L'anima dell'apostolato

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g) La vita interiore, con l'Eucaristia riassume tutta la fecondità dell'apostolato

Il fine dell'Incarnazione, e perciò del vero apostolato, è di divinizzare l'umanità: Christus incarnatus est ut homo fieret deus.204b

Unigenitus Dei Filius suae divinitatis volens nos esse participes naturam nostram assumpsit, ut hommes deos faceret factus homo.205

Ora nell'Eucaristia, anzi nella vita eucaristica, cioè nella vita interiore robusta, alimentata al banchetto divino, l'apostolo si assimila la vita divina.

Abbiamo la parola perentoria del Maestro, la quale non dà luogo a equivoci: Nisi manducaveritis cameni Filii hominis et biberitis eius sanguinem, non hahebitis vitam in vóbis.206

La vita eucaristica è la vita di Gesù Cristo in noi, non solamente per l'indispensabile stato di grazia, ma per una sovrabbondanza della sua azione: Veni ut vitam habeant et abundantius habeant.207

Se l'apostolo deve sovrabbondare di vita divina per poterla dare ai fedeli, e se non ne trova la fonte altrove che nell'Eucaristia, come dunque si potrà supporre l'efficacia delle opere senza l'azione dell'Eucaristia, in coloro che direttamente o indirettamente debbono essere i dispensatori di quella vita per mezzo di tali opere?

Non è possibile meditare sulle conseguenze del dogma della presenza reale, del santo Sacrifìcio dell'altare, della comunione, senza doverne conchiudere che il Signore volle istituire questo sacramento per fare di esso il focolare di ogni attività, di ogni devozione, di ogni apostolato veramente utile alla Chiesa.

Se tutta la Redenzione gravita intorno al Calvario, tutte le grazie di questo mistero sgorgano dall'Altare, e l'operaio della parola evangelica il quale non vive dell'Altare, non avrà altro che una parola morta, una parola che non salva, perchè viene da un cuore non abbastanza imbevuto del Sangue redentore.

Non senza un profondo disegno Gesù Cristo, subito dopo l'ultima cena, spiega con insistenza e con precisione, con la parabola dalla vite e dei tralci, l'inutilità dell'azione che non sia animata dallo spirito interiore: Sicut palmes non potest ferre fructum a semetipso, sic nec vos nisi in me manseritis.208

Ma subito fa vedere di quanto valore sarà l'azione esercitata dall'apostolo il quale vive di vita interiore, della vita eucaristica: Qui manet in me et ego in eo, hic fert fructum multum.209

Questo, ma soltanto questo; Dio agisce potentemente soltanto per mezzo di lui.

Poiché, dice sant'Atanasio, « noi siamo fatti altrettanti dèi dalla carne di Gesù Cristo ».

Quando il predicatore o il catechista conservano in sè il calore del Sangue divino, quando il loro cuore è acceso del fuoco che consuma il Cuore eucaristico di Gesù, come è allora viva, ardente e infiammata la loro parola!

Come irradiano intorno a sè gli effetti dell'Eucaristia, per esempio in una scuola, o nella corsia di un ospedale, in un oratorio ecc., coloro che Dio scelse per tali opere, quando ravvivano il loro zelo nella comunione e diventano portatori di Gesù Cristo!

O si tratti dell'abilità del demonio nel mantenere le anime nell'ignoranza, o si tratti dello spirito superbo e impuro che vuole inebriarle di superbia o affogarle nel fango, l'Eucaristia, vita del vero apostolo, fa sentire la sua azione superiore a qualunque altra, contro il nemico della salute.

Per mezzo dell'Eucaristia si perfeziona l'amore; questo memoriale vivente della Passione, ravviva nell'apostolo il fuoco divino quando sta per spegnersi; gli fa rivivere il Getsemani, il Pretorio, il Calvario, e gli dà la scienza del dolore e dell'umiliazione.

L'operaio apostolico parla agli afflitti un linguaggio che li può fare partecipi delle consolazioni attinte a questa scuola sublime.

Egli parla il linguaggio delle virtù di cui Gesù è sempre il modello, perchè ciascuna delle sue parole è come una stilla di sangue eucaristico che cade sulle anime; ma se non riflette così la vita eucaristica, la parola dell'uomo di azione non produrrà altro che un effetto momentaneo; si potranno scuotere le facoltà secondarie e si occuperanno gli accessi della piazzaforte, ma la cittadella, cioè il cuore, la volontà, resterà per lo più inespugnabile.

Al grado di vita eucaristica raggiunto da un'anima, quasi sempre corrisponde la fecondità del suo apostolato.

Infatti il segno dell'efficacia di un apostolato è l'arrivare a dare alle anime la sete di partecipare con frequenza e praticamente al banchetto divino; ma tale risultato si ottiene soltanto nella misura in cui l'apostolo stesso vive veramente di Gesù sacramentato.

Come san Tommaso d'Aquino che si affacciava al santo Tabernacolo, per trovare la soluzione di qualche difficoltà, anche l'apostolo va a confidare tutto all'Ospite divino, e la sua azione sulle anime è l'attuazione delle sue confidenze con l'Autore della vita.

Il santo pontefice e padre san Pio X, il papa della comunione frequente, è anche il papa della vita interiore: Instaurare omnia in Christo210 fu la sua prima parola, rivolta specialmente agli uomini di azione: è il programma di un apostolo che vive dell'Eucaristia e che vede i trionfi della Chiesa proporzionati al progresso che fanno le anime nella vita eucaristica.

Perchè mai le istituzioni dei nostri giorni, così numerose eppure spesso sterili, perchè mai non hanno rigenerato la società!

Confessiamolo ancora una volta, esse sono assai più numerose che nei secoli passati, eppure non sono riuscite a impedire che l'empietà facesse una terribile strage nel campo del padre di famiglia; e perchè?

Perchè esse non sono state abbastanza innestate sulla vita interiore, sulla vita eucaristica, sulla vita liturgica ben compresa.

Gli uomini di azione che le dirigono, si sono potuti far ammirare per la logica, per l'ingegno e anche per una certa quale pietà, sono riusciti a gettare fasci di luce e a far accettare certe pratiche di divozione: risultato certo non spregevole.

Ma perchè non attingono abbastanza alla sorgente della vita, non hanno potuto comunicare quel calore che muove le volontà.

Invano avrebbero voluto far nascere quelle abnegazioni oscure ma irresistibili, quei fermenti attivi delle masse, quei focolari di attrazione soprannaturale che nessun altro mezzo può sostituire e che senza chiasso, ma senza tregua, comunicano l'incendio intorno a sè e penetrano lentamente, ma sicuramente, in tutte le classi di persone a cui possono arrivare.

La loro vita in Gesù era troppo debole per ottenere tali risultati.

Nei secoli passati, al contagio del male bastava, per preservarne le anime, opporre una pietà ordinaria, ma al veleno di oggi, di una violenza centuplicata, inoculato dagli allettamenti del mondo, bisogna opporre un siero vivificante assai più energico.

Per mancanza di laboratori che sappiano produrre dei contravveleni efficaci, le istituzioni o si sono limitate a procurare il fervore del sentimento, un bel fuoco, ma che si spegne quasi appena acceso, oppure non poterono influire che su infime minoranze.

Seminari e noviziati non diedero sciami di sacerdoti, di religiosi e religiose abbastanza inebriati del vino eucaristico; perciò il fuoco che per mezzo di queste anime elette si doveva diffondere sui buoni secolari devoti alle istituzioni, è rimasto latente.

Certamente si sono dati alla Chiesa apostoli pii, ma assai raramente le si sono dati operai evangelici che avessero, per la loro vita eucaristica, quella pietà integrale di custodia del cuore e di zelo, ardente, attiva, generosa e pratica, che si chiama vita interiore.

Si sente alle volte chiamare buona, eccellente, una parrocchia, perchè la gente saluta con garbo il sacerdote, gli risponde con deferenza, gli dimostra una certa simpatia, gli rende anche volentieri qualche servizio quando occorre; ma poi la maggior parte lavorano alla domenica invece di assistere alla Messa, i sacramenti sono abbandonati, regna l'ignoranza della religione, l'intemperanza e la bestemmia, e la morale lascia molto a desiderare.

Che pietà! Una parrocchia eccellente!

Ma si possono chiamare cristiane quelle persone di vita affatto pagana?

Operai evangelici, noi che deploriamo questi tristi risultati, perchè non siamo andati di più a quella scuola in cui il Verbo ammaestra i predicatori?

Perchè non abbiamo attinto di più, nell'intimità con Gesù sacramentato, la parola della vita?

Dio non ha parlato per bocca nostra, e doveva essere cosi!

Non meravigliamoci più che la nostra parola umana sia rimasta quasi sterile.

Noi non ci siamo mostrati alle anime come un riflesso di Gesù e della sua vita nella Chiesa.

Perchè il popolo credesse in noi, bisognava che intorno alla nostra fronte risplendesse qualche cosa di quell'aureola che illuminava Mose quando scendeva dal Sinai per ritornare dagli Israeliti; quell'aureola era, agli occhi degli Ebrei, la prova dell'intimità del rappresentante, con Colui che lo mandava.

Per la nostra missione bisognava che noi apparissimo non soltanto uomini onesti e convinti, ma che un raggio dell'Eucaristia lasciasse intravvedere al popolo quel Dio vivo al quale nessuna cosa può resistere.

Rètori, tribuni, conferenzieri, catechisti, professori, noi siamo riusciti imperfettamente, perchè non riflettevamo in noi l'intimità divina.

Noi apostoli, che ci lamentiamo del cattivo esito delle nostre fatiche, noi che pure sapevamo che in fin dei conti l'uomo ordinariamente è mosso soltanto dal desiderio della felicità, domandiamo a noi medesimi se gli uomini scorsero in noi quel raggio di felicità eterna e infinita di Dio, che avremmo potuto avere dall'unione con Colui il quale, mentre sta nascosto nel tabernacolo, è pure la gioia della Corte celeste.

Egli, il Maestro, non dimenticava questo nutrimento di gioia indispensabile ai suoi Apostoli: Haec locutus sum vobis ut gaudium meum sit in vobis et gaudium vestrum impleatur;211 così Egli dice subito dopo l'ultima cena, per ricordare fino a che punto l'Eucaristia sarà la sorgente di tutte le migliori allegrezze di quaggiù.

Noi, ministri del Signore, per i quali il Tabernacolo fu muto, la preghiera della consacrazione fredda, l'Ostia un memoriale rispettato ma quasi inerte, noi abbiamo dovuto lasciare le anime nelle loro vie perverse: e come avremmo potuto trarle dal fango dei loro piaceri illeciti!

Eppure abbiamo parlato delle gioie della religione e della buona coscienza; ma siccome non abbiamo saputo dissetarci alle acque vive dell'Agnello, abbiamo appena saputo balbettare quando parlavamo di quelle gioie ineffabili il cui desiderio, più efficacemente che le nostre parole terribili sull'inferno, avrebbe spezzato le catene della triplice concupiscenza.

In Dio che è tutto amore, le anime, per mezzo nostro, videro più che altro il legislatore severo e il giudice inesorabile nei suoi decreti e rigoroso nei suoi castighi.

Le nostre labbra non seppero parlare il linguaggio del Cuore di Colui che ama gli uomini, perchè i nostri colloqui con quel Cuore erano assai rari e poco intimi.

Non gettiamone la colpa sullo stato di profonda demoralizzazione della società, perchè vediamo, per esempio, quello che in parrocchie già scristianizzate potè fare la presenza di sacerdoti giudiziosi, attivi, generosi, capaci, ma soprattutto amanti dell'Eucaristia.

Nonostante tutti gli sforzi dei ministri di Satana, facti diabolo terribiles, attingendo la forza al focolare della forza, al santo Tabernacolo, questi sacerdoti, disgraziatamente troppo rari, seppero temprare armi invincibili che i demoni insieme congiurati non poterono spezzare.

L'orazione presso l'Altare per loro non fu più sterile, perchè divennero capaci di comprendere queste parole di san Francesco d'Assisi: L'orazione è la sorgente della grazia; la predicazione è il canale che distribuisce le grazie che abbiamo ricevute dal Cielo.

I ministri della parola di Dio sono scelti dal gran Re per portare ai popoli quello che essi stessi avranno imparato e raccolto dalla sua bocca, soprattutto presso il Santo Tabernacolo.

Un gran motivo di sperar bene è oggi il vedere una generazione di uomini di azione, i quali non si accontentano più di promuovere comunioni di parata, ma sanno facilitare lo sviluppo delle anime di veri comunicanti.

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204b Gesù Cristo si è incarnato affinchè l'uomo diventi Dio ( S. Agostino )
205 Volendo che fossimo partecipi della sua divinità, il Figlio Unigenito di Dio prese la nostra natura, affinchè, divenuto uomo, egli degli uomini facesse altrettanti dèi ( S. Tomm., Uffizio del Corpus Domini )
206 Se non mangerete la carne del Figliuolo dell'uomo e non berrete il suo Sangue, non avrete in voi la vita ( Gv 6,54 )
207 Sono venuto affinchè abbiano la vita e l'abbiano abbondantemente ( Gv 10,10 )
208 Come il tralcio non può dare frutto da sè, così neppure voi, se non rimarrete in me ( Gv 15,4 )
209 Colui che rimane in me e nel quale io rimango, questi porta molto frutto ( Gv 15,5 )
210 Restaurare tutte le cose in Gesù Cristo ( Ef 1,10 )
211 Vi dico queste cose affinchè la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia perfetta (Gv 15,11)