Fratel Teodoreto ( Prof. Giovanni Garberoglio )

Indice

Umiltà

Qualche lettore attento farà notare essere l'umiltà virtù religiosa e cristiana, anziché umana; e che quindi il posto di parlane sarebbe stato in uno dei capitoli precedenti.

Gli do ragione; ma io l'ho serbata per questo capitolo, dove ci sta altrettanto bene, perché l'umiltà dev'essere una della virtù più tipiche del « Fratello delle Scuole Cristiane », la cui situazione gerarchica di fronte alla Chiesa è delle più nascoste.

Gli si impone quindi tanto più di corrispondervi con i sentimenti personali d'una modestia cordiale e sincera.

Proprio come fece Fratel Teodoreto, che a questa virtù diede un'importanza eccezionale e vi pose un impegno particolarissimo.

Prestiamo orecchio anzitutto a quanto scrive il Fr. Angelo, che subito all'uscire dal Noviziato, nell'agosto 1905, ebbe il Fratel Teodoreto come Direttore dello Scolasticato nel periodo estivo.

Avendo egli udito dire più volte dal Fr. Paolino sant'anima: « Se volete vedere la Regola vivente, osservate il Fratel Teodoreto », pensiamo se puntò sopra di Lui quei suoi occhi aguzzi e indagatori!

Ma lasciamo che parli da sé ... Non sarà imbrogliato davvero:

"Quale non fu la nostra meraviglia nell'udire il Fratel Teodoreto che noi riguardavamo come un modello, pregarci di avvertirlo qualora commettesse qualche irregolarità e, senza volerlo, scandalizzasse noi, che uscivamo freschi dal Noviziato.

Per incoraggiarci ad avvertirlo, ci promise la recita d'una Corona e l'offerta di non so più quale opera buona; ma gli avvertimenti non gli arrivavano.

"Dopo averci pregati alcune volte in bella maniera, in una conferenza "ci toccò un poco il tempo", dicendosi meravigliato che noi, usciti appena dal Noviziato, prendessimo le cose piuttosto alla leggera, e che nessuno gli avesse ancora usato la carità di cui parecchie volte ci aveva pregati; e diceva con convinzione non essere possibile che, venendo egli dalla comunità, non commettesse, involontariamente s'intende, qualche irregolarità che noi potevamo rilevare.

Ma poiché, nonostante il richiamo, gli avvertimenti non arrivavano, alla conferenza seguente abbassò alquanto il tono e disse: "Ho pensato che, se nessuno mi ha ancora usato la carità di cui li ho pregati tante volte, ciò dipenda dalla soggezione che possono avere di me, più anziano e attualmente superiore; perciò facciamo così: io metterò sulla cattedra un quaderno, e Loro vengano tranquillamente a scrivere quello che hanno notato; in tal modo saranno più liberi.

Tornò a promettere per ogni avvertimento la recita di una Corona...".

Ma anche allora il quaderno restò bianco.

Per qualche volta Egli fece notare che il quaderno attendeva,... poi non ne parlò più.

"Il suo assillo allora era l'acquisto dell'umiltà: ne parlava sovente e con termini che denotavano la stima e l'amore che aveva per questa virtù e lo studio che metteva per acquistarla ad ogni costo.

"Ecco, diceva, io vedo sempre più che tutto si riduce all'umiltà".

"Di questa virtù doveva avere delle cognizioni molto profonde, poiché parecchi anni dopo lo udii dire: "L'umiltà è una virtù tale, che moti religiosi muoiono senza sapere che cosa sia".

Diceva che il vero umile non s'insuperbisce dei doni che ha, poiché li riconosce doni di Dio, e attribuisce tutto a Lui; e citava a conferma questo fatto: quando S. Francesco Regis dava in Francia le sue missioni, giunse colà la notizia che in Italia era morto un grande Santo, non ricordo quale; mentre il pubblico commentava, egli disse tranquillamente: "Sì, veramente un gran santo; ma io sarò glorificato prima di lui". Come difatti avvenne.

"Penso che qualcosa di simile sia occorso anche al Fratel Teodoreto, quando trovò scritto sui quaderni dell'amico Fra Leopoldo che: "sulla tomba di Fratel Teodoreto si sarebbero operati m. m."; i quali m naturalmente s'interpretano molti miracoli".

Ed Egli deve averlo ben compreso, poiché si diede gran premura di cancellare quelle parole meglio che poteva...".

È fin troppo noto che il « brodo di allodole » è fra quelli più universalmente gustati.

Tra i pochi a cui non piaceva, dobbiamo però mettere il Nostro.

Ce ne fa testimonianza, fra altri, il Fr. Agapito Carlo:

"Il Fratel Teodoreto soffriva visibilmente nel sentirsi lodare e nel ricevere manifestazioni di stima.

Più volte ebbi modo di constatarlo.

"1° - In una riunione dei Congregati del SS. Crocifisso da Lui presieduta, uno dei membri si permise, sia pure in tono moderato e con parole convenienti, di rivolgere un elogio al Fondatore della Pia Unione...

"Il Fratel Teodoreto abbassò gli occhi, poi cominciò a dare segni di disappunto, e finalmente disse con tono risoluto: "Fa' presto!", e quello si affrettò a concludere...

"2° - In occasione di una festa scolastica, l'oratore P. Giulio O. P. rivolse parole di elogio al Fratel Teodoreto, suo amico maestro alla Scuola Consolata...

Ma questo aneddoto è narrato più in disteso dal Catechista Congregato rag. Cesone, al quale quindi passo la parola:

"Rileggendo sul Bollettino "L'amore a Gesù Crocifisso" ( Luglio-Settembre1922 ) la relazione fatta dal Fr. Norberto di v. m. sulla festa annuale, della nostra Unione, mi pare di rivedere la scena del cortile di Via delle Rosine, addobbato a festa e gremito di pubblico: benefattori, parenti, catechisti ed allievi della Scuola Arti e Mestieri.

Presiedeva S. E. il Card. Agostino Richelmy, in quel giorno molto stanco, il quale era circondato da folto nucleo di autorità: il Conte Alessandro Arborio Mella, il Presidente della R.O.M.I., Mons. Maritano; il Rev. P. Vallaro O.F.M., il Rev. P. Maccano ecc.

Oratore della festa era il Rev.mo P. Reginaldo Giuliani, eroico cappellano militare ed ex allievo dei Fratelli.

Il bollettino riporta i concetti illustrati dal valoroso Cappellano sull'importanza della educazione dei giovani operai, ma non dice ( si vede che la censura fu ovviamente inesorabile ) che il Padre Reginaldo verso la fine del suo appassionato discorso fece tale elogio pubblico e solenne del Fratel Teodoreto, suo maestro, che il pubblico scatta in piedi, con caloroso battimano chiamò alla ribalta il pio Direttore che si era nascosto e fu poi costretto dai suoi Confratelli a salire sul palco, per Lui in quel momento ferale.

Rosso in viso, quasi piangente, s'inginocchiò ai piedi del Cardinale Arcivescovo e fu benedetto.

L'assemblea allora si placò e sospese i battimani e noi catechisti che eravamo fra i più feroci crocefissori, gongolavamo di gioia per il tributato a Fratel Teodoreto.

Però finita la funzione, salutati tutti i convenuti, senza dir niente a nessuno Egli dovette ritirarsi in cella ( ed era veramente una cella che prendeva luce da un finestrino dall'alto ) e per quattro giorni fu soggetto a febbre altissima.

Saputa la cosa, i Catechisti capirono il loro sbaglio e proposero di evitare per l'avvenire tali emozioni al caro Direttore, che era così provato nella sua grande umiltà".

Dal che appare evidente, che non solo il brodo d'allodole non era di suo gusto, ma che gli riusciva inoltre particolarmente ... indigesto!

Anche il Fr. Eligio ne fece l'esperienza.

Avendo una volta chiesto al Fratel Teodoreto, che da Pessinetto si recava a Torino, di fare certi acquisti di « Manicotti meccanici e riduzioni » per un impianto d'acqua potabile, si stupì che, senza essere del mestiere, l'avesse imbroccata in pieno, e gliene porse complimenti vivissimi.

Lo vide tosto farsi serio, come se quelle parole sonassero offesa, ed egli fu pregato di tacere.

Poco dopo, una volta ancora, si sentì ripetere con tono di profonda convinzione e di rammarico: « Non lo dica mai più! ».

Torniamo a Rivalta, dove il Fratel Teodoreto ogni estate si recava a dare una mano al Direttore del Noviziato, nel periodo in cui vi erano i Postulanti.

Il Fr. Corrado ce lo mostra in due atteggiamenti, nei quali brillano insieme umiltà, carità, semplicità.

Il primo lo descrive in umilissimo ufficio, al quale non era per nulla obbligato:

"Era l'ora della monda dei legumi per la cucina.

Egli usciva dalla Cappella, dopo aver recitato con noi l'Ufficio, e correva in camera a prendere il suo grembiule tutto rattoppato.

Arrivava col fiato un po' grosso, dopo di noi, e tutto rosso in viso.

Nel cassetto non restavano che il pela-patate più scadenti ( a usarli, c'era da arrabbiarsi tante volte al minuto ).

"Ebbene, tra quelli sceglieva il più malandato e si metteva al lavoro col suo sorriso inconfondibile.

Noi stavamo male a vederlo girare e rigirare le patate, senza riuscir a sbucciarle.

Niente da fare! Mai una volta l'ho visto accettare un ferro migliore!".

Il secondo atteggiamento lo coglie invece sulla cattedra, in nobile ufficio, reso a Lui estremamente difficile dalla naturale lentezza della parola, e ora dai ripetuti « colpi », che ne lo avevano privato per qualche tempo, senza che se ne sia ripreso completamente più mai:

"Negli ultimi anni si esprimeva con estrema difficoltà.

E anche l'ascoltarlo riusciva penoso... Parlava piano, adagissimo ( si potevano registrare tutte le parole ), senza pretese, e sovente leggeva; così, dopo un poco, la sala era una specie di dormitorio...

Un giorno sembrava che egli non se n'accorgesse e continuava.

Ad un tratto uno terminò il sonnellino e si scosse.

Allora il santo vegliardo intervenne pacato: "Lo so che vi faccio dormire".

E, candidamente: "Anche io faccio l'obbedienza. Parlo come posso; e voi ascoltate come potete".

Noi allora a protestare che era colpa del caldo, del mezzogiorno...

Egli continuava a schermirsi, a scusarci e ad accusarsi!...".

Ora ne racconto una proprio bella e anche un po' grossa; o meglio, la racconta un teste oculare, un postulante dell'infornata rivaltese 1945-46:

"Durante una ricreazione si passeggiava avanti e indietro, come è nostro uso, nel lungo corridoio della cappella.

A gruppi di sei: tre novizi, tre postulanti.

Si stava parlando del Fratel Teodoreto, giunto fra noi da poche ore.

Sul più bello del discorso intorno alla santità del Nostro, un postulante, che doveva poi uscire dalla Congregazione, saltò su a dire abbastanza sguaiatamente:

- Però, avete visto che bocca larga ha Fratel Teodoreto? Ha proprio una faccia da scimmia!

Non s'è ancora spenta l'eco delle "fatidiche" parole, che sbuca, lì dall'angolo, proprio Lui, indesiderato e inaspettato "lupus in fabula", il Fratello Teodoreto in persona.

Silenzio glaciale di tutti. Terrore dipinto sul volto dell'incauto.

Fratel Teodoreto avanzava. È ad un passo. Adesso arriva l'intemerata. Ha sentito tutto. Non può mancare.

Ci si aspetta che diventi rosso di vergogna o di collera. L'irriverenza è enorme.

Invece no. Passa accanto e ride. Ci guarda, ci fa un inchino e prosegue ridendo.

D'un sorriso saltellante che pare dica: - Ah, questa sì ch'è bella! Non l'avevo sentita prima d'oggi!

Il sorriso dei santi che se n'andavano lieti d'aver patito contumelia...

I commenti ognuno li immagini.

Non si sapeva se maggiormente biasimare l'incauto "ciarlator petulante", o se esaltare la virtù sorridente di Fratel Teodoreto, ch'era parso molto più sorpreso e divertito dalla novità del paragone, che non offeso da ciò che aveva di spiacevole per Lui.

E quasi non gli riusciva di stare serio neppure quando il colpevole andò a chiedergli scusa, umiliatissimo; così che toccò al santo Fratello confortarlo della sua mala sorte" ( Fratel Gabriele dell' Addolorata ).

Se l'umiliazione pareva causargli una così intima gioia, pensiamo quanto le esibizioni di sé medesimo fossero nel suo stile!

Si sarebbe invece potuto supporre che avesse fatto suo un motto caro al compianto Fr. Goffredo, ch'ebbe sempre per il Nostro una grande ammirazione e devozione: il motto « scomparire ».

Nelle circolari dell'Unione, sul Bollettino, avrebbe voluto che il suo nome non comparisse mai.

« Una volta, in una circolare di propaganda, esso era stato scritto, perché sembrava indispensabile.

Egli chiese di avere la minuta, ne cancellò il proprio nome e lo sostituì con una vaga perifrasi » ( Fr. Anastasio ).

Meno che mai gradiva di vedere in giro la sua fotografia.

« Frate Anastasio, - disse un giorno, e pareva non trovasse le parole per esprimere il suo pensiero - so che si va nei paesi a fare conferenze sulla Divozione a Gesù Crocifisso e sull'Unione Catechisti.

Temo che fra le diapositive ci sia anche la mia fotografia ... Ne avrei molto dispiacere ».

E le sue parole erano tanto accorate!

Guai se avesse saputo che, non solo si proiettava la sua immagine, ma che era accolta con interminabili ovazioni!

Io che scrivo ricordo bene - e chissà quanti altri Fratelli ricordano come me! - le solenni strapazzate con cui l'Assistente Generale Fratel Candido lo invitava talvolta a parlare dell'Unione ai Fratelli in Ritiro, « senza farsi pregare con falsa umiltà ».

Picchiava sodo, perché sapeva con chi aveva da fare .. 

E può ben darsi che, in taluni degli atteggiamenti prima accennati, l'umiltà non fosse giunta ancora a quel grado più perfetto nel quale i santi meno s'inquietano della « bella figura » che fanno, ritenendo che tutto è dono del Signore, e che la lode in fondo si riferisce a Lui solo.

È certo che, negli ultimi anni, Fratel Teodoreto non si faceva più pregare per parlare dell'Unione, ovunque lo si richiedesse; e non solo nel suo Distretto religioso torinese, ma anche in quello romano.

Allora parlava come non si trattasse di Lui, come se Egli quasi non vi entrasse: campeggiava solo Gesù Crocifisso, e per sé c'era quello splendido e opportunissimo paravento di Fra Leopoldo Musso, dietro cui Egli si nascondeva: così che non sapremo mai esattamente se talune comunicazioni celesti non avessero avuto Lui come diretto protagonista, anziché il pio Amico francescano.

Per lo stesso motivo si adattava a firmare gli articoli e a stampare il suo nome d'Autore sulla biografia di Fra Leopoldo.

L'umiltà invero non consiste nell'anonimato, quando si tratta di un'opera; ma ben piuttosto nell'accettare volentieri che sia criticata, poco letta, taciuta, giudicata sfavorevolmente o anche solo con mediocre entusiasmo.

E Fratel Teodoreto accettava critiche e consigli, non solo nell'arringo letterario, ma nella vita pratica, anche quando, essendo superiore, la cosa riusciva senz'altro più difficile.

Ecco la tipica testimonianza d'un Fratello:

"A Santa Pelagia giunsi proveniente dal Gonzaga, dove avevo avuto come Direttore il Fr. Damiano Francino, del quale ero un ammiratore entusiasta come di persona altamente competente in fatto di educazione.

"Egli aveva profittato della situazione particolare della casa, in quel primo anno di vita, fra l'altro per darmi, sotto forma di conversazione ricreativa dopo cena, degli ottimi suggerimenti pedagogici.

"Quando capitai a Santa Pelagia, giovane ancora ed inesperto, nella mia ingenuità mi credetti, invece, forte di quei consigli, addirittura "bravo" nel campo educativo e bene ancorato; così che, secondo le circostanze, mi permisi di trasmettere al Direttore Fratel Teodoreto qualcuno di quei suggerimenti.

Fu certo una grande ingenuità da parte mia.

Pure quel sant'Uomo, anziché mostrarsene infastidito o tenere un contegno di riserbo, me ne fu assai riconoscente; e, adducendo di essere sempre stato nella stessa casa, e di non aver quindi potuto vedere e conoscere molto nel campo educativo, più di una volta si mostrò desideroso d'altri suggerimenti del genere" ( Fr. F. ).

Accettava i suggerimenti anche dai giovani; e, se gli paresse d'aver mancato, per eccesso di zelo verso uno di loro, non mancava di riparare.

Qui è appunto uno di essi che racconta; e la doppia scena è descritta così vivamente, che sarebbe peccato non leggerla nella sua relazione autentica:

"Anni di guerra. Nella scuola, orario unico. Si tornava a casa stanchi, sgolati.

La maggior parte eravamo giovani, esuberanti di vita.

In refettorio si leggeva... Leggeva anche il Direttore Fratel Teodoreto.

"Un giorno il sottoscritto, con fare piuttosto nervosetto, confidò al vicino i suoi sentimenti di poco entusiasmo circa la lettura in quell'ora.

Il Direttore sentì, accennò uno scatto: preludio alla meritata romanzina? - Affatto!

Mi guardò con due occhi che esprimevano tutta la sua sofferenza, e ... "Fratello!", disse soltanto; poi tacque!

Quella parola detta in quel modo, fu più eloquente per me che non un lungo discorso.

"Ma non è tutto.

"A sera, dopo le preghiere, sento bussare alla porta della mia cameretta.

È il Direttore che viene a chiedere scusa al fratello giovane, del quale era tutto il torto.

"Capirà, ho esagerato; quindi le chiedo il perdono e l'abbraccio fraterno".

"Non valsero le ragioni a persuaderlo che ero io il colpevole... Ritornò raggiante e felice"! ( Fratel Antonio Mascherpa ).

E quando l'obbedienza gli faceva cenno di scendere dallo stallo direttoriale e di rientrare nei ranghi come inferiore, se c'era uno contento, quest'unico era proprio Lui, che si sentiva così bene al suo luogo nell'ultimo posto!

E il nuovo Direttore, fosse pur giovane, fosse pure stato inferiore suo, era tosto messo in pieno agio, perché Egli lo colmava di deferenza religiosa, sincera e cordiale.

Ce lo dice tanto bene, per averlo sperimentato, il Fr. Angelino Villata, quando successe a Lui nel governo della Comunità di Santa Pelagia.

"Il primo sabato sera - giorno in cui i Congregati del SS. Crocifisso si riunivano nella sala di Via Po per i loro esercizi - Fratel Teodoreto, dopo avermi chiesto il permesso di continuare nella pia abitudine, mi pregò pure di rivolgere loro due parole.

Accettai volentieri per fargli piacere, e ricordo che il più attento e il più deferente fu proprio Lui".

"Quando poi parlavo alla Comunità, il Fratel Teodoreto mi seguiva con una attenzione e un rispetto che mi mettevano in un vero disagio.

Si vedeva chiaro che il suo spirito di Fede gli faceva scorgere nella mia povera persona e nella mia povera parola, il Signore medesimo.

"Credo di non avere mai messo tanto impegno nel preparare le conferenze da fare ai Fratelli, come allora.

Tanto è che pregavo grosso il Signore di tenermi la mano sul capo, perché non avessi a deludere le aspettative di una così santa Anima a me affidata".

Questo per quanto si riferisce alle conferenze.

E per il « rendiconto di condotta », quale sarà stato il suo comportamento?

Ecco soddisfatta dal medesimo Relatore anche questa legittima curiosità:

"Dopo qualche giorno, chiamai i Fratelli al "rendiconto", e il Fratel Teodoreto, non appena si avvide che erano passati i più giovani, mi si accostò e mi pregò di ricevere anche Lui.

Lo accontentai senz'altro; però in cuor mio avevo un certo affanno, e mi dicevo: "Come potrò fare il "rendiconto" a questo sant'Uomo, che è stato già mio direttore spirituale agli Esercizi di 20 e di 30 giorni?"

"E quando lo ricevetti con il saluto nostro di Comunità: "Viva Gesù nei nostri cuori!", Egli mi rispose con un "Sempre!" pieno di un sorriso celeste, e mi volle baciare la mano.

"Mi feci un po' di coraggio e cominciai: "Caro Fratel Teodoreto, Lei è stato mio buon direttore ai 20 ed ai 30 giorni, e mi ha dato allora tanti ottimi consigli che mi hanno giovato nella mia vita religiosa... consigli che io certo non saprei darLe; l'unica è che parliamo del Signore e ci edifichiamo a vicenda...

"E fu allora che il Fratel Teodoreto, nella sua umile semplicità mi diede una lezione coi fiocchi, per cui rimasi proprio interdetto.

"Carissimo, Lei in questo momento ha la grazia di stato: mi faccia il "rendiconto"; ne ho tanto bisogno".

"E tirato fuori un taccuinetto, cominciò a dirmi le sue cose, con una semplicità che proprio mi incantava.

Più volte mi supplicò di avvertirlo senza timore dei suoi difetti, ché Lui avrebbe fatto di tutto per emendarsi.

"Non dico il bene che mi fece quel primo colloquio, come superiore, con il Fratel Teodoreto, e quanto gliene fui grato.

Perché, oltre tutto, mi seppe esporre, con grande precisione e delicatezza, gli inconvenienti ch'Egli aveva notati nella sua breve direzione della Comunità di via Po; inconvenienti che "Lui vecchio - contava quasi il doppio dei miei anni - non aveva saputo evitare", come affermava nella sua umiltà".

E, passando ad altro argomento, lo stesso Fr. Angelino attesta:

"Quanto fosse delicato coi Fratelli valga a dimostrarlo questo semplice accenno.

Durante la mensa, capitava di leggere la vita o il nome del Santo protettore di uno dei presenti.

Allora io facevo gli auguri all'interessato e i Fratelli si univano volentieri in tale dimostrazione di religiosa simpatia.

Il Fratel Teodoreto, già alquanto sordastro, non si rendeva sempre conto immediato di quella insolita gioia.

E in una simile ricorrenza, prendendomi una mano, mi disse: "Come fa piacere ai Fratelli ricevere gli auguri pel loro onomastico!

Quand'è la festa di qualcuno, mi avvisi, perché anche io mi unisca ai rallegramenti comuni.

Sono tanto distratto che non ci penso neppure; poi non sento gran che la lettura,... e non vorrei essere sgarbato in queste circostanze, col giungere in ritardo negli auguri!".

Indice