, fedele al Pater noster, arrivava alla pura contemplazione e il Signore la elevava anche fino all’orazione di unione.

Del resto, appariva chiaro dalle sue opere che doveva ricevere grazie assai sublimi, perché spendeva santamente la sua vita.

Io ne lodai il Signore e invidiai la sua orazione vocale.

Se questo è vero – com’è in realtà – non pensate, voi che siete nemici dei contemplativi, di non poter diventarlo anche voi, se recitate le orazioni vocali come devono essere recitate, con una coscienza pura.

Indice