Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

Indice

Capitolo quarto - I

I. L'ambiente e le influenze

Per capire Blondel occorre tener presente il triplice quadro della sua esistenza: la sua formazione spirituale, l'ambiente intellettuale del suo tempo, il progetto fondamentale realizzato ne L'Azione.

1. Vita spirituale. Blondel è stato formato in un ambiente familiare profondamente cristiano e praticante.

Per lui, « ogni parola del Vangelo … ha un senso assoluto », ciascuna è « vivente fino alle sue estreme profondità » ( CI: 276 ).

I Quaderni intimi testimoniano che molto presto ha voluto uguagliare il suo pensiero alla sua vita, alla sua azione: « Tra il mio pensiero e la mia vita, mi sento portato a stabilire un accordo il più completo possibile » ( CI: 553 ).

Una zia, che ha perso quando aveva ventidue anni, è stata per lui il modello di questo profondo accordo tra il Vangelo e la vita.

Le sue grandi amicizie spirituali sono S. Paolo, S. Agostino, S. Bernardo.

Basta leggere i Quaderni intimi, di cui molte pagine sono elevazioni spirituali, per cogliere tutta l'intensità di questa vita alimentata dal Vangelo.

Non stupisce allora che l'idea del sacerdozio sia germinata in lui.

Gli sembra « anteriore alla presa di coscienza che ne ho avuto » ( CI: 545 ).

Il pensiero del sacerdozio lo ha accompagnato lungo i suoi studi al liceo di Digione, poi alla scuola Normale.

È stato per lui fonte di fervore e catalizzatore della sua riflessione; esso ha fecondato il progetto apologetico espresso ne L'Azione.

« Esso mi ha concesso, dice, di essere quel poco che sono, di pensare quello che penso, e di fare ciò che ho fatto.

Mai senza di esso sarei stato elevato alla concezione filosofica che mi ha legato alla vita cristiana, e che mi ha stimolato ad andare fin dove in ragione può andare, fin dove deve andare per arrivare alla pura attesa religiosa » ( CI: 555 ).

2. Ambiente intellettuale. Blondel appartiene a una generazione che è considerata fra le più ricche nella storia della cultura francese.

È la generazione di Barrès, Gide, Proust, Péguy, Claudel ( in letteratura ), Matisse et Rouault ( in pittura ), Ravel et Debussy ( in musica ), Bergson et Brunschvicg ( in filosofia ), Lagrange, Lebreton et De Grandmaison ( in teologia ).

Dopo aver studiato al liceo di Digione, Blondel entrò alla scuola Normale superiore, nel 1881.

Vi incontrò maestri e amici che lo segnarono profondamente.

« Devo molto, dice, ai due maestri che ho incontrato alla scuola Normale, Emile Boutroux et Ollé-Laprune.

Il secondo mi ha dato qualcosa della materia, e l'altro qualcosa della forma delle mie convinzioni filosofiche ».2

Infatti Ollé-Laprune, ispirandosi a Ozanam, volle rendere testimonianza al cristianesimo nel mondo filosofico e universitario del suo tempo.

In lui pensiero e vita sono tutt'uno.

Blondel lo imiterà.

Da Boutroux, che è stato il suo maestro, il suo direttore di tesi, e un amico sempre fedele, Blondel imparerà la preoccupazione del rigore nelle analisi e il metodo genetico che governa L'Azione.

Entrando alla scuola Normale, Blondel si trova in un ambiente ostile alla Chiesa e al cristianesimo.

Basti ricordare che la vita pubblica della Francia alla fine del XIX e all'inizio del XX secolo è dominata dall'idea laica, modellata da Comte, Taine, Renan, Littré, Renouvier.

Il dogma fondamentale dell'epoca è che la ragione umana può capire tutto, purché gli oggetti d'osservazione siano metodicamente spiegati e catalogati.

Lo scientismo domina tutto, compreso le scienze dell'uomo.

Lo scienziato è il santo dei tempi nuovi.

La separazione tra la Chiesa e lo Stato manifesta nelle istituzioni politiche una rottura, già consumata da tempo al livello delle idee e dei costumi, tra la realtà umana e la realtà cristiana.

Una vera filosofia voleva dire una filosofia separata dal cristianesimo e che l'ignorasse completamente.

Parlare di filosofia cristiana era bizzarro tanto quanto parlare di chimica o di fisica cristiana.

Presentarsi come cattolico negli ambienti della scuola Normale, provocava l'ironia o lo stupore accorato: come mai un ragazzo intelligente poteva dirsi cattolico?

L'originalità di Blondel è stata di voler ristabilire i ponti, non elaborando un'apologetica che avrebbe esposto ai pensatori dell'epoca le credenziali storiche del cristianesimo, ma costruendo una filosofia che, per la logica stessa del suo movimento razionale, sarebbe andata incontro al cristianesimo, e, senza imporre la fede, avrebbe posto inevitabilmente il problema cristiano.

Il problema che preoccupava allora il pensiero moderno, era il conflitto tra l'autonomia e l'eteronomia dell'esistenza.

« Il pensiero moderno, notava Blondel, considera la nozione d'immanenza come la condizione stessa della filosofia, vale a dire che secondo esso niente può entrare nell'uomo che non sia già in lui e che non corrisponda a un bisogno di espansione; non vi è per lui verità che conti senza essere autonoma e autoctona.

Ora, d'altra parte non vi è di cristiano e di cattolico, se non ciò che è soprannaturale … vale a dire che è impossibile all'uomo trarre da se stesso ciò che tuttavia si pretende imporre al suo pensiero e alla sua volontà ».3

Ecco come Blondel definisce l'opposizione esistente alla sua epoca tra il cristianesimo e il pensiero moderno.

Si deve quindi togliere questa obiezione di principio e dimostrare che le esigenze del Vangelo, in realtà, rispondono a un appello dal di dentro, in modo che l'eteronomia appaia come la condizione stessa della reale autonomia.

« Il soprannaturale, spiega ancora Blondel, costituisce un doppio scandalo per il filosofo: da una parte è autentico soltanto se è dato dall'alto e ricevuto, ma non trovato e scaturito da noi; e d'altra parte questo dono, gratuito nella sua sorgente, è obbligatorio per il destinatario, in modo tale che, impotenti a salvarci, abbiamo il potere di perderci per sempre ».4

Blondel fa notare allora: ciò che sembra una incompatibilità è anche ciò che permette l'avvicinamento e l'incontro.

Dal momento, infatti, che l'atteggiamento neutro è impossibile e che l'uomo è impegnato, volendo nolendo, in un'esistenza che sfocia sulla vita o sulla morte eterna, il problema dell'incontro della filosofia e del cristianesimo è posto.

Se è vero che le esigenze del Vangelo sono fondate ( cioè che l'uomo è impotente e che ha bisogno di salvezza ), ne consegue che in noi, non siamo completamente in noi.

Di questa insufficienza dell'uomo e di queste esigenze della rivelazione, devono esserci delle tracce, degli indizi, un'eco, nell'uomo concreto, in modo che la filosofia, riflettendo sull'uomo, deve poter scoprire queste tracce.

È il punto d'incontro che Blondel vuole stabilire tra filosofia e cristianesimo.

Ne direttamente apologista, ne teologo in senso stretto, Blondel ha tuttavia intuito con rara profondità il problema centrale che poneva allora il pensiero non credente del suo tempo al cristianesimo.

Perciò la sua opera ha avuto un'enorme risonanza sul pensiero religioso della fine del XIX e dell'inizio del XX secolo: non tuttavia senza procurargli attacchi sia da parte cattolica, che lo accusa di razionalizzare il cristianesimo e di ridurlo a una filosofia, sia da parte universitaria che lo accusa di misconoscere l'autonomia della filosofia e di volere soprannaturalizzare tutto.5

3. Progetto di vita.

Niente di meglio, per conoscere la fisionomia di Blondel e la sua intenzione fondamentale, che leggere i suoi Quaderni intimi.

A questo proposito esiste un testo-testimonio importante, cioè le Memorie inviate al Signor B. il 9 settembre 1893, e redatte dopo aver dato la tesi.

Fin dal liceo, dice Blondel, « la mia attrattiva era di conoscere lo stato d'animo dei nemici della fede, alfine di poter agire efficacemente su di loro » ( CI: 546 ).

Perciò dopo essersi laureato in lettere, poi in scienze e in diritto, ebbe l'idea di proseguire i suoi studi letterari alla scuola Normale di Parigi.

« Mi sembrava che questa scuola, che ispirava spavento intorno a me e a me, era la strada che si doveva percorrere per raggiungere i miei scopi, per armarmi contro coloro ai quali volevo far sentire la verità, per acquistare conoscenza più diretta e più profonda delle menti sviate o degli increduli sinceri dei quali il mio sogno di adolescente era quello di dissipare i pregiudizi parlando loro il loro stesso linguaggio» ( CI: 546 ).

Di fatto Blondel fu ammesso alla scuola Normale.

Questa decisione gli diede la pace.

Non soltanto perché trovava alla scuola Normale il miglior impiego dei suoi doni intellettuali, ma inoltre perché « da nessun'altra parte, dice, avrei potuto sviluppare in modo così completo ciò che era per me la molla del mio pensiero e la ragione della mia vita, voglio dire quest'impresa di una filosofia cristiana, questo progetto di studiare i pregiudizi delle menti più coltivate, questa conoscenza delle risorse e degli obblighi nuovi dell'apologetica, questo desiderio ardente di provare che il pensiero cattolico non è sterile e fargli assegnare un posto nel conflitto delle dottrine moderne, da dove per molti sembra escluso » ( CI: 547 ).

Così, come Pascal e Teilhard alla loro epoca, Blondel, frequentando la scuola Normale, vuole conoscere la mentalità del suo tempo, alfine di trovarvi un punto d'inserimento favorevole al cristianesimo.

È stato servito a dovere, perché sovente si è scontrato, alla scuola Normale, con un atteggiamento di rifiuto, di chiusura totale nei riguardi del cristianesimo.

« Perché, gli chiedeva uno dei suoi condiscepoli, sarei obbligato a tener conto di un fatto qualsiasi avvenuto 1900 anni fa in un angolo oscuro dell'impero romano, mentre mi glorio d'ignorare tanti grandi avvenimenti contingenti di cui la curiosità impoverirebbe la mia vita interiore? ».

Lungi dal deprimerlo, questa resistenza è stata per Blondel l'occasione di considerare e di far maturare un progetto di tesi sul senso della vita e dell'azione umana.

Nel frattempo, l'idea del sacerdozio non lo lasciava, senza tuttavia essere abbastanza chiara perché egli potesse prendere una decisione in proposito: « Questa idea, che mi sembra fissa, sfugge appena cerco di afferrarla; appena penso di sottrarmene, essa mi riafferra; tanto efficace quando mi porta a fare qualcosa al di fuori di essa, quanto vaga e inerte quando si tratta di fare qualcosa direttamente per essa » ( CI: 549 ).

Il pensiero del sacerdozio gli appare come un elemento « dinamizzante » per la sua azione intellettuale e apostolica, ma non come una realtà immediata.

Ma nel contempo il suo progetto di vita si precisa: « La mia ambizione, dice, è di dimostrare che l'uomo, pienamente fedele al suo voto di indipendenza, arriva a sottomettersi a Dio, che il supremo sforzo della sua natura è di confessare il bisogno di ciò che la supera, e che la sua volontà gli impedisce di giungere alla sua volontà vera » ( CI: 550 ).

Blondel vuole risalire alla sorgente della mentalità della sua epoca per rimediare al male che propaga: « Senza dubbio sono penetrato dal sentimento che nessuna azione salutare è possibile senza l'iniziativa di Dio, e che l'unico principio di ogni verità feconda è nel cristianesimo: ma, giustamente, ciò che desidero è di dimostrarlo agli uomini di questo tempo,… è di attingere nel Vangelo ciò che vi si trova sempre di nuova luce, è di assimilarne, per i bisogni delle giovani generazioni, l'alimento sconosciuto che contiene, è di sprigionare dalla sua divina abbondanza una nuova ricchezza umana, e attraverso uno sguardo rispettosamente filosofico, giustificare la parola sempre vera: medius inter vos quem vos nescitis » ( CI: 551 ).

Blondel riconosce che non si sente particolarmente dotato, a causa della sua estrema timidezza, per l'azione diretta, « nella mischia ».

Il suo carisma è altrove.

Si sente dotato piuttosto per esercitare un'azione discreta, a distanza, più lenta, ma forse più efficace su l'« intelligentsia » del suo tempo: « Ho notato che per la forma stessa del mio pensiero, ero portato a questo genere di lavoro per così dire sotterraneo » ( CI; 551 ).

A dire il vero il successo de L'Azione dimostra che aveva ragione e che la sua ambizione non era una chimera: « Posso legittimamente sperare di far penetrare, di far prendere in considerazione la nozione di Rivelazione e l'idea del soprannaturale cristiano, in questo campo oscuro e ristretto dove si formano le correnti filosofiche » ( CI: 551-552 ).

Non soltanto si precisa l'intenzione fondamentale del suo progetto, ma anche la prospettiva in cui si dovrà porre affinchè la sua opera sia accolta: « Mantenendo l'indipendenza e l'inaccessibilità dell'ordine soprannaturale, occorre dimostrarne la possibilità e la necessità per l'uomo.

È un dono, ma questo dono gratuito non potrebbe essere facoltativo e supererogatorio; vi è quindi un bisogno che, superiore alla natura, sia conforme alle più profonde esigenze della natura.

Perciò io parto dalle naturali pretese della ragione e dalle aspirazioni implicite della volontà; mi pongo sempre dove sono coloro a cui mi rivolgo, al di fuori del cristianesimo, alfine di far loro capire che non si può fare a meno del cristianesimo senza colpa e senza perdita; compito che mi sembra più utile che mai in un tempo in cui tante intelligenze non vogliono seguire che le vie naturali e in cui tutte le vie che conducono alla verità cattolica sembrano ostruite » ( CI: 552 ).

Blondel definisce così il suo angolo d'approccio: « Ho cercato di mettermi esattamente al punto in cui si vede che l'ordine naturale non può essere nulla, ne essere tutto, dove, di conseguenza, l'ordine soprannaturale, benché distinto e gratuito, appare come necessario anche se inaccessibile all'uomo puramente uomo.

Per considerare così questi rapporti, io rimango dalla parte della natura, spingo la ragione verso ciò di cui non può fare a meno, ne conquistarlo, ma non mi pongo nell'ordine superiore per attirarvi la ragione.

Tento un'apologià laica e come laico le dò e le lascio il suo reale significato e la sua ragion d'essere » ( CI: 552 ).

Blondel si è chiesto se, nel suo lavoro, non introduceva la filosofia nel campo riservato alla teologia o se, inversamente non insinuava indiscretamente la teologia nella filosofia.

Boutroux al quale aveva sottoposto il suo manoscritto, lo rassicura: « Se il risultato di questo lavoro è di condurci alla soglia della religione, il carattere è non di meno filosofico » ( CI: 553 ).

Blondel interroga ugualmente il suo amico domenicano Beaudouin, che gli dice: « Mantenete le vostre posizioni, che vi saranno senz'altro contestate: la vostra forza è di non penetrare nel campo della Rivelazione e di giungere al soprannaturale affermando che è inaccessibile quanto necessario all'uomo » ( CI: 553 ).

Infine, dopo questo lungo dibattito per veder chiaro nella sua vocazione, Blondel conclude che farà opera più utile restando fuori dal santuario, cioè nel campo della filosofia e lavorando come laico.

Se diventasse sacerdote, la sua missione sarebbe ostacolata.

Rinuncia quindi al sacerdozio, cosciente tuttavia che l'idea del sacerdozio sarà stata all'inizio del suo disegno apologetico, come pure l'elemento fecondante, dinamico, provocatore della sua riflessione.

« D'ora in poi e per tutta la vita non potrebbe essere indifferente il fatto che sono stato travagliato da questa idea; … è un'unzione di cui si rimane segnati » ( CI: 555 ).

La fonte d'ispirazione della filosofia di Blondel, è quindi la sua fede cristiana; si deve anche aggiungere che, all'interno della sua vocazione cristiana, è l'idea del sacerdozio.6

Indice

2 M. BLONDEL, Lettres philosophiques, Paris, 1961, p. 73.
3 M. BLONDEL, Premier; écrits, Paris, 1956, p. 34.
4 Ibid., pp. 35-36.
5 M. BLONDEL, L'itinéraire philosophique, Paris, 1966, p. 52.
6 Identificato in M. Bieil, prete di Saint-Sulpice. Testo in M. BLONDEL, Carne ts intime s 1, pp. 545-558.