Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

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Capitolo terzo - II

II. L'intuizione fondamentale di Teilhard

Secondo Bergson, all'origine di ogni opera, di ogni pensiero, vi è un'intuizione centrale, che è qualcosa di semplice, d'infinitamente semplice, che il linguaggio non può dettagliare, ma che è il fermento dell'opera intera.

È il caso di Teilhard che scrive nel 1918: « L'insieme di tutte le mie idee e di tutti i miei gusti, sviluppati in tante pagine, mi appaiono sempre più come un punto o un atteggiamento estremamente semplici e ricchi: si riducono a un nulla, in un certo modo, e questo nulla mi da in ogni cosa soluzione e consolazione ».16

Questa intuizione, in Teilhard, si riferisce al senso del dramma contemporaneo: Teilhard ha la certezza che il cristianesimo e l'uomo moderno, la fede e la scienza, attualmente dissociate, sono indispensabili l'una all'altra e complementaril?

Profondamente inserito nel mondo moderno col suo impegno scientifico, Teilhard ne ha sentito le aspirazioni come pure gli smarrimenti.

Da una parte, infatti, importanti scoperte ( pensiamo a Galileo, Darwin, Freud ) hanno sconvolto la coscienza moderna.

Prima l'uomo ignorava le dimensioni indefinite dello spazio e della durata; viveva in un mondo statico, senza evoluzione, rassicurante.

Inoltre, la speranza del cielo offriva un esito felice alle miserie, alle sofferenze, alle ineguaglianze di quaggiù.

Ora ecco che questo paesaggio da paradiso terrestre è stato turbato.

Tra Dio e l'uomo si intercala ormai un terzo personaggio: il mondo, non soltanto come realtà fisica, ma come realtà da costruire, capace di mobilitare e di dinamizzare l'energia dei popoli ( pensiamo al marxismo ).

Il cosmo statico si è rivelato un cosmo mutevole.

Vi è ormai un passato e un avvenire, una genesi e una crescita del mondo, un abisso nel passato in cui tutto afionda all'indietro in una durata indefinita, e un abisso futuro, ugualmente indefinito, verso cui tutto si slancia.

« Il mondo moderno … è nato, corpo e anima, fin dalla scoperta del tempo organico dell'evoluzione ».17

Per conseguenza l'uomo si è destato alla coscienza delle sue responsabilità nuove.

Un tempo, dice Teilhard, noi guardavamo come spettatori inattivi e irresponsabili, un grande scenario terrestre posto intorno a noi, come bambini.

Oggi, diventati adulti, abbiamo capito che siamo degli operai, votati a una immensa fatica.

Gli uomini hanno scoperto che esistono, non soltanto degli affari degli uomini, ma un affare umano universale, cioè la costruzione del mondo.

Il mondo è un avvenire che tocca a noi costruire.

Questa visione evolutiva del mondo ha rivoluzionato il senso della vita e dello sforzo umano.

A questo proposito niente è più suggestivo dell'allegoria della nave, in cui Teilhard esprime in un linguaggio ricco di immagini, ermetico per le menti geometriche, questa nuova concezione del mondo: « La scoperta del Tempo …

Da qualsiasi parte si prenda in questo momento il problema umano, è inevitabile che si manifesti l'influenza di una rivoluzione mentale che, senza che ce ne accorgiamo, ci fa radicalmente diversi, a meno di duecento anni di distanza, dalle generazioni che ci hanno preceduto …

Allo stesso momento è un mondo di nuove possibilità che si apre, non soltanto alle costruzione speculative della nostra ragione, ma ancor più, notiamolo bene, agli sviluppi dell'Energia umana.

Fin qui, si potrebbe dire, gli uomini vivevano sia dispersi che rinchiusi su se stessi, come dei passeggeri casualmente riuniti nella stiva di una nave, di cui non immaginano ne la natura mobile ne il movimento.

Sulla Terra che li raggruppava, non trovavano niente di meglio da fare che di litigare fra loro o di distrarsi.

Ora ecco che, per fortuna, o meglio per un effetto normale dell'età, i nostri occhi si aprono.

I più coraggiosi tra noi salgono sul ponte.

Hanno visto il vascello che ci portava.

Hanno notato la schiuma al filo della prua.

Si sono detti che c'era una caldaia da alimentare e anche un timone da tenere.

E soprattutto hanno visto passare le nuvole, hanno sentito il profumo delle isole, oltre il cerchio dell'orizzonte: non più l'agitazione umana sul posto, non la deriva, ma il Viaggio …

È inevitabile che un'altra Umanità esca da quella visione … ».18

Così il mondo presente è segnato dalla scoperta dell'immensità dello spazio e del tempo, del mondo evolutivo.19

L'umanità, in questo mondo diventato ad un tratto troppo grande e troppo organico, ha momentaneamente perso di vista il Dio tradizionale: il mondo con la sua immensità blocca la vita di Dio.

Il Dio-mondo, il Dio delle attese terrestri, della tecnica, del progresso, dell'avvenire, si è sostituito al Dio antico, almeno per un certo tempo.20

Questa mutazione dell'uomo provocata dalla scoperta di un mondo in evoluzione, non è avvenuta senza crisi ne lacerazioni.

Più ancora che Pascal non potesse immaginarlo, l'uomo si sente sperduto e privo di senso nell'immensità spaziale e temporale che gli rivela la fisica matematica, trascinato verso un avvenire misterioso da un torrente di energia: « È una cosa terribile essere nato, cioè trovarsi irrevocabilmente trascinato, senza averlo voluto, in un torrente di energia formidabile che sembra voler distruggere tutto ciò che trascina con sé »21

L'uomo si sente ugualmente sperduto in una umanità smisuratamente ingrandita.

L'umanità è un « organismo gigante e corrosivo, dal quale ci si sente aspirati, assorbiti e come digeriti vivi …

L'universo di cui tutte le influenze umane, operando insieme, sembrano mutarsi in una sola grande potenza di disumanizzazione ».22

Ancor più, l'uomo moderno comincia a intravedere la possibilità di una scomparsa collettiva, di una morte della specie umana: « Incontestabilmente, l'Uomo del XX secolo, malgrado tutte le sue scoperte e le sue invenzioni, è un essere triste.

Perché questa ansietà, se non forse, in fondo, perché, succedendo alla visione esaltante della specie che cresce, un'altra evidenza scientifica sta salendo al nostro orizzonte: quella della specie che si spegne? …

L'uomo si accorge ora che i germi della scomparsa sono in fondo a se stesso.

Inseparabilmente mischiata alla nostra carne e al nostro sangue, la fine della Specie ».23

Tutti questi fattori ( senza contare i conflitti tragici che lacerano l'umanità ) hanno provocato nell'uomo del progresso un timor panico. « Tramite un contrasto tanto drammatico quanto psicologicamente inevitabile, l'uomo individuo … non ha mai avuto l'impressione più viva e più ragionata di non avere più la terra sotto i piedi in vero Dio che non includesse i valori dell'uomo e dell'universo, la speranza di un successo dell'avventura umana.

Questo Mondo, al momento preciso in cui credeva in fondo a sé di avere definitivamente emerso ».24

Così, in mezzo ai suoi trionfi, l'uomo moderno sente l'impotenza, in cui si trova, di utilizzare, per il compimento dell'uomo, i valori stessi che pretende di padroneggiare e monopolizzare.

Infatti, l'umanità senza Dio non ha nessuna valida ragione di promettersi un avvenire senza fine.

Il grande progetto dell'uomo sul mondo non può vivere senza la presenza e lo stimolo permanente di un Assoluto vivente, senza la speranza di uno sbocco trascendente che consacra e ricupera definitivamente il suo sforzo.

« La grande Paura … che pesa sul Mondo in questo momento, osserva Teilhard, non è forse cosmica, più che politica, vale a dire dovuta all'oscuramento di un cielo dedivinizzato, molto più che alla nube atomica? ».25

A questa esperienza umana attualizzata e coscientizzata, che vive l'uomo del progresso e dell'evoluzione, si aggiunge la crisi interiore permanente descritta da Pascal: contraddizione tra l'essere che si dissolve, e il bisogno d'assoluto, d'inalterabile, di definitivo; scandalo della morte.

Perché costruire? « Più o meno coscientemente … noi portiamo tutti in noi il triste sentimento della dispersione e del carattere insignificante delle nostre esistenze.

Ogni nuovo giorno che inizia, gli stessi doveri ci assalgono, la cui monotonia ci disgusta, la cui pluralità ci esaurisce, e di cui l'apparente inutilità ci scoraggia.

Dispersione, abitudine e soprattutto noia …

Oh, se potessimo almeno sentire che facciamo qualcosa di grande! ».26

Sembra di sentire la voce di Pascal.

Per Teilhard, la sola forza spirituale che possa assumere le aspirazioni dell'uomo moderno, che possa operare un « capovolgimento » della sua paura e convertirla in fiducia esistenziale, che possa rianimare l'uomo di oggi e salvare l'evoluzione, è il cristianesimo.

Sfortunatamente un abisso separa il cristianesimo dall'umanità contemporanea.

Il Dio rivelato sembra eclissato per il mondo.

Invece di cercare la salvezza dall'alto, l'uomo la cerca in avanti.

La sua adorazione va al Dio del progresso che valuta agli antipodi del Dio dei cristiani.

Benché possieda la salvezza, il cristianesimo, o meglio i cristiani, hanno delle responsabilità in questo atteggiamento aggressivo dell'uomo moderno.

Queste responsabilità Teilhard non ha mai smesso di denunciarle e di analizzarle: mancanza di apertura alle aspirazioni della coscienza universale, prevalenza dei concetti giuridici e moralizzanti, mancanza di reale simpatia nei confronti di coloro che lavorano alla costruzione del mondo, concetto statico dell'universo.

E, di conseguenza, mancanza di fascino del cristianesimo.

L'intuizione e la vocazione di Teilhard si collocano a questo punto preciso.

Teilhard è da parte sua convinto che il cristianesimo rimane, nonostante tutto, la sola salvezza del mondo moderno, del progresso, dell'evoluzione: a condizione tuttavia di ritrovare mediante una riflessione nuova sul suo mistero, un adattamento del suo linguaggio, il suo potere di seduzione; a condizione di ringiovanirsi nel suo contatto col mondo e nella sua azione sul mondo; a condizione infine di cristificare i valori legittimi della coscienza moderna.

Si tratta, quindi, per Teilhard, utilizzando il linguaggio e le forme del pensiero dei suoi contemporanei, di dimostrare che l'esistenza dell'uomo e dell'universo in evoluzione, senza il riconoscimento di un Assoluto e di una incarnazione temporale di questo Assoluto, come la propone il cristianesimo, è un non-senso.

L'umanità in evoluzione si trova situata tra il suicidio e l'adorazione.

Si deve o no riconoscere un significato, un avvenire, uno sbocco, all'evoluzione?

La vita è una via o un vicolo cieco?

Come conservare nel cuore dell'umanità il gusto della ricerca e del progresso?

È possibile guardare in faccia il Dio crocifisso, pur essendo appassionati dagli impegni umani?

Si possono amare nel contempo il mondo e Dio?

Lavorare al regno della terra, senza rinunciare al regno di Dio?

Scienziato, cristiano e sacerdote, Teilhard si è scoperto una vocazione.

Appassionato del mondo e di Dio, si è sentito chiamato a ristabilire un legame tra il mondo della scienza del suo tempo e il cristianesimo, tra gli adoratori di Cristo e gli adoratori del mondo, tra la passione della terra da costruire e la passione del cielo da guadagnare.

Questa duplice vocazione di figlio della terra e di figlio del cielo, recepita come sua, col messaggio che implica agli uomini del suo secolo, è l'anima di tutta la sua opera.

Semplice come una intuizione, ma dinamica come una vocazione.

Preciseremo nel paragrafo seguente come questa prima intuizione ha preso forma e si è sviluppata in un progetto apologetico sempre più consistente.

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16 Lettres intìmes de Teiihard de Chardin, Paris, 1974, pp. 347-348.
Citato da E. RIDEAU, La pensée de Teiihard de Chardin, Paris, 1964, p. 61.
17 Ibid., pp. 42-49.
18 La route de l'Ovest, 1932, Oeyvres 11, pp; 53-54.
19 La monfée de l'Antro, 1942, Oeuvres 7, pp. 79-80. A quanto ne sappiamo, Teilhard ha ripreso quattro volte questa allegoria, affinandola sempre più.
20 Agli occhi di Teiihard infatti questo umanesimo terrestre, a base di ateismo, resta animato, senza saperlo, da una specie di fuoco sotterraneo che cova; lo si intuisce attraverso la sua preoccupazione di universalismo planetario, attraverso il suo bisogno di perseguire uno scopo più grande dell'uomo-individuo.
Anche nel suo ateismo, l'uomo moderno contiene dei fermenti religiosi. Ma è cosa certa che la parte più viva dell'umanità rifiuterebbe oggi una presentazione del mondo
21 La Messe sur le Monde, 1923, Oeuvres 13, p. 150.
22 Un Phénomène de contre-évolution en biologie humaine ou la peur de l'existence, 1949, Oeuvres 7, p. 197.
23 La fin de l'Espèce, 1952, Oeuvres 5, pp. 390-394.
24 Un phénomène de contre-évolution, 1949, Oeuvres 7, p. 190.
25 Le Phénomène chrétien, 1950, Oeuvres 10, p. 324.
26 L'Atomismo de l'Esprit. 1941, Oeuvres 7, p. 62.