Diaspora

La dispersione degli ebrei in terre straniere.

La prima diaspora fu successiva alla caduta dei Regni di Israele ( sconfitto nel 721 a.C. dal re assiro Sargon II ) e di Giuda ( dopo la capitolazione di Gerusalemme nel 587 a.C. per opera del babilonese Nabucodonosor ): gran parte della popolazione fu condotta in esilio nelle capitali degli imperi vittoriosi.

La diaspora fu interpretata dagli ebrei come conseguenza dell'infedeltà di Israele a Dio ( 2 Re 17,7-23 ) e finalizzata alla sua purificazione ( Ez 22,15 ).

Anche da questa situazione dolorosa Dio avrebbe saputo trarre un vantaggio: la diffusione della conoscenza di lui tra le genti straniere ( Tb 13,3-4 ), gli assiri prima, i babilonesi poi.

Col ritorno in patria ( 538 a.C. ) il termine continuò a indicare gli ebrei residenti in terra straniera.

Popolose comunità ebraiche si costituirono ad Alessandria nel IV sec., ad Antiochia nel III e a Roma nel II sec. a.C.

La seconda grande diaspora fu quella successiva alle rivolte antiromane del 70 e del 135 d.C.: Gerusalemme fu rasa al suolo col Tempio, e agli ebrei un decreto imperiale vietò di risiedere in Palestina.

La distruzione del Tempio e l'esilio dalla Terra di Israele determinarono una trasformazione decisiva nell'ebraismo ( v. ): privati del culto sacerdotale e sacrificale e del legame con la Terra Promessa, gli ebrei della diaspora trovarono il loro punto di riferimento nel commento delle Scritture, nella Sinagoga ( luogo di preghiera e di studio ) e nella trasmissione della Torà orale, fissata per iscritto nella Mishnà nei primi secoli della diaspora e poi discussa nel Talmud.

Diaspora o un termine che oggi ricorre sempre più frequentemente anche in ambienti cristiani, e viene adoperato in due diversi significati.

In un senso sociologico, anzitutto, "diaspora" indica una minoranza cristiana che vive in un contesto confessionalmente o religiosamente diverso e talvolta avverso ( si parla, per esempio, di diaspora protestante in un paese cattolico, o di diaspora cattolica in un paese protestante, o di diaspora cristiana in un paese musulmano, e così via ).

In un senso spirituale, invece, la Chiesa cristiana vive come "diaspora" nella odierna società secolarizzata, dato che anche là dove c'è una consistente presenza di cristiani, essi costituiscono appunto una "diaspora", una comunità disseminata in una società che obbedisce a valori e modelli di comportamento diversi da quelli ispirati dalla fede.

In greco, il termine significa « dispersione ».

Essa è un movimento di emigrazione del popolo ebreo, sia spontaneo che forzato, che condusse un gran numero di ebrei fuori della Palestina, dal VI secolo a.C. in poi.

Alla fine dell'età antica e nel tempo di Gesù, vivevano molti più ebrei nella diaspora che in Palestina; tale condizione è durata per molti secoli, fino al periodo 1938-1948, in cui è stato ricostituito su base politica ( ma anche etnico-religiosa ) lo Stato d'Israele in Medio Oriente.

Quello di « diaspora » non è tuttavia solamente un concetto storico-geografico, ma è anche teologico: essa è una condizione esterna che corrisponde bene all'essere più « interno » di Israele, pellegrino di Dio fra i molti popoli.

Tale condizione pellegrinante vale anche per la Chiesa di Gesù.

Disperse: alla lettera « della diaspora ».

Nell'antichità per gli ebrei questo termine indicava i giudei emigrati dalla Palestina ( Sal 147,2; Gdt 5,19; Gv 7,35 ).

Qui si tratta dei cristiani di origine giudaica dispersi nel mondo greco-romano ( At 2,5-11 ).

Le dodici tribù rappresentano la totalità del popolo nuovo ( At 26,7; Ap 7,4+ ).

Gc 1,1

Dispersi: alla lettera « della diaspora » o « dispersione », i giudei convertiti ( Gc 1,1+ ) o semplicemente i cristiani, in quanto vivono tra i pagani ( 1 Pt 5,9 ).

1 Pt 1,1