Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

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Capitolo quinto - II

II. Personalità contrastanti

Pascal un « mostro » d'intelligenza ( nel senso etimologico della parola ), un essere che stupisce.

Come Leonardo da Vinci, al quale fa pensare ( benché questi sia più completo e abbia vissuto più a lungo ), è un genio polivalente: « versatile », nel senso inglese del termine.

Uomo di scienza, di lettere, pensatore profondo, dotato tuttavia di un senso pratico stupendo: capace, per esempio, di pensare allo sfruttamento industriale della sua macchina calcolatrice e di organizzare, l'anno stesso della sua morte, il primo sistema di omnibus per la città di Parigi.

Un giorno capace di osservazione psicologica molto fine e molto profonda, di ragionamento sottile fino ali arguzia, tagliente come un bisturi, ma ancor più dotato di quello spirito di sintesi che fa i geni, che collega tutto con tutto, che vede e giudica le cose nell'insieme a partire da « un punto alto ».

L'immaginazione, in lui, si compiace dei contrasti e delle grandi antitesi.

Pascal ha la volontà di eccellere in tutto.

È un ardente, un violento, come molti rappresentanti della sua generazione.

Scrittore, ha quella foga padroneggiata, disciplinata che produce i grandi classici.

Cerca l'assoluto in tutto.

È appassionato di scienza, di verità, d'autenticità: perciò diventa sarcastico, cinico, feroce, di fronte a ogni forma di duplicità, d'ipocrisia, di politica, fino a essere egli stesso vittima di quello che prova.

La sua passione può accecarlo momentaneamente, come nell'affare di Port-Royal, ma la sua intellegenza e il suo senso dell'assoluto lo riconducono infine al Centro, a Dio.

La sua volontà è ardente, così come la sua mente.

Per lui, la facoltà prima dell'uomo è il « cuore », vale a dire l'intelligenza infiammata dalla volontà, dall'amore.

Perciò, una volta convertito, diventa subito un proselito: la verità dell'uomo, della storia umana, è Gesù Cristo.

In Pascal la sintesi della fede, della scienza, della condotta umana, si fa a livello della vita, nel suo stato di cristiano.

È agli antipodi del pensiero laico del XIX secolo, che rivendica l'autonomia assòluta della ragione.

Il problema scienza-fede di Teilhard, filosofia-fede di Blondel, non si pone nella sua coscienza cristiana, che non cambia statuto perché cambia oggetto.

Tutte le sue facoltà sono coordinate alla fede e all'ordine della carità, in Gesù Cristo.

La scienza potrà passare, ma non Gesù Cristo.

Pascal è essenzialmente serio, fino a mancare d'umorismo: avrebbe avuto bisogno dell'amiciza di san Francesco di Sales, per imparare il sorriso e la serenità.

Ma questa mente abita un corpo troppo fragile, sempre malato.

L'umiltà e la semplicità della fine della sua vita sono una conquista su un temperamento di fuoco, teso all'estremo.

La grazia e la prova lo hanno umanizzato, intenerito, semplificato.

Pascal è forse meno un maestro di pensiero che un'energia insorgente, una potenza d'urto che scuote e si propaga.

Teilhard è un aristocratico.

Uomo di scienza e precisamente, paleontologo, si basa sui fatti, sull'osservazione.

È un « fisico » nel senso antico del termine, perché studia il fenomeno: è un fenomenologo della natura, ma precisando subito che l'uomo è al centro della sua fenomenologia.

Non tralascia certamente l'analisi, ma l'inclinazione del suo temperamento lo spinge naturalmente verso le vedute d'insieme, verso la sintesi.

Teilhard è innamorato d'unità, di continuità, di coerenza, d'armonia, di convergenza.

Perciò, benché la sua formazione filosofica e teologica sia deficiente, sfocia infallibilmente su prospettive filosofiche e teologiche.

Una volta impegnato in un « grande progetto », come quello della riconciliazione della fede e della scienza, è capace di un prodigioso ardore e di perseveranza, sapendo superare la sofferenza e anche la persecuzione per far trionfare le proprie convinzioni.

Vi è in lui nobiltà di carattere.

L'immaginazione e la sensibilità sono di quelle che fanno i creatori e i poeti.

Da qui proviene quel linguaggio ricco di metafore, di simboli, di allegorie.

L'insieme è armonioso, ma, osserva il Padre Rideau che lo ha ben conosciuto, con una prevalenza della sensibilità.

Una sensibilità vibrante che lo mette in comunione col mondo, con Dio, con gli uomini e che lo fa molto soffrire; che gli fa presentire le sue idee come « vedute ardenti » e non come semplici speculazioni; che lo rende avventuroso, perfino temerario, amante dei rischi, per lo meno nell'espressione verbale, esuberante, prolifero, ma non sempre abbastanza controllato.

Teilhard « si appassiona » per tutto.

Attento innanzitutto al reale fenomenico, è meno sensibile che Pascal ai problemi interiori, esistenziali della persona, alla maniera di Agostino, Kierkegaard, G. Marcel, M. Blondel.

Ma la sua visione del mondo non è meno cristocentrica di quella di Pascal, benché segua vie diverse.

Blondel è borgognone e appartiene a una famiglia borghese.

Per temperamento è un uomo timido.

Professore, ha sempre avuto paura dell'insegnamento.

Invece di desiderare Parigi, come i suoi colleghi, ha preferito lavorare in provincia, alla Facoltà di Lettere di Aix-Marseille, dove ha del resto esercitato una profonda influenza, perché ha avuto non solo degli studenti, ma dei discepoli.

È soprattutto un uomo di pensiero: riflessivo e meditativo.

Non un moralista, ma un filosofo, anche se la finezza delle sue analisi psicologiche basterebbe a classificarlo fra i più grandi moralisti francesi.

Non un poeta, come Pascal e Teilhard.

Non un uomo dotato per l'azione, benché abbia avuto preoccupazioni sociali e si sia attivamente occupato dei poveri, nella conferenza di san Vincenzo de Paoli.

Blondel è un uomo di vita morale elevata e di una rara fedeltà: fedeltà alle sue amicizie e alla sua fede cristiana.

La sua vita religiosa è di tipo « tradizionale », vale a dire legata alla pratica ecclesiale e sacramentale ( ascesi, messa, eucaristia, preghiera ), ma nello stesso tempo di una grande interiorità, che va fino all'esperienza mistica.

Notevolmente intelligente, di una intelligenza penetrante, vigorosa e creatrice, non è tuttavia brillante come Teilhard o Pascal.

Il suo linguaggio, sempre ritmato, ma un po' oratorio, lento nei suoi percorsi e non sempre chiaro, stanca il lettore moderno.

Pascal è invecchiato meno di Blondel.

Tutti e tre hanno questo in comune che sono prima uomini che autori.

Pascal ha potuto terminare la sua Apologia del cristianesimo; Teilhard, costantemente paralizzato dalla censura, non ha pubblicato quasi nulla da vivo.

In tutti e tre, l'opera è intimamente legata alla persona.

I Pensieri sono inseparabili dall'evoluzione religiosa di Pascal: dalla sua conversione, dal suo incontro con la vita mondana di Parigi, coll'ambiente religioso di Port-Royal.

L'opera di Teilhard è inseparabile dalla sua vita di scienziato e dall'ambiente scientifico che ha conosciuto.

L'Azione di Blondel, infine, non si spiega senza il suo incontro con gli ambienti laici ostili della scuola Normale, e senza l'idea del sacerdozio che ha suscitato e fecondato il suo zelo apostolico.

Questi uomini non scrivono per scrivere, per fare carriera, ma sotto la pressione della vita: vita della loro epoca ( libertina, non credente, ostile ) e vita cristiana che li ha modellati.

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