Teologia dei Padri

Indice

L'immagine di Dio nella sua integrità

1. - L'immagine di Dio

Dice la Scrittura: « Abbi stima di te stesso ».

É codesta una maniera sicurissima onde garantire la conservazione dei beni.

Sappi quanto sei onorato dal Creatore più di qualsiasi altra creatura.

Non il cielo fu creato a immagine di Dio; non la luna, non il sole, non la bellezza delle stelle né alcun'altra delle cose che si osservano nella natura.

Tu solo sei stato creato a immagine di quell'essenza che trascende l'intelletto, a somiglianza di quella bellezza nella quale non v'è difetto, rappresentazione della vera divinità, ricettacolo di vita beata, simulacro dell'autentica luce.

Nessuna delle cose che esistono è dunque tanto grande da poter essere paragonata alla tua dimensione.

Tutto il cielo di Dio è contenuto nel palmo della sua mano; la terra e il mare si racchiudono nel suo pugno.

Ciò nondimeno, colui che è tanto grande e tale da contenere tutta la creazione in un palmo di mano, è interamente compreso da te.

Nella tua natura abita, senza restrizione alcuna, colui che disse: In essi abiterò e camminerò ( Lv 26,12 ).

Se tu consideri tutto ciò, il tuo occhio non si fisserà su nessuna cosa terrena.

Ma che dico? Neppure il cielo giudicherai degno di ammirazione!

Gregorio di Nissa, Commento al Cantico dei cantici, 2

1a. - L'anima promana direttamente da Dio

Può essere oggetto di discussione l'origine dell'anima se dalla madre piuttosto che dal padre o da entrambi ad un tempo.

Io però, a mio parere, rivendico tale questione da ogni incertezza.

Nessuna infatti delle tre accennate ipotesi è vera, poiché le anime non hanno origine da entrambi, né dall'uno o dall'altro dei due.

Il corpo può nascere da corpi, poiché vi contribuiscono in parte entrambi i genitori; dalle anime l'anima non può nascere, perché da un'essenza evanescente e inafferrabile ( ex re tenui et incomprehensibili, ossia da una sostanza spirituale e semplice ) nulla può derivare.

Il principio della creazione delle anime promana dall'unico Dio …

L'anima non ci è data dai genitori, ma da un solo identico Dio, padre di tutti, il quale solo detiene il principio della vita, e solo lo attua.

Lattanzio, L'opera di Dio, 29

2. - L'anima è immagine di Dio

Forse tu credi che il tuo capo sia simile a Dio, perché si erge in alto, oppure che lo siano i tuoi occhi, perché vedono; oppure le orecchie, perché odono?

Per ciò che riguarda l'altezza: siamo dunque tanto giganteschi, solo perché il nostro vertice è un poco al di sopra del suolo?

Eppure non ci vergogniamo di dirci simili a Dio, perché siamo cresciuti un po' più dei serpenti, o degli altri rettili, dei caprioli, delle pecore o dei lupi?

Quanto in ciò ci superano i cammelli e gli elefanti!

Certo, c'è qualcosa di grande nell'occhio, nel vedere le realtà del mondo, nel sapere ciò che nessuno deve raccontarci, perché è giunto dallo sguardo!

Tuttavia, quanto è mai ciò che vediamo, che noi pretendiamo per questo di esser detti simili a Dio, il quale tutto vede, tutto osserva, percepisce i movimenti intimi dell'anima e scruta i segreti del cuore?

Non dovrei vergognarmi di dire ciò, dato che io neppure una volta sola posso vedere tutto me stesso?

Ciò che ho davanti ai piedi, lo vedo; ciò che ho dietro le spalle, non lo posso vedere.

Io non conosco le mie spalle, e neppure la nuca: non mi è possibile vedermi le reni.

Qualcosa di simile vale per l'udito: ciò che è un po' lontano, non lo posso udire, come neppure vedere.

Se vi è un muro frammezzo, la mia vista e il mio udito ne sono tagliati fuori.

Oltre a ciò, il nostro corpo è legato a un solo luogo, è chiuso in stretto spazio: ogni animale si muove con più libertà e anche con più sveltezza che l'uomo.

Non il corpo, dunque, può essere immagine di Dio, ma solo la nostra anima.

Essa è libera e cammina, e se ne va qua e là con i suoi pensieri e i suoi progetti, guardando col suo pensiero.

Ecco: noi ci troviamo in Italia e col pensiero ci figuriamo ciò che si trova in Oriente e in Occidente; pensiamo di vivere tra i persiani, ci vediamo davanti gli africani, se qualcuno dei nostri cari è giunto in quei territori: sulla loro strada ci affrettiamo, ad essi ci avviciniamo, con loro parliamo nella loro assenza.

Perfino i morti noi richiamiamo a colloquio, li abbracciamo e teniamo, come se fossero ancora in vita, porgendo loro i doveri e gli ossequi dei viventi.

Solo l'anima dunque è immagine di Dio, perché vale non per le forze del corpo, ma per quelle dello spirito; essa vede ciò che è assente, il suo sguardo raggiunge le regioni d'oltremare, precorre la vista e scruta gli aditi tenebrosi; il suo pensiero in un attimo giunge a tutti i confini del mondo e vaga fra le terre sconosciute; è unita a Dio, stretta a Cristo scende all'inferno, sale e circola libera nel cielo.

Odi dunque l'Apostolo che ci assicura: La nostra dimora è nel cielo ( Fil 3,20 ).

L'anima dunque, in cui Dio sempre abita, non sarà sua immagine?

Intendilo dunque: essa è immagine di Dio.

E l'Apostolo proclama: A viso scoperto guardiamo noi tutti la gloria di Dio e in quella stessa immagine ci tramutiamo, di splendore in splendore ( 2 Cor 3,18 ).

Ambrogio, Esamerone, 6,44-45

3. - L'immagine di Dio nello spirito

La vita era la luce degli uomini.

Forse la luce anche degli animali?

La luce che noi vediamo, illumina infatti anche gli animali, insieme agli uomini.

C'è però una luce particolare per gli uomini: considera la distanza che li separa dagli animali, e comprenderai allora la natura di questa luce degli uomini.

Per nient'altro ti distingui dagli animali, se non per l'intelletto: non cercare altrove di che gloriarti.

Sei fiero della tua forza? Gli animali sono più forti di te.

Sei fiero della tua velocità? la mosca ti vince.

Ti vanti della tua bellezza? quanta bellezza nelle piume del pavone!

Da dove viene dunque la tua superiorità? Dall'essere tu immagine di Dio.

E dov'è questa immagine di Dio? Nella mente, nell'intelletto.

Se dunque sei superiore all'animale perché hai una mente con cui comprendere ciò che non è possibile agli animali; se per questo l'uomo è superiore all'animale, ebbene, la luce degli uomini è allora la luce delle menti.

La luce delle menti è sopra tutte le menti, e tutte le trascende.

Questo era quella vita per mezzo della quale tutte le cose furono fatte.

Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 3,4

4. - L'immagine di Dio nell'intimo dell'uomo

Tornate nel vostro cuore!

Dove andate così lontano, se non a cercare da voi stessi la vostra perdita?

Dove andate su questa via così solitaria?

Smarrirete la retta via, vagabondando così: tornate.

Dove? Tornate al Signore.

Affrettati, torna rapidamente al tuo cuore tu, che come un esule, hai vagato lontano: non conosci te stesso e vuoi conoscere colui che ti ha fatto?

Torna, torna al tuo cuore, sollevati dal corpo: il tuo corpo è la tua dimora e il tuo cuore prova bensì i sentimenti per mezzo del corpo, ma il corpo non ha gli stessi sentimenti del tuo cuore.

Lascia dunque il corpo e torna al tuo cuore.

Nel tuo corpo troverai gli occhi in un posto, gli orecchi in un altro: forse le stesse cose trovi nel tuo cuore?

Non hai forse orecchi nel tuo cuore?

Orecchi cioè come intendeva il Signore: Chi ha orecchi per intendere, intenda ( Lc 8,8 )?

E nel tuo cuore, non hai occhi?

Dice infatti l'Apostolo: Siano illuminati gli occhi del vostro cuore ( Ef 1,18 ).

Torna al tuo cuore: vedrai allora l'idea che ti sei fatto di Dio, perché nel tuo cuore è l'immagine di Dio.

Nell'intimo dell'uomo abita Cristo, nell'intimo di sé l'uomo rinnova l'immagine di Dio e nell'immagine riconosce il suo Creatore.

Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 18,10

5. - La somiglianza a Dio si custodisce con l'umiltà

Come infatti il serpente striscia non con passi decisi, ma con minutissimi movimenti delle squame, così il moto all'ingiù trascina i negligenti a poco a poco, cominciando da un perverso desiderio di somigliare a Dio, e giungendo alla somiglianza con gli animali.

Perciò gli uomini, privati della prima veste, meritarono di portare la tunica di pelle della mortalità.

Il vero onore dell'uomo è di essere a immagine e similitudine di Dio, immagine che non si conserva se non andando verso Colui dal quale è impressa.

Tanto più dunque si aderisce a Dio, quanto meno si ama il bene proprio.

Ma per brama di sperimentare il suo potere, l'uomo cade in se stesso, per un suo capriccio, come a un grado intermedio; così, non volendo restar sottomesso a nessuno, in castigo, viene precipitato dallo stesso grado intermedio che è lui stesso, fino a ciò che v'è di più basso, cioè a quello di cui si allietano gli animali.

Agostino, La Trinità, 12,16

6. - Rapporto fra dimensione invisibile e visibile nell'uomo

Poiché alla bontà di Dio non bastava affatto dedicarsi unicamente alla contemplazione di sé, ma bisognava che il bene fosse diffuso e propagato, affinché fossero in maggior numero coloro i quali potessero goderne il beneficio ( ciò, infatti, era proprio della somma bontà ); dapprima Iddio concepì le virtù angeliche e celesti.

Tale concezione, poi, venne realizzata dal Verbo e completata dallo Spirito.

In tal modo vennero creati gli splendori secondi, ministri del primo splendore.

Essi vanno considerati come spiriti intelligenti o come fuoco privo di materia e incorporeo o come qualche altra sostanza assai prossima a queste.

Intendo dire spiriti alieni dal male e dotati soltanto di una propensione al bene ( com'è naturale per coloro che stanno intorno a Dio ), rischiarati dal primario fulgore di Dio ( questi esseri inferiori, infatti, hanno una luce secondaria ).

Ciò nondimeno, a ritenere e affermare ch'essi non fossero del tutto immobili, ma un poco si muovevano, mi persuade quel Lucifero ( così chiamato, a cagione del suo splendore ), il quale divenne ( ed è nominato ) « tenebra » per la sua superbia, e le stesse potestà ribelli le quali, fuggendo dal bene, produssero il vizio e lo comunicarono a noi.

Così, dunque, e per tali motivi, fu da Dio creato il mondo spirituale, per quanto io posso congetturare riguardo a queste cose, esprimendo grandi realtà con misere parole.

Dopoché Iddio ebbe veduto ottimamente costituite le prime manifestazioni della creazione, concepì un altro mondo, materiale e visibile: cioè quest'insieme di cielo e di terra e di tutto ciò che vi è contenuto, lodevole per l'eleganza delle singole parti, ma ancor più ammirevole per quell'armonia e concordia che regna fra tutte loro, ciascuna cosa concordando egregiamente con l'altra e tutte con il loro insieme, onde costituire la ricca e varia decorazione di un unico mondo.

Ciò fece il Signore, per mostrare di poter creare non soltanto una realtà vicina e affine alla propria, ma anche un'altra assolutamente diversa.

Le essenze prossime alla divinità, infatti, sono dotate di spirito e possono partecipare dell'unico spirito; quelle diverse, al contrario, quante cioè cadono sotto i nostri sensi e sono più lontane dalle prime, sono prive di vita e di movimento.

Ma a quale scopo ci parli di tutto ciò, potrebbe forse dire taluno di coloro che nei giorni festivi si dilettano intensamente e sono di animo alquanto fervoroso?

Sprona il cavallo verso la meta.

Speculiamo allora intorno agli argomenti che concernono la festa e per i quali sediamo oggi assieme.

Lo farò ( e già l'ho intrapreso dianzi ), poiché l'aspettativa e i testi mi inducono a ciò.

Certamente la realtà spirituale e quella sensibile, così diverse fra loro, erano racchiuse nei loro confini, recando in se stesse, come tacite lodatrici e illustri araldi dell'insigne opera, la grandezza del Verbo creatore.

Non vi era ancora nessuna conciliazione fra entrambe, nessuna mescolanza dei contrari, che desse l'esempio di una sapienza più sublime e di una varietà ed eccellenza nella creazione delle nature; la ricchezza della bontà divina non era interamente conosciuta.

Or dunque, quando al Verbo creatore piacque, appunto, di mostrare tutto ciò ( vale a dire, un solo vivente che fosse costituito della dimensione visibile e di quella invisibile ), fabbricò l'uomo.

Prendendo il corpo dalla materia preesistente e inserendovi il proprio spirito ( che la Scrittura chiama « anima intellettiva » e « immagine di Dio ») , Dio colloca sulla terra una sorta di altro mondo, grande nel piccolo; un altro angelo, un adoratore composito, sperimentatore della natura visibile e iniziato a quella intelligibile.

Re delle cose terrestri, ma suddito di quelle celesti; terreno e celeste, caduco e immortale, visibile e intelligente, nel mezzo fra la grandezza e l'umiltà; nello stesso tempo, spirito e carne.

Spirito, per la grazia; carne, per la superbia: l'uno affinché sussista e proclami la gloria del benefattore, l'altra affinché soffra e, attraverso il dolore, venga ammonita e castigata, qualora si gloriasse della propria grandezza.

Un vivente guidato, da una parte, e lasciato a se stesso, dall'altra, e, ciò che costituisce il mistero più profondo, partecipe, con l'inclinazione dell'animo verso Dio, della dimensione divina.

Verso di lui, infatti, mi porta quello splendore di verità, che qui abbiamo descritto poveramente, affinché io veda e senta la gloria di Dio, degna di colui che ha legato e che scioglierà e nuovamente legherà più in alto.

Gregorio di Nazianzo, La nascita di Cristo, 9-11

7. - L'anima mediatrice tra Dio e il corpo

« Dio siede sul suo santo trono » …

Vuoi anche tu essere il suo trono?

Non credere di non poterlo essere; prepara per lui un posto nel tuo cuore; egli viene, e volentieri vi si stabilisce.

Egli è certamente la virtù di Dio e la sapienza di Dio.

Ma cosa dice la Scrittura della sapienza?

L'anima del giusto è il trono della sapienza ( Sap 7 ).

Orbene, se l'anima del giusto è il trono della sapienza, sia la tua anima giusta, e sarà il regale trono della sapienza.

E di fatto, fratelli, forse che Dio non dimora in tutti gli uomini che vivono bene, che compiono il bene, che si comportano secondo la pia carità, e forse che non comanda loro?

L'anima obbedisce a Dio che è in lei, ed essa stessa comanda alle membra.

La tua anima comanda a un tuo membro, e con questo comando si muove il piede, la mano, l'occhio, l'orecchio, insomma l'anima stessa comanda alle sue membra come se fossero suoi servi; ma essa, a sua volta, serve al suo Signore che risiede in lei.

Non può comandare bene all'inferiore, se non si degna di obbedire al superiore.

Agostino, Esposizioni sui Salmi, I, 47,10(9)

8. - L'uomo nella sua totalità è formato di corpo, anima e Spirito

Dio sarà glorificato nella sua creatura, conformata e modellata sul proprio Figlio, poiché per le mani del Padre - che sono il Figlio e lo Spirito - l'uomo nella sua interezza, e non in una sua parte sola, diventa simile a Dio.

L'anima e lo Spirito costituiscono una parte dell'uomo, e non tutto l'uomo; l'uomo perfetto infatti risulta dalla compenetrazione e dall'unione dell'anima, che accoglie lo Spirito del Padre, con la carne, creata anch'essa a immagine di Dio …

La carne strutturata, da sola, non è l'uomo completo, ma solo il corpo dell'uomo, cioè una parte dell'uomo.

Ma neppure l'anima da sola costituisce tutto l'uomo: è l'anima dell'uomo, cioè una sua parte.

E neppure lo spirito è l'uomo: si tratta appunto dello spirito, non di tutto l'uomo.

Solo la fusione, l'unione e l'integrazione di questi elementi costituisce l'uomo perfetto.

Per questo l'Apostolo, spiegando il suo pensiero, parlò dell'uomo redento, perfetto e spirituale, con queste parole, nella prima lettera ai Tessalonicesi: Il Dio della pace santifichi voi e vi renda perfetti, serbando intatti e senza biasimo il vostro spirito, l'anima e il corpo, per la venuta del Signore Gesù Cristo ( 1 Ts 5,23 ).

Che motivo aveva di augurare la perfetta conservazione, per la venuta del Signore, appunto dell'anima, del corpo e dello spirito, se non avesse saputo che l'intima unione di questi tre elementi altro non è che la loro salvezza?

E perfetti sono appunto coloro che presentano questi tre elementi uniti, senza meritare rimprovero alcuno.

Perfetti sono quindi quelli che hanno costantemente in sé lo Spirito, e custodiscono, evitando ogni biasimo, l'anima e il corpo, conservando la fede in Dio e osservando la giustizia verso il prossimo.

Perciò l'Apostolo ci dice anche che la creatura è tempio di Dio: Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?

Chi profana il tempio di Dio sarà da lui sterminato: il tempio di Dio, che siete voi, è santo ( 1 Cor 3,16-17 ).

Evidentemente chiama tempio di Dio il corpo, in cui abita lo Spirito.

Anche il Signore dice di se stesso: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo riedificherò ( Gv 2,19 ).

E non solo come templi, ma come templi di Cristo designa egli i nostri corpi, dicendo ai Corinti: Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?

Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di meretrice ( 1 Cor 6,15 ) …

Per questo ha detto: Chi profana il tempio di Dio sarà sterminato da Dio ( 1 Cor 3,17 ).

É dunque certamente una bestemmia dire che il tempio di Dio in cui abita lo Spirito del Padre, che le membra di Cristo non possono sperare redenzione alcuna, ma andranno senz'altro in perdizione.

Che poi i nostri corpi risusciteranno non per la loro natura, ma per la potenza di Dio, egli lo dice ai Corinti: Il corpo non è per la fornicazione, ma per il Signore, e il Signore per il corpo.

Dio ha risuscitato il Signore e risusciterà noi pure con la sua potenza ( 1 Cor 6,13-14 ).

Ireneo di Lione, Contro le eresie, 5,6

9. - L'anima e il corpo, nella loro stretta unità, sono in rapporto a Dio

La carne è il cardine della salvezza.

Infatti se l'anima diventa tutta di Dio è la carne che glielo rende possibile!

La carne viene battezzata, perché l'anima venga mondata;

la carne viene unta, perché l'anima sia consacrata;

la carne viene segnata della croce, perché l'anima ne sia difesa;

la carne viene coperta dall'imposizione delle mani, perché l'anima sia illuminata dallo Spirito;

la carne si nutre del corpo e del sangue di Cristo, perché l'anima si sazi di Dio.

Non saranno separate perciò nella ricompensa, dato che sono state unite nelle opere.

Anche i sacrifici grati a Dio, le mortificazioni, cioè, i digiuni, i pasti consumati tardi e senza cibi liquidi, la trascuratezza esteriore dei penitenti, viene tutto compiuto dalla carne e a sue spese.

Così l'osservanza della verginità e della castità vedovile, come l'unione coniugale apparente e con nascosta continenza ( nozze di Giuseppe ), sono sacrifici a Dio, consumati nella carne.

Orsù: che ne pensi di lei quando, per la fedeltà al nome cristiano, viene esposta al pubblico e deve combattere contro l'odio delle folle?

Quando è macerata nelle carceri, in quell'orrenda privazione della luce, nella carenza di tutto il necessario, nello squallore, nella sporcizia, nell'obbrobrio; neppure libera di dormire, legata anche nel riposo e lancinata dallo stesso giaciglio?

Dilaniata poi, alla luce, con ogni genere di tormenti, quando infine in pieno sole viene esposta al supplizio, viene costretta a dare il contraccambio a Cristo morendo per lui, e spesso sulla stessa croce o con altre pene ancor più atroci?

O beatissima e gloriosissima carne, che può contraccambiare a Cristo per un debito così grande, tanto da dover essere a lui obbligata solo di averla fatta cessare di essere in debito; e ciò più nei vincoli che in libertà!

Perciò, per riassumere: quella che Iddio ha strutturato con le sue mani facendone una propria immagine, quella che ha vivificato col suo spirito a somiglianza della sua vita, che ha preposto a tutta l'opera della sua creazione per abitarla, farla fruttificare e dominare; che ha rivestito con i suoi sacramenti e i suoi precetti; della quale ama la purezza, della quale approva la mortificazione, della quale apprezza le sofferenze: questa dunque non dovrebbe risorgere, che tanto appartiene a Dio? Non sia mai!

La cura del suo pensiero, il vaso del suo soffio, la regina della sua creazione, l'erede della sua bontà, la sacerdotessa della sua religione, la combattente per la sua testimonianza, la sorella del suo Cristo!

Sappiamo che Dio è buono e abbiamo appreso da Cristo che egli solo è ottimo; egli ci comanda l'amore al prossimo, dopo che a lui; egli farà certo ciò che lui stesso ha comandato:

amerà la carne che in tanti modi gli è prossima, anche se è debole, perché la virtù si perfeziona nella debolezza ( 2 Cor 12,9 );

anche se inferma, perché i malati hanno bisogno del medico ( Lc 5,31 );

anche se meschina, perché le nostre membra, meno oneste, le circondiamo di maggior onore ( 1 Cor 12,23 );

anche se perduta, perché io sono venuto a salvare ciò che era andato perduto ( Lc 19,10 );

anche se peccatrice, perché preferisco la salvezza del peccatore che la sua morte ( Ez 18,23 );

anche se dannata, perché io sono colui che colpisce e risana ( Dt 32,39 ).

Perché rivolgi i tuoi rimproveri alla carne, per ciò che aspetta Dio, per ciò che in lui spera, che da lui viene onorato e a cui egli soccorre?

Oserei anzi dire che se ciò non fosse accaduto alla carne, la grazia, la misericordia, ogni influenza benefica di Dio sarebbero state vane.

Tertulliano, La risurrezione della carne, 8-9

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