Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

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Capitolo undicesimo - VIII

VIII. Dinamismo santificatore della sofferenza

« Gli oranti » e i « sofferenti » ( questi ultimi essendo spesso nel contempo ambedue ) rappresentano nel mondo l'energia spirituale più densa del corpo mistico.

Come Cristo sospeso tra cielo e terra, attirano tutto a loro.

Nella loro sofferenza, unita a quella di Cristo, è nascosta la vera forza ascensionale del mondo.

Conducono l'umanità verso i cieli nuovi e la terra nuova.

In loro si compiono tutte le beatitudini.

Chi è più povero di loro, privati del loro corpo?

Chi è più mite, più paziente, più pacifico di questi disarmati?

Chi è più puro di questi sguardi già fissati su Dio?

Chi è più tenero di questi esseri rivolti verso Dio e verso gli altri?

Nessuno più di un malato grave sa compatire.

Privato di tutto, conosce il valore di un gesto, di un sorriso.

Il sano manca spesso di delicatezza, di attenzione, di indulgenza, di comprensione: tutte qualità che fioriscono nella terra della sofferenza.

Nella sua debolezza, il malato è potente.

Partecipa al mistero della povertà e della debolezza di Dio, perché mai Dio è più potente che nel suo amore disarmato: bambino a Bethlemme, crocifisso sul Golgota, ostia nell'eucaristia.

Come Cristo il sofferente possiede una misteriosa potenza di santificazione su quelli che si avvicinano.

Un religoso malato di cancro che gli rodeva il volto, non aveva più occhi, ne naso, ne palato.

Poteva a malapena parlare.

In un soffio diceva: « Non sono mai stato tanto prete come da quando sono crocifisso ».

Una persona colpita dall'età di quattro anni, da una malattia della pelle, che portava come un cilicio naturale, ne aveva fatto un mantello di tenerezza a servizio degli altri.

Quante volte colui che si avvicina al malato come consolatore, se ne va « consolato »!

Il malato, il sofferente, come Cristo eucaristico, lavora a trasformare l'universo.

Il suo corpo torturato, come il seme macinato, diventa la materia del sacrificio.

Già in stato di vittima, è tutt'uno con Cristo immolato.

Nessuno è più adatto di lui alla comunione.

Distaccato, vuoto di sé, offre al Signore tutto il suo spazio vitale perché Egli lo invada, affinchè Egli possa entrare in lui.

Così la sofferenza, provata, vissuta, assunta sul piano personale, può diventare, sul piano ecclesiale e sacramentale, incontro nuziale dello Sposo e della Sposa, anticipazione del rinnovamento finale della storia.

Dio quindi non ha eliminato la sofferenza, ma ne ha cambiato il significato.

Abitata dall'amore dell'Innocente crocifisso, essa s'illumina dal di dentro.

Trasfigura, salva, divinizza.

La sofferenza innocente ha d'ora in poi il volto dell'Innocente crocifisso: è trascinata nello stesso mistero d'amore.

Si può immaginare un mondo senza sofferenza; ma non si potrebbe immaginare maggior amore che nel nostro universo sofferente.

E san Paolo aggiunge: « Le sofferenze del tempo presente non si possono paragonare alla gloria che deve essere rivelata in noi » ( Rm 8,18 ).

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