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Lettera 60

Scritta forse verso lo stesso tempo.

Agostino annuncia ad Aurelio che un certo Donato e suo fratello avevano abbandonato il monastero di loro arbitrio, ed afferma che, se fossero incardinati nel clero, si recherebbe scandalo ai monaci e offesa al clero ( n. 1 ), poiché non sempre un buon monaco è un buon chierico ( n. 2 ).

Agostino saluta nel Signore il beatissimo signore e padre Aurelio, degnissimo d'essere venerato e riverito, sinceramente carissimo fratello e collega nel sacerdozio

1 - Due monaci disertori

Da quando ci separammo di persona, non ho ricevuto alcuna lettera della tua Reverenza.

Ora invece ho letto la lettera della tua Benevolenza concernente Donato e suo fratello, e sono stato a lungo incerto su quel che avrei dovuto rispondere.

A forza di pensare che cosa fosse utile alla salvezza di quelli che noi serviamo per amore di Cristo dando loro il nutrimento spirituale, sono arrivato alla conclusione che non si deve aprire a quelli che sono consacrati a Dio questa scappatoia, di pensare cioè di poter essere scelti ad un ufficio migliore, qualora siano diventati peggiori.

Non solo si rende ad essi facile la caduta nel peccato, ma si arreca una vergognosa offesa all'ordine clericale qualora i disertori dei monasteri vengano scelti per la milizia clericale, mentre di quelli che rimangono nel monastero siamo soliti accogliere nel clero solamente i più provati e i migliori, salvo che, come dice il volgo: "Un cattivo flautista del coro è ancor sempre un buon sonatore di cappella"; ma allora lo stesso volgo si prenderà gioco di noi dicendo: "Un cattivo monaco è pur sempre un buon chierico".

Sarebbe doloroso se innalzassi i monaci a una così dannosa superbia e ritenessi degni di ingiuria sì grave i membri del clero, al numero dei quali apparteniamo noi pure, mentre talvolta perfino un buon monaco a stento riesce ad essere un buon chierico, anche se possiede sufficiente continenza, qualora gli manchi la necessaria istruzione o una stabile integrità di vita.

2 - Rimette ad Aurelio le decisioni del caso

Penso però che la tua Beatitudine abbia supposto che quei due siano usciti dal monastero con la mia autorizzazione perché fossero più utili agli abitanti dello stesso loro paese.

Ma ciò è falso; essi se ne andarono spontaneamente, sebbene ci opponessimo con tutte le nostre forze per la loro salvezza.

Quanto poi a Donato, poiché era stato ordinato prima delle disposizioni prese a questo riguardo nel concilio, se mai si fosse corretto dal peccato della superbia, la tua Prudenza faccia come vuole.

Riguardo invece a suo fratello, poiché per colpa specialmente sua anche Donato scappò dal monastero, non ho nulla da rispondere, dal momento che sai come la penso.

Non oso comunque oppormi alla tua Prudenza, al tuo Onore, alla tua Carità, anzi spero senz'altro che farai quanto, dopo attento esame, riterrai più vantaggioso per i membri della Chiesa.

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