La Scala del Paradiso

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Grado I

Il primo capitolo del libro de santo Joanni Olimaco, e lo primo grado della Santa Scala si è della fuga del mondo, e dello rinunziamento delle cose terrene

Dal buono e sopra buono e tutto buono Iddio re nostro facciamo il principio del nostro parlare, perciò che è cosa bella e convenevole, vogliendo parlare agli servi di Dio, fare cominciamento e principio da esso Iddio.

Di tutte le criature razionali, le quali Iddio ae onorate della degnità dello albitrio, alcuni sono chiamati suoi amici, alcuni sono strani ed alieni da lui, alcuni sono avversarti, pogniamo che sieno impotenti, alcuni sono chiamati suoi nobili servidori, alcuni sono servi inutili.

E gli amici sono li santi angeli, secondo che disse lo nostro Signore Gesù Cristo nel santo Vangelio, quando parla dell'uomo che aveva ritrovata la pecora perduta, che disse, che ragunò gli amici e vicini ad allegrarsi con esso, e dispuose che erano li santi angeli questi amici e vicini.

Alieni cioè strani e peregrini da Dio sono quelli che non sono battezzati, ovvero che non ànno la fede pura e diritta.

Nemici ed avversarti di Dio sono quelli, li quali non solamente si cessano d'obbedire agli comandamenti di Dio, o non operano la volontà divina, ma quanto possono, la pugnano.

Li nobili servi sono tutti quelli, li quali la sua santissima volontà sanza pigrizia e negligenzia fanno e faranno.

Li servi inutili sono tutti quelli, li quali Iddio gli à fatti degni del santo battesimo; ma quello che nel battesimo promisono, nollo osservarono amorevolmente.

E quantunque ognuno di questi stati richiedesse propio e speziale parlamento e trattato, a noi, li quali non siamo savi, non s'appartiene di tutti questi stati special trattato e parlamento fare; ma solamente volemo parlare del secondo stato, cioè delli diletti e nobili servidori, li quali santamente ci sforzano per lo loro comandamento, e per la lor fede ci fanno violenzia a parlare di queste cose.

E però noi estendendo la nostra mano per la obedienzia, la quale non discerne se quello che è comandato, è possibile o no, prenderemo la penna della parola, cioè l'audacia del parlare, dallo sforzo che ci fanno, intignendo questa audacia del parlare, come s'intigne la penna nella tinta, nella piagnente e resplendiente umilitài; ed appressando e posando questa penna del parlamento sopra li puliti e candidi loro coraggi, come in carte e maggiormente come in tavole spirituali, dipigneremo parlamenti divini anche maggiormente sementi, cioè piccioli principii, ed immagini, cioè figure ed esempli di cose divine.

E volendo di questo stato parlare, cominciamo così: Di tutti quelli, li quali per la diliberazione del loro libero albitrio eleggono di volere Iddio, esso Iddio è la loro vita e la loro salute, o fedeli o infedeli che sieno, giusti o ingiusti, santi o impii, viziosi o non viziosi, monaci o secolari, savi o idioti, sani infermi, giovani o vecchi.

Come è uno lume ed uno specchio del sole comune a tutti, ed una successione o mutazione dell'aire comune a tutti, così è Iddio comune a tutti quelli, che vogliono lui, e non è accettatore di persone, l'uno che voglia, e l'altro non voglia.

Empio è quegli, che per natura è razionale e mortale, e volontariamente fugge la vita e 'l proprio suo fattore, il quale essendo sempiternale, estima non essere.

Iniquo è quegli, il quale abbiendo la legge di Dio e credendola, vive malignamente, e cognoscendo e volendo il contradio di quello che Dio vuole, si pensa di credere a Dio.

Cristiano è quegli, che è seguitatore di Gesù Cristo, quanto è possibile a uomo, in parlare e in opere e intenzioni, credendo perfettamente in Dio e nella Trinità Santa.

Amatore di Dio è quegli, che tutte le cose naturali usa e participa sanza peccato, e secondo la sua virtù non è negligente a niuno bene.

Astinente e continente è quegli, che stando nel mezzo delle tentazioni e de' lacci della tempesta del mondo, si studia e combatte con tutta sua forza d'avere li modi e li costumi liberi dalla tempesta del mondo.

Monaco è uno stato e uno ordine di sustanzia sanza corpo, cioè d'angeli, operato e mantenuto nel corpo materiale e sozzo.

Monaco è quegli, che solamente le cose che sono di Dio, opera e pensa e parla, ed è unito a Cristo in ogni tempo e in ogni luogo e in ogni fatto.

Monaco è quegli, che fa continua violenza alla sua natura, e continua guardia a' sensi suoi.

Monaco è quegli, che à il corpo santificato e la bocca purgata e la mente alluminata.

Monaco è quegli, che sempre sta in dolore e in pianto, e sempre s'esercita nella memoria della morte, vegghiando o dormendo.

Lo dispregiamento e lo lasciamento del mondo si è avere in odio ogni laude umana, ed annegare ogni diletto naturale per acquistare le cose, che sono sopra natura.

Tutti quelli che lasciano le cose del mondo e di questa presente vita, lo debbono fare per una di queste tre cose:

o per acquistare lo regno del cielo, e

per paura delle pene che ànno meritate per li loro molti peccati,

o per la carità di Dio, che aggia loro toccato il cuore.

Ma quegli che sanza alcune di queste intenzioni si parte dal mondo, lo partimento loro non è ragionevole; ma qual sarà lo termine della vita loro, saprallo Gesù Cristo, il quale è datore di tutti li buoni stati, e non dispregia neuno bene.

Tu che se' uscito del mondo per fare penitenzia de' tuoi peccati, prendi esempio da quelli, che stanno alle sepulture a piangere li morti loro, e non cessare di spargere le caldo e infocate lagrime, e dagli pianti e damori di cuore sanza voce, infino a tanto che tu veggi venire a te Gesù Cristo, che tolga la pietra della ciechità del cuor tuo; e come suscitò Lazzero, così liberi dagli peccati la mente tua, e comandi agli angeli suoi ministri, e dica: « Scioglietelo da' vizii e da le passioni, e lasciatelo ire alla beata impassibilità; » e se non fai così, non andrà innanzi il fatto tuo.

Tutti noi, che vogliamo uscire d'Egitto e fuggire delle mani di Faraone, al postutto abbisogniamo d'avere alcuno Moisè, cioè mezzatore tra Dio e noi, che stenda le mani a Dio per noi, acciò che sotto la guida sua trapassiamo il mare de' peccati, ed abbiamo vittoria di Amalech, cioè delle nostre tentazioni.

E però furono ingannati quelli, che si confidorono in lor medesimi, non credendo abisognare d'alcun guidatore, che lo dirizzasse per la via di Dio.

Ricordianci come quelli che uscirono d'Egitto, ebbero Moisè; quelli che uscirono di Soddoma, ebbero l'angelo per guidatore.

Li primi sono assimigliati a quelli, che sono liberati dalle passioni spirituali, cioè superbia, vanagloria, invidia, elazione, tristizia, per lo studio e per l'opera delli medici; li secondi sono assimigliati a quelli, che desiderano e sforzansi d'uscire de' vizii carnali, cioè gola, lussuria ed avarizia, e perciò abisognano d'uno aiutatore, che sia quasi uno angelo, cioè che li metta a molta stretta dieta; imperciò che secondo che le piaghe sono più fracide, così abisognano di medico più savio.

Veramente abisognano di violenza e di continua fatica e dolori di penitenzia coloro, che col corpo vogliono intrare in cielo, cioè che vogliono il corpo lussurioso e goloso conducere a castità e a scienzia, e massimamente nel principio dell'uscimento del mondo, infimo a tanto, che la mente e 'l cuore sia posto nel divino amore e nella santificazione per lo pianto efficace.

Molta angoscia veramente e molta visibile amaritudine sarà a quelli, che conversano e muoiono negligentemente insino a tanto che 'l cane, cioè la nostra mente viziosa, la qual permane nelle cogitazioni della gola e della lussuria ( come che 'l cane ama il macello e li cibi immondi ), per la simplicitade e per la profonda umilitade e per lo sollecito studio avremo fatta amatrice di castità e di visitazione, cioè d'astinenzia e d'ogni pena.

Ma pertanto confidianci noi viziosi e sanza virtù, e con ferma fede e sanza dubitazione la nostra infermità ed impotenzia confessiamo, e colla nostra mano la pogniamo dinanzi a Gesù Cristo, abbassando sempre mai noi medesimi nel profondo dell'umilità, ed al postutto ricevereno il suo aiutorio più che non è la nostra dignità.

Tutti quelli che vogliono andare a questa battaglia bella e stretta e dura e leggiere, sappiano ch'eglino vanno a combattere col fuoco, cioè colle tentazioni del demonio e della carne e del mondo; però si conviene sempre avere lo fuoco immateriale in sè medesimo, cioè il fervore della buona volontade.

E quelli che vogliono venire a questa battaglia contro alla propia natura e contro alle potenzie invisibili, pruovino sè medesimi, e mangino questo pane colle lattughe agreste, cioè colla mortificazione della carne e della propia volontà, e beano di questo calice de' vituperi e delle vergogne con lagrime, acciò che non piglino la battaglia in loro giudicio, però che sarebbe con loro iudicio e pericolo entrare nella battaglia, e non combattere ferventemente con tutta la forza loro, e con l'armi della confidenza perfetta della virtù di Gesù Cristo.

Siccome ogni uomo che si battezza, non si salva, che forse non osserva li comandamenti di Dio ( quello che seguita, tacerò ), così ogn'uomo che prende abito di monaco, non è monaco forse, se non osserva quelle cose, che si appartengono alla loro professione.

Quelli che desiderano di fare buono fondamento nel servigio di Dio, dal principio ogni cosa disprezzeranno, ed ogni cosa removeranno da sè, ed enterranno in questa casa, cioè in questo stato bello e buono di tre abitazioni e di tre cantoni, fondato sopra tre colonne, la qua' sono innocenzia, umile digiuno e castità.

Tutti quelli che sono piccioli in Cristo, con queste tre cose comincino, prendendo per esempio li parvoli sensibili, li quali queste tre cose ànno in loro, però che in essi non è crudeltade, nè durizia, nè fraude; non c'è sazietà insaziabile nè 'l ventre insaziabile, nè 'l corpo infiammato di lussuria, ma secondo che vengono prendendo più del cibo, lo corpo cresce e prende calore di lussuria.

Conviensi al postutto stare fermo in questo fondamento chi vuole intrare nella battaglia, che è nella via di Dio, però ch'è molto cosa pericolosa e dispiacevole, quando l'uomo è entrato nella battaglia, spogliarsi l'armi, però che dare' a intendere che voglia essere morto.

Anche avere fatto un buon fondamento e un fermo principio è molto utile all'anima, eziandìo poi ch'ella s'è attepidita, imperò che l'anima che comincia ferventemente e poi viene in negligenzia, sempre sarà punta e stimolata dalla memoria della sua prima sollecitudine, per la qual cosa alcuni si sono rinnovati e ritornati nella prima sollecitudine, come l'aquila che rinnuova le penne.

Quando l'anima tradendo sè medesima, perde il calore beato e sopra amabile, cerchi diligentemente la cagione per la quale l'à perduto, e contra quella cagione prenda tutto il desiderio e la punga e la sollicitudine sua, però che non potrà rientrare per altra porta, che per quella ond'egli uscie.

Quegli che rinunzia al mondo per paura delle pene, è assimigliato allo 'ncenso odorifero, il quale allo principio dà buono odore, finalmente in fummo si risolve, perciò che questi cotali cominciano ferventemente, e poi si lasciano venire in fummo di negligenzia; ma quelli che rinunziano per speranza di premio, sono come il mulino, che volge la bestia, andando sempre a un modo; ma quelli che rinunzia per la carità divina, incontanente dal principio riceve lo fuoco, e sempre cresce in fervore, come il fuoco ch'è messo nella selva.

Sono alcuni, che sopra la pietra edificano gli mattoni, e sono alcuni che rizzano le colonne sopra la terra; e sono alcuni che vanno un poco appiede, ed essendo confortati e riscaldati li nervi loro, andarono più velocemente.

Essendo noi vocali dallo Iddio e re nostro Gesù Cristo, corriamo prontamente, non aspettando tempo, chè se li dì nostri fossono pochi, usciremmo di questa vita sanza frutto di buone operazioni.

Sforzianci di piacere a Dio, come il cavaliere allo re, combattendo vigorosamente, imperò che da poi che ànno bene combattuto, dà gran doni loro.

Temiamo Iddio come temiamo le bestie, però ch'i' ò veduto uomini che andarono a rubare, li quali non temevano Iddio, ed udendo la voce de' cani, incontanente tomaro adietro; il timore delle bestie fece loro quello, che non fece il timore di Dio.

Amiamo Iddio, come noi amiamo gli amici nostri e gl'onoriamo.

Vidi alcune fiate alcuni che offesono Iddio, e non si curavano di conciarsi con lui; e vidi che questi medesimi offesono gli loro amici in minima parola, e sottomisero sè con ogni sollicitudine, con molta tribulazione rendendosi in colpa ad essi per sè e per amici e parenti e con doni, per rivocarli alla prima amistade.

Nel principio dell'uscimento del mondo al postutto con fatica e con violenza e con amaritudine operiamo le virtù, però che l'usanza è quasi convertita in natura; ma da poi che per alcun tempo averno fatto violenza a noi a queste opere virtuose, l'anima ovvero la volontà non ci à tristizia, quantunque la sensualità non sia al tutto sanza pena insieme coll'anima.

Ma quando la volontà e 'l nostro mortale sapere, cioè il sentimento della nostra mortalità, è vinto ed assorto e potestativamente subiugato dalla virtù donata all'anima, la quale gli dà perfetta prontezza, da indi innanzi operiamo le virtudi con ogni gaudio e sollicitudine e desiderio e fuoco di cuore e fiamma divina, in quanto sono laudabili quelli, che da principio con gaudio e prontezza operano le virtù, ed obediscono li comandamenti, tanto sono miserabili quelli, che dimorando lungo tempo nell'esercizio del servigio di Dio, pur con fatica adoperano le virtudi, ed obediscono gli comandamenti.

Non dispregiamo e non abbiamo in abominazione gli renunziamenti del mondo, li quali alcuna fiata son fatti non con proponimento dinanzi pensato, ma per uno santo tradimento, il quale Iddio fa all'anima per somma benignità; imperò che molte fiate questi cosi fatti rinunziamenti ànno miglior fine, che quelli che furono fatti con grande studio; siccome il seme che cade di mano all'uomo ove non vole, molte fiate fa più bello frutto, che quello che fu seminato con grande studio.

Vidi alcuni, che si scontrarono col re che venia, non per loro voglia, anzi fuggiano per non trovarsi con lui, e poi s'armarono ed entrarono nel palazzo con esso lui, e furono nel suo convito.

Vidi alcuno che andò al monasterio non per santa intenzione, ma per alcuna necessità temporale, ed essendo preso dalla molta sapienzia dell'abate, e dalla piacevole e santa conversazione de' monaci, ricevette da Dio lume di grazia e pervenne ad alto stato.

Neuno prenda scusa a non uscire del mondo e prendere stato monastico per la moltitudine e gravezza de' suoi peccati, però che questa non è umilità, anzi è amore di delettazione viziosa, per la quale non vole uscire del peccato; anzi si conviene fare il contrario, però che dove sono molte e grandi piaghe, ivi maggiormente sono necessarie le medicine per curare.

Se chiamandoci noi uno re terreno, che andassimo a lui prontamente, lasciando ogni altra cosa ed ogni altro affare, gli anderessimo.

Attendiamo a noi medesimi, che quando ci chiama a questo ordine ecclesiasticale il re delli re e Signore de' signori e lo Dio delli Iddii, per pigrizia e negligenzia non renunziamo la sua vocazione, imperò che non aremo scusa dinanzi al suo giudicio.

L'uomo che non è legato a matrimonio, ma solamente è legato alla cura delle cose mondane, e vuole andare a vita monastica, è assimigliato a quegli, che vuol correre, abbiendo le mani legate; ma quegli ch'è legato al matrimonio, è assimigliato a colui, che ae legate le mani e piedi.

Alcuni uomini mondani vivendo negligentemente, mi domandaro e disson così: « Come potremo noi seguitare vita monastica, vivendo colle mogli e colla cura delle cose mondane? »

A' quali rispuosi: « Ogni bene che potete fare, sì fate; non dite male d'altrui, non mentite, non furate, non vogliate soprastare altrui, non abiate odio al prossimo; siate solliciti al divino ufficio e alle sante compagnie, abiate compassione a' prossimi e a' poveri, non vogliate l'altrui cose, siate contenti delle vostre mogli, non vogliate altre femine.

Se così farete, non sarete di lunge dal regno di Dio. »

Corriamo lietamente alla battaglia lieta e buona del servigio di Dio, non dubitando nè temendo li nostri nemici, però ch'egli risguardano nella faccia dell'anima, avvegnadio che non la veggino chiaramente, se non per dimostramenti di segni per loro sottile intendimento e per lunga esperienzia; e se veggono l'anima cambiata per paura, allora fermano più la battaglia, e più crudelmente combattono, conoscendo li fraudulenti inimici, che noi avemo paura; e imperò noi lietamente ci armiamo centra loro, però che contra l'ardito combattitore niuno combatte volentieri.

Lo Signore dispensativamente agevola le battaglie agli cominciatori, acciò che non sbigottiscano per le forti battaglie dal principio, e ritornino al mondo, e però s'allegrino in Dio tutti li servi suoi, conoscendo in sè medesimi questo primo segno della carità del re loro; e per la vocazione che ae fatta di noi, e per questa sollecita cura che ha di noi, spesse fiate Iddio ci si fa conoscere, ma io vidi alcune anime forti e virili, alle quali incontanente dal principio Dio permise loro forti battaglie, vogliendole tosto coronare.

Lo nostro Signore Iddio non permette a quelli, li quali stanno nel mondo, che sappiano le battaglie che sono nella via di Dio, le quali battaglie quelli che poco conoscono, le reputano importune; ma veramente sono opportune, però che se le sapessono, neuno uscirebbe del mondo.

Dà prontamente a Gesù Cristo le fatiche della tua gioventudine, e rallegraratti nella vecchiezza delle ricchezze delle virtudi perfette; imperò che quando gli uomini sono vecchi, si nutricano di quello, che ànno guadagnato nel tempo della gioventudine; e però noi giovani affatichiamci ferventemente, e coniamo sollicitamente, però che la morte è incerta.

Veramente noi avemo nimici maligni e crudeli, sagaci e potenti e non dormenti, immateriali e invisibili, li quali tengono il fuoco in mano per ardere il tempio del nostro Signore Gesù Cristo, il quale è in noi; e però niuno giovane consenta e creda alli suoi nimici demonia, li quali dicono così: « Non consumare nè affliggere lo corpo tuo e la carne tua, acciò che non caggi in infermità; » e per questo consiglio appena si truova neuno di questa presente generazione, che voglia un poco mortificare la carne sua, nè privarla di cibi dilettevoli.

E la intenzione di questo demonio, che dà questo consiglio, è questa, di farci fare il principio della nostra conversione pieno di negligenzia, acciò che 'l fine nostro sia ancora peggiore.

Quelli che saviamente vogliono servire a Gesù Cristo, nel principio si commettono al consiglio ed alla obedienzia de' santi padri spirituali, li quali cognoscono le coso utili all'anime per la famigliarità che ànno con Dio; e per lo consiglio e per la obedienzia loro prendono luogo e modo e stato convenevole a sè, però che li monasteri non sono utili ad ogni uomo, e massimamente a chi è troppo lieto vanamente e goloso, nè li remitorii utoli a chi è tristo o furioso o iroso.

Però si conviene considerare a quale di queste passioni l'uomo è più inchinevole.

Tutto lo stato e la conversazione monastica si contiene in tre stati generali;

e l'uno si è stare l'uomo solitario e partito corporalmente dalla gente;

l'altro si è stare ad obidienzia sotto il padre spirituale con uno o con due compagni;

l'altro è dimorare nel monasterio con pazienzia.

Lo stato di mezzo è più convenevole a molti, e il primo è più pericoloso, come dice la santa Scrittura: Guai al solo, imperò che se cade in accidia in sonnolenzia o in negligenzia o in lascivia disperazione, non ae neuno uomo che l'aiuti rilevare; ma ove saranno due o tre ragunati nel mio nome, dice il Signore, io sarò nel mezzo di loro.

Chi è quel monaco savio e fedele, il quale sotto obedienzia e subiezione, e sotto la fatica e 'l dolore conservi il suo fervore sanza raffreddamento, e infino alla morte sua non cessi di crescere continuamente fuoco a fuoco, e fervore a fervore, e desiderio a desiderio, ed amore ad amore, e sollecitudine a sollecitudine?

Questo cotale colli Serafini sarà computato.

Questo è il primo grado della santa Scala; tu che ci se' salito, non ti volgere alle cose di dietro.

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