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I penitenti

1 - La penitenza comporta cambiamento di vita. Il rimandarla lascia dubbia la sorte eterna

Mi rivolgo a voi penitenti, e vi vorrei penitenti veramente penitenti, penitenti che prendono sul serio la penitenza, non se ne fanno gioco.

Vi raccomando: mutate vita e riconciliatevi con Dio.

Anche voi vi nutrite al pascolo, mentre siete ancora legati alla catena.

É la catena di cui parla il Vangelo: Tutto quello che legherete sulla terra sarà legato anche in cielo. ( Mt 18,18 )

Credete forse di poter scherzare con Dio quando sentite queste parole?

Voi fate la penitenza, piegate le ginocchia, e ridete prendendovi gioco della pazienza di Dio.

Se siete penitenti, dovete essere pentiti; non si può dire penitente uno che non si sia pentito.

E se è pentito, non può più fare quello che riconosce male aver fatto.

Quello che vi siete pentiti di aver fatto, non fatelo più; non siete penitenti se lo fate ancora.

In verità, carissimi, avviene che gli uomini mandino a chiamare dalla chiesa o vi si facciano portare, quando si ammalano: e allora vengono battezzati e fatti rinascere, vivendo poi felici: in tal caso non v'è motivo di penitenza.

Chi non ha ancora ricevuto il battesimo, non ha violato il sacramento.

Quando invece uno ha violato e tradito il battesimo ricevuto, vivendo tra colpe e scelleratezze, e viene perciò respinto dalla mensa dell'altare perché non mangi e beva il proprio giudizio, costui deve mutar vita e correggersi, deve riconciliarsi mentre è ancora in vita e sano.

Perché rimandare la riconciliazione a quando comincia a morire?

Conosciamo il caso di molti che spirarono mentre ancora attendevano la riconciliazione.

Inoltre esprimo davanti a Dio il mio timore, rivolgendomi al timore che avete in voi: solo chi non ha in sé il timor di Dio potrà non tener conto del mio timore, ma con suo danno.

Prestate dunque ascolto.

Consideriamo un uomo battezzato che conduca la sua vita se non senza peccato - perché non so chi possa essere senza peccato -, almeno senza colpe, e commetta solo quei peccati che vengono rimessi ogni giorno con la preghiera che facciamo: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori: ( Mt 6,12 ) io mi dichiaro certo che quando terminerà questa vita terrena, costui non finirà di vivere, ma passerà da questa vita all'altra vita, da una vita travagliata a una vita di pace, da questa infelice a quella beata.

Costui sia che fosse accorso di sua volontà al battesimo, sia che fosse stato battezzato in pericolo di vita, quando esce da questa vita va dal suo Signore, va nella pace.

Il battezzato invece che avrà trascurato o violato gli impegni di così grande sacramento, se avrà fatto penitenza con tutto il cuore, là, nel suo cuore, dove Dio vede, [ sarà perdonato, come lo fu Davide ].

Dio vide dentro il cuore di Davide quando egli, rimproverato fortemente dal profeta, esclamò: Peccai, e subito dopo sentì dire: Il Signore ha cancellato il tuo peccato. ( 2 Sam 12,13 )

Tanto potere ha quella sola breve parola di confessione; sono tre sillabe: Peccai; ma in queste tre sillabe salì in cielo la fiamma del sacrificio del cuore.

Se uno fa la penitenza con sincerità, viene liberato dal vincolo che lo teneva legato separandolo dal corpo di Cristo, e se dopo la penitenza vive bene, come avrebbe dovuto vivere anche prima, costui, in qualsiasi momento morirà dopo la riconciliazione, andrà dal suo Signore, entrerà nel riposo: non sarà assegnato alle schiere del diavolo, ma sarà messo a parte del regno di Dio.

C'è poi chi chiede la penitenza solo quando sia in pericolo di vita e se ne parte da qui dopo aver ricevuto la penitenza e la riconciliazione.

A costui non rifiutiamo da parte nostra quello che domanda, ma non crediamo sia finito bene: non lo crediamo, non possiamo crederlo e non vogliamo ingannarvi.

Nessuna preoccupazione danno la fine del fedele che ha vissuto bene né quella di chi ha ricevuto il battesimo all'ultimo e neppure quella di chi dopo la penitenza e la riconciliazione, fatte tempestivamente, sia vissuto bene; ma io non sono da parte mia tranquillo circa la fine di chi solo all'ultimo abbia fatto la penitenza e si sia riconciliato.

Sono sicuro di quello di cui ho sicurezza, e su questo do sicurezza; ma di quello di cui non ho sicurezza, non sono sicuro e non sono in grado di dar sicurezza: mi devo limitare ad assegnare la penitenza.

Qualcuno potrebbe rivolgersi a me dicendomi: O buon sacerdote, tu dichiari di non sapere e di non poter dire con sicurezza se la persona a cui assegni la penitenza in punto di morte potrà presentarsi al Cristo, perché nella sua vita finché godette di salute non si pentì.

E noi dunque ti chiediamo di grazia di insegnarci come dobbiamo vivere bene dopo la penitenza.

Ecco come io vi rispondo: astenetevi dall'ubriachezza, dalla concupiscenza, dal rubare, dal parlar male, dal troppo riso, dalle parole oziose.

Di tutte queste cose gli uomini sono tenuti a rendere conto nel giorno del giudizio.

Ho elencato peccati leggeri, ma tutti sono gravi e rovinosi.

Aggiungo che da questi vizi uno si deve guardare non solo dopo la penitenza ma anche prima, mentre è in buona salute, perché non sa se, quando sarà in fin di vita, sarà in grado di fare la penitenza e di confessare i suoi peccati a Dio e al sacerdote.

Per questo vi ho ammoniti a viver bene prima della penitenza e ancor meglio dopo la penitenza.

Fate attenzione a quello che vi dico: devo spiegarmi meglio per timore di essere frainteso.

Non intendo dire che costui che si pente in fin di vita sarà dannato.

Ma non vi dico neanche che sarà salvo.

Dico che non so.

Non giudico, non prometto: soltanto non so.

E se uno vuole essere liberato da questa incertezza, se vuole uscire dal dubbio, deve fare penitenza finché sta bene.

Se uno avrà fatto così e correrà a riconciliarsi al sopraggiungere della fine, può essere sicuro, in quanto ha già fatto la penitenza quando poteva ancora peccare.

Se invece uno è disposto a fare la penitenza quando ormai non può più peccare, sono i peccati in tal caso ad abbandonare lui, non lui ad abbandonare i peccati.

Qualcuno mi può dire che forse Dio lo perdona e che io non posso sapere.

É proprio vero: io non so.

In un caso so, nell'altro non so.

Assegno appunto la penitenza perché non so; se sapessi che non serve, non la darei.

Ma eviterei anche di ammonirvi e spaventarvi se sapessi che essa serve.

L'alternativa è che uno riceva il perdono o non lo riceva; non so quale delle due possibilità stia per realizzarsi in quel caso.

Quindi lasciate l'incerto e attenetevi al certo.

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