Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

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Capitolo ottavo - V

V. La creazione, gesto di alleanza e di liberazione

Nell'Antico Testamento, il Dio dell'alleanza è stato conosciuto prima del Dio della creazione.

Israele, infatti, è risalito dal Dio della storia della salvezza al Dio della creazione.

La sua fede è innanzitutto nata dalla prima esperienza di fatti storici ( esodo, cammino nel deserto, entrata nella terra promessa ) che lo hanno « letteralmente » creato come popolo e che hanno rivelato Jahvè come un Dio di salvezza, sempre presente al suo popolo, con la sua onnipotenza; così l'idea di creazione si presenta sempre associata all'idea di salvezza e di liberazione.

La creazione è la proiezione verso il passato della potenza di Dio dispiegata nella storia.

È in un secondo tempo, a un'epoca relativamente tardiva ( verso la fine dell'esilio ) che la riflessione ispirata ha capito che, se Dio è padrone delle nazioni e delle forze della natura è proprio perché ha suscitato tutto dal nulla: ha creato tutto.

Ugualmente la creazione resterà sempre associata all'alleanza, come l'esodo.

La creazione dell'universo è il primo atto di liberazione e la prima alleanza di Dio col suo popolo.

Creando il mondo Dio pensava già all'alleanza, meglio la inaugurava.9

Per capire il senso cristiano del lavoro, occorre dunque fare riferimento innanzitutto a questo concetto di una creazione concepita come gesto d'alleanza e di liberazione.

1. Se Dio è Amore, non è un semplice « fabbricante », sia pure dell'universo.

Un simile concetto farebbe di lui l'artigiano di un prodotto finito di cui non dovrebbe più occuparsi: una specie di Deus otiosus.

La creazione, come ogni opera di Dio, è un gesto nuziale:10 gesto interiore dell'amore di Dio che inaugura un regime di alleanza, di reciprocità, un gesto sempre più generoso, poiché la creazione è il primo momento delle gesta della salvezza, il primo atto salvifico che si prolunga, mediante l'incarnazione e la redenzione, fino alla creazione dei cieli nuovi, di una terra nuova, di un mondo nuovo.

Attraverso un gesto nuziale Dio introduce l'uomo in un dialogo, in una storia a due, in cui l'Onnipotente sollecita il sì della sua creatura.

Infatti, la creazione non è stata messa nelle mani dell'uomo come uno scenario interamente compiuto, dove egli non avrebbe che da circolare come un dilettante.

Se l'uomo è a immagine di Dio, lo è innanzitutto per essere suo alleato.11

Bergson diceva: « Dio ha creato dei creatori »: per lo meno dei co-creatori dell'universo.

La presenza dell'uomo, infatti, è come una seconda creazione, perché in lui il mondo acquista un dinamismo illimitato; mette in luce le ricchezze di cui è gravido.

Mediante la tecnica, la scienza, l'arte, il mondo si spiritualizza e partecipa alla dignità dell'uomo.12

Creando l'uomo Dio l'invita a « elevare » l'universo, a ricapitolarlo con l'intelligenza e l'amore, a esprimere questo sì nuziale che ambedue, egli e il mondo, che è il suo corpo, rivolgono a Dio.

D'altra parte, è attraverso la sua azione sul mondo che l'uomo si scopre, si valuta, si supera.

Edificando il mondo, l'uomo si edifica.13

L'energia dell'universo e la potenza creatrice dell'uomo contribuiscono all'umanizzazione reciproca dell'uomo e dell'universo.

L'uomo, infatti, non progredisce che modellando il suo spirito nella materia e spiritualizzando la materia.

Penetrando i misteri del mondo, simultaneamente penetra il proprio mistero.

Scopre le leggi del suo agire nel mondo e sul mondo.

2. Meglio, la creazione rappresenta per l'uomo un atto di liberazione rispetto al cosmo: liberazione più significativa di quella dal giogo egiziano.

Attraverso il riconoscimento di un Dio creatore, l'uomo si libera infatti dalla stretta delle forze della natura ( cicli delle stagioni, della fecondità, degli astri; ritmo di nascita e di morte ).

Presso gli antichi popoli politeisti, l'uomo cerca la sua sicurezza integrandosi in questo ritmo e nella sua ripetizione annuale.

Israele, al contrario, sfugge al cerchio fatidico delle stagioni e delle ripetizioni: ne emerge.14

Invece di creare degli idoli a sua immagine, come presso i popoli che non conoscono un Dio personale e trascendente, Israele si trova situato rispetto al cosmo: è chiamato a « dargli un nome », a padroneggiarlo, a trasformarlo, ma come alleato di un Dio vivente che ne è l'Autore assoluto.

La creazione, a questo proposito, è dunque più liberatrice dell'esodo perché libera l'uomo dalla schiavitù delle forze cosmiche.

L'uomo prende le sue « distanze ».

3. La novità dei tempi attuali, è che la dominazione dell'uomo sul mondo si è prodigiosamente accresciuta: si tratta di un progresso qualitativo, che scompiglia le strutture economiche, politiche e sociali, che trasforma l'abitazione, il vestiario, le comunicazioni: in una parola, che crea un nuovo stile di vita.

La tentazione dell'uomo, oggi, è di abusare del potere che detiene.

Se, infatti, la tecnicizzazione a oltranza finisse per asservire l'uomo alla macchina e alla sete di guadagno, ciò significherebbe che l'uomo è di nuovo dominato dalle forze della natura che egli ha dominato.

L'universo sarebbe di nuovo chiuso su se stesso e il dialogo nuziale di nuovo interrotto tra Dio e l'uomo.

L'uomo è legato al mondo, ma destinato a Dio; responsabile del mondo, ma sempre di fronte al Dio trascendente.

Così, la trasformazione del mondo mediante l'uomo è una istanza dell'azione creatrice.

Senza il lavoro dell'uomo, la creazione sarebbe in un certo modo frustrata della sua finalità interna.

Lavorando alla trasformazione del mondo, l'uomo, lo sappia o no, si rende conforme all'intenzione del Creatore.15

La sua azione ha un senso autentico che coincide con il disegno di Dio.

Egli opera nella verità.

Il cristiano che, mediante la sua fede, conosce esplicitamente questo primo significato della creazione e ordina coscientemente il suo lavoro alla glorificazione di Dio, fa un gesto identico, materialmente, a quello del non credente.

Il senso del suo gesto, tuttavia, non è « creato » dalla sua sola intenzione: è un senso voluto da Dio, iscritto nella sua stessa opera creatrice, cioè nel potere creatore affidato all'uomo fin dalle origini.

I due gesti sono correttamente orientali, ma l'intenzione cristiana aggiunge questo: che è cosciente del sì d'amore che rivolge alla proposta di Dio.

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9 R. LATOURELLE, Théologie de la Révélafion, Bruges-Bruxelles-Paris, 19693, pp. 403-406 (trad. it. Teologia della Rivelazione, Cittadella, Assisi, 19806, pp. 380-383).
10 M. ZUNDEL, Quel homme et quel Dieu, Paris, 1976, pp. 106 e 109; H.U. von BALTHASAR, L'impegno del cristiano nel mondo, Milano, 1971, pp. 23-30.
11 G. von RAD, Théologie de l'Anclen Testament 1, Genève, 1963, pp. 125-126 (trad. it. Teologia dell'Antico Testamento, Paideia, Brescia).
12 J. ALFARO, Teologia del progresso umano. Cittadella, Assisi, 1969, pp. 41-43. "
13 Gaudium et spes, n. 35
14 R. LATOURELLE, Théologie de la Révélation, pp. 418-419 (trad. it. Teologia della Rivelavano, op. cit., pp. 396-398).
15 Gaudium et spes, n. 37