Diario di Cesone

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11 gennaio 1931

Umiltà ( 438 - 439 )

Noviziato dei Catechisti

Conferenza del Fr. Teodoreto

Quella passione di abbassarsi che getta l'anima nella confusione, non arriverà al punto di accecarla e impedire di vedere ciò che Dio le ha dato?

Nessuna virtù accieca.

Noi siamo nulla, ma Dio ci ha fatto quello che siamo e dato quello che abbiamo.

L'umiltà figlia della luce, non ci impedisce di considerare i nosri doni.

Essa non ci inclina direttamente a questo, ma lo fanno altre virtù.

Dallo sguardo a questi doni essa ricava il suo atto più elevato, il suo atto essenziale: la glorificazione.

Vedendosi ricca di doni e possedendo Iddio di cui è immagine, essa non è inorgoglita dai suoi destini e dal suo stato attuale; sapendo che tutto viene da Dio, gliene rende continui ringraziamenti.

Questa forma di umità è essenzialmente riconoscente: tutto le pare un segno di amore ela spinge ad amare di più.

Anche da ciò che le manca prende occasione di benedire Iddio, ritenendosi indegna dei favori che non ha e pensando che se li avesse ricevuti ne avrebbe certamente abusato.

Essa fa un omaggio di tutto al Creatore.

Essendo libera, essa è cooperatrice di Dio.

La grazia senza il suo consenso, non potrebbe ricavare alcun meritò.

Essa conosce però che nel libero esercizio del suo operare non è più libera da Dio di quello che lo sia stata nel fatto della sua esistenza.

Senza Dio non può far nulla.

Se capita che in certo modo operi all'infuori di Dio, cioè fuori della Sua volontà, quell'atto è qualche cosa di negativo, un errore, un peccato, un tradire il proprio essere.

Solo questi atti le appartengono di proprietà esclusiva.

Se invece l'atto è buono, l'anima ne è debitrice a Dio, quindi ne deve dar gloria a Lui.

Quell'azione è senza paragone più opera di Dio che sua.

Quando l'anima si sente lodata, se accetta questa gloria ( legittima se meritata ) non la prende mai se non in Dio e la dirige a Lui tutta intera: Che ho io che non abbia ricevuto?

E se tutto ho ricevuto di che cosa mi glorierò?

Questo puro amore della verità, questa santa passione della giustizia dà la creatura a Dio, assicura la suprema riuscita di Dio, fa dell'anima un cielo vivo.

La triplice pienezza di Dio è la ragione prima e la regola dell'umiltà.

I suoi ati essenziali sono: di sottomettere la creatura a Dio, di mantenerla nella confessione sincera e pratica del suo nulla, di fare ogni cosa, ma specialmente in tutte le sue opere un omaggio a Dio.

Tra Dio e la creatura non è possibile alcuna relazione senza questa umiltà

S. Tommaso d'Acquino e S. Teresa d'Avila non furono mai tentati di vana gloria, perché assai illuminati.

L'umiltà dei santi in questo mondo, per quanto esimia, è assai inferiore a quella dei Beati del Cielo, essendo questi nella pienezza della luce.

La più umile delle creature. Maria SS.

Ma la più grande miltà è quella della SS.ma umanità di G. C.

Essa corrisponde come virtù a quello che l'unione ipostatica è come grazia.

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