Diario di Cesone

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8 marzo 1931

Umiltà ( 457 - 458 - 459 )

Noviziato dei Catechisti

Conferenza del Fratel Teodoreto

Umiltà verso il prossimo

L'umiltà è il senso pratico del divino: lo trova nel prossimo e si abbassa ovunque abita Iddio.

Ha per l'autorità una sommisione perfetta, un omaggio, un rispetto, una specie di culto.

La fede trapassa l'umano e fa vedere la realtà divina.

La certezza della fede forma il motivo e la santità del nostro abbassamento e ne costituisce pure la grandezza: non abbiamo altro padrone all'infuori di Dio.

L'umiltà si abbassa davanti all'uomo battezzato.

Non scorge le mancanze, ma cerca e scopre il divino in tutte le persone, le onora internamente ed esternamente, pur deplorando il male.

L'umile riconosce i propri doni, però considera negli altri piuttosto le virtù e in sé piuttosto i difetti.

Per ritenersi inferiore agli altri basta confrontare il divino altrui con i difetti propri.

Questa è un'abnegazione dolorosa, ma molto benefica a sé e agli altri.

É un principio di unità e di autonomia.

Non disprezziamo mai nessuno; rileviamone il lato buono.

Se dobbiamo richiamare qualcuno all'ordine facciamogli umilmente sentire che per molti lati ci confessiamo inferiori a lui.

Mettiamoci in spirito al disotto di tutti, considerando il profitto che forse avrebbero fatto gli altri se avessero ricevute tante grazie come noi a imitiamo S. Paolo che si diceva minimo fra i santi.

Umiltà verso se stessi

É la cura di acquistare, conservare, perfezionare l'umiltà

Dice S. Tommaso d'Aquino che l'umiltà è una specie di primo principio nell'ordine della vita morale.

Nell'ordine delle virtù essa occupa il primo posto perché scaccia l'orgoglio e rende l'uomo interamente disposto alle effusioni della grazia ( S. T. ).

Giustamente è detta fondamentale perché non vi è nulla di stabile senza la sua influenza: essa è base e cemento della vita spirituale.

Mezzi per acquistarla: Consideriamo noi stessi con serietà, come ci guarda Iddio - senza timidezza e debolezza o adulazione o illusione o indulgenza -

Consideriamoci nel presente e nel passato e se sentiamo orrore è buon segno, perché è il grido di una coscienza ben formata.

Poiché l'albero si giudica dai frutti, non dimentichiamo troppo facilmente chi siamo, senza il ricordo delle nostre colpe.

Il passato influisce ancora sul presente e non abbiamo alcuna certezza di perdono.

La coscienza della nostra miseria sia sempre presente.

Però siamo discreti e consideriamo più Dio che noi stessi, più i benefici ricevuti che il mal fatto.

Quando siamo biasimati stiamo in silenzio: Jesum autem tacebat.

Parliamo poco di noi stessi ed in ogni caso parliamone con fine retto.

( O per la gloria di Dio, o per utilità o sollievo del prossimo o nostro ).

Parlando di noi diciamo piuttosto il bene che il male.

La vera umiltà non si fa scorgere.

Fuggiamo le lodi; se fossimo conosciuti meglio non saremmo lodati.

Non diamo alcuna importanza alle lodi, anzi non protestiamo neppure.

Non dimentichiamo di rivolgere a Dio tutta la gloria.

Amiamo la vita nascosta ( nescire et pro nihilo reputare ).

Dio è nascosto nel mondo; G. C. visse nascosto ed è tutt'ora nascosto nell'Eucaristia.

Nascondiamo tutte le virtù, specialmente l'umiltà, salvi sempre i diritt della carità e della semplicità.

Perdiamoci nella massa; facciamo le cose comuni, ma non in modo comune.

Autore della nostra santità è Dio, perciò siamo pazienti nelle tribolazioni che ci manda.

Egli solo conosce le nostre necessità

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