La storia della Chiesa

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§ 54. Federico II. La fine degli Hohenstaufen

I. Presupposti culturali e politici

1. L'ultimo significativo rappresentante degli Hohenstaufen fu Federico II, una figura geniale, ma anche fantasiosa ( 1212-50 ).

Contro di lui ancora una volta il Papato dovette difendere la « libertà » della Chiesa.

Ma con Federico entriamo già, per molti aspetti, in un'epoca che da l'impressione di essere moderna.

L'atmosfera nella quale vien condotta la lotta, non è più soltanto quella compatta cristiana del XII secolo.

I germi della decomposizione hanno già prodotto i loro effetti.

Sono evidenti gli inizi di un sovvertimento della coscienza e della mentalità sociale, politica ed ecclesiastica, anzi alcune idee di Federico non si possono più chiamare cristiane; in lui è già evidente un grave dissolvimento interno dell'unità culturale dell'alto Medioevo.

Ma anche in questo ultimo atto della tragedia dell'alto Medioevo, nella quale le forze-guida si combattono a morte, il giudizio non deve dimenticare il fatale groviglio delle forze in gioco; e giudicando lo sviluppo unilaterale di Federico dobbiamo tener presente la tragica conti addizione nella quale si vide sempre posto il senso crescente per le legittime esigenze dello stato autonomo, di fronte alle pretese papali.

2. L'idea imperiale di Federico era ambigua; per questo doveva fallire.

Da una parte si atteneva alla concezione, già di Barbarossa, che voleva un potere imperiale dominante anche la Chiesa.

Dall'altra, questa volta era proprio il rappresentante dell'idea imperiale ad assumere degli atteggiamenti moderni « nazionali »:

a) Nel suo scritto ai rè di Francia e d'Inghilterra egli rinunciò all'universalità dell'Impero; ciascun principe doveva occuparsi della sua terra d'origine,

b) Egli stesso risiedeva di preferenza nel suo regno di Sicilia ( che organizzò e amministrò in modo esemplare; primo stato burocratico moderno e assolutistico e, nello stesso tempo, primo passo importante verso una organizzazione politica pervasa di spirito laico),

c) La Germania invece fu abbandonata prevalentemente ai tutori di suo figlio.

In tal modo fu promosso in maniera decisiva il processo autonomistico dei singoli territori civili ed ecclesiastici dell'Impero, e il potere centrale ne restò perciò indebolito: statutum in favorem principum del 1213.

Alla crescente potenza territoriale s'aggiunse, presso i prìncipi ecclesiastici, una crescente mondanizzazione.

Ambedue questi fatti ( con le loro conseguenze ) costituirono una delle grandi cause che prepararono l'epoca moderna, e, in ultima analisi, una delle condizioni per il successo della Riforma.

3. Anche qui, naturalmente, bisogna distinguere tra compimento storico di princìpi di sviluppo precostituiti e fallimento personale.

In gran parte Federico legalizzò soltanto situazioni già esistenti che, da parte loro, si erano affermate in modo autonomo, contro i diritti della sovranità imperiale.

Una conservazione dell'Impero universale sarebbe stata possibile soltanto in unione col Papato.

Ma poiché le due concezioni fondamentali non collimavano, o non potevano collimare, la lotta portò inevitabilmente al dissolvimento dell'Impero universale.

La lotta lunga, aspra e talvolta implacabile che Federico dovette combattere col Papato, le smisurate esagerazioni della sua figura nella polemica pubblicistica dopo la nuova scomunica del 1239 ( considerato imperatore-messia da una parte ed eretico radicale dall'altra ), tutto ciò ha fatto sì che certi particolari del suo pensiero fossero esagerati ed egli stesso fosse considerato come il nemico della Chiesa e un pagano.

Queste sono interpretazioni errate partendo da un modo di pensare moderno.

Federico morì, rivestito del saio dei Cistercensi e ricevette i sacramenti dalle mani dell'arcivescovo di Palermo.

E pur tuttavia non va dimenticato nelle sue concezioni l'elemento moderno-sincretista.

Molte cose, certamente, dipendono dalle circostanze ma ora gli elementi più importanti affondano le loro radici in ciò che era fondamentale.

La sua vita fu senz'altro a-religiosa o, diciamo meglio, indifferente; in quello che i contemporanei ammirano come « stufar mundi et immutator mirabilis », incontriamo anche delle espressioni pericolose.

Le formule cristiane e teologiche nelle quali egli esprimeva, in modo straordinariamente efficace, la sua alta coscienza di sé e promulgava al mondo i suoi decreti, erano per lui solo dei mezzi per i suoi fini politici.

Egli visse in Sicilia, la « terra promessa delle religioni diverse », e si circondò intensamente della esuberante civiltà araba non cristiana.

In tal maniera egli introdusse nella vita culturale-religioso-morale dell'Occidente altri pericolosi germi di dissoluzione.

Questi elementi, allora, non poterono ancora attestarsi: nonostante quanto è stato detto, questo fu tuttavia il tempo nel quale l'Occidente cristiano celebrò i suoi trionfi in tutti i campi e creò le sue imperiture opere ecclesiastico-cristiane ( ordini mendicanti, teologia, cattedrali ).

Il grande tema « Federico II » ci manifesta in tutta plasticità un elemento essenziale del divenire storico, la sua complessità.

Ogni storia è sempre a più strati e le sue correnti non scorrono tutte parallele.

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