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VI - La grandezza

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Se un animale facesse per intelligenza ciò che fa per istinto, e se parlasse con intelligenza, invece di esprimersi istintivamente, quando va a caccia e deve avvertire i suoi simili che ha trovato la preda o l'ha persa, parlerebbe anche di cose che gli interessano di più, come dire: « Rosicchiate questo laccio che mi ferisce e che non riesco a raggiungere ».

97

Grandezza.

Le ragioni degli effetti rivelano la grandezza dell'uomo, la sua capacità di aver tratto dalla concupiscenza un ordine così bello.

98

Il becco che il pappagallo strofina benché sia pulito.

99

Chi dentro di noi prova piacere?

La mano forse, il braccio, la carne, il sangue?

Deve essere necessariamente qualcosa d'immateriale.

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Contro lo scetticismo.

Noi supponiamo che tutti le concepiamo allo stesso modo.

Ma è una supposizione del tutto gratuita perché non ne abbiamo alcuna prova.

Vedo bene che usiamo queste parole nelle medesime circostanze, e che ogni volta che due uomini vedono un corpo cambiare posto, esprimono entrambi l'immagine di questo oggetto con la stessa parola, e l'uno e l'altro dicono che si è mosso, e da questa applicazione costante se ne ricava l'invincibile congettura di una conformità d'idee, ma ciò non è assolutamente convincente, di una certezza ultima, anche se ci si può scommettere, perché si sa che spesso si ottengono le stesse conseguenze da supposizioni diverse.

Questo è sufficiente per imbrogliare almeno la materia, anche se ciò non cancella del tutto l'evidenza naturale che ci assicura dell'esistenza delle cose.

Gli accademici avrebbero partita vinta, ma ciò la offusca e turba i dogmatici, per la gloria della cabala scettica che si riduce a questa ambigua ambiguità, e a una certa oscurità dubbiosa, da cui i nostri dubbi non possono togliere ogni chiarezza, né la nostra intelligenza può cacciare ogni tenebra.

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Noi conosciamo la verità non solo con la ragione ma anche con il cuore.

È in quest'ultimo modo che conosciamo i primi princìpi, e invano il ragionamento, che non vi svolge alcun ruolo, cerca di opporvisi.

Gli scettici, che non hanno altro scopo, ci provano inutilmente.

Sappiamo di non sognare, per quanto ci sia impossibile dimostrarlo con la ragione; questa impossibilità significa che la nostra ragione è debole, non che tutte le nostre conoscenze sono incerte, come essi pretendono.

Perché la conoscenza dei primi principi, come l'esistenza dello spazio, del tempo, del movimento, dei numeri, è salda come nessuna di quelle che ci danno i ragionamenti, ed è su queste conoscenze del cuore e dell'istinto che la ragione deve appoggiarsi, fondandovi ogni suo ragionamento.

Il cuore sente che lo spazio ha tre dimensioni e che i numeri sono infiniti, la ragione dimostra in seguito che non esistono due numeri quadrati uno dei quali sia doppio dell'altro.

I principi si sentono, le preposizioni si deducono, e in entrambi i casi con certezza, sebbene per vie diverse.

Ed è inutile e ridicolo che la ragione domandi al cuore le prove di quei primi principi per voler dare il suo assenso, così come sarebbe ridicolo che il cuore domandasse alla ragione un sentimento di tutte le proposizioni che dimostra di volerle accettare.

Questa impossibilità non deve servire dunque che a umiliare la ragione, che vorrebbe giudicare di tutto, non a negare la certezza, come se non ci fosse che la ragione capace di istruirci.

Volesse Dio, al contrario, che non ne avessimo mai bisogno, e che noi conoscessimo ogni cosa con l'istinto e il sentimento!

Ma la natura ci ha rifiutato questo bene; al contrario non ci ha dato che pochissime conoscenze di questo tipo; tutte le altre non possono essere acquisite che per mezzo del ragionamento.

Questo è il motivo per cui quelli a cui Dio ha dato la religione per sentimento del cuore sono ben fortunati e ben legittimamente persuasi; ma a quelli che non l'hanno, noi possiamo darla solo per ragionamento, in attesa che Dio la doni loro per il sentimento del cuore, senza di che la fede non è che un fatto umano e inutile per la salvezza.

102

Posso ben concepire un uomo senza mani, piedi, testa, perché solo l'esperienza ci insegna che la testa è più necessaria dei piedi.

Ma non posso concepire l'uomo senza pensiero.

Sarebbe una pietra o un bruto.

103

Istinto e ragione, segni di due nature.

104

Canna pensante.

Non è nello spazio che devo cercare la mia dignità, ma nell'ordine dei miei pensieri.

Non avrei alcuna superiorità possedendo terre.

Nello spazio, l'universo mi comprende e m'inghiotte come un punto; nel pensiero, io lo comprendo.

105

Ciò che fa grande la grandezza umana è che si riconosce miserabile; un albero non si riconosce miserabile.

Riconoscersi miserabili significa dunque essere miserabili, ma riconoscersi miserabili significa essere grandi.

106

Immaterialità dell'anima.

Quale materia ha potuto far sì che i filosofi domassero le loro passioni?

107

Anche tutte quelle miserie provano la sua grandezza.

Sono miserie da gran signore, miserie di un re spodestato.

108

La grandezza dell'uomo.

La grandezza dell'uomo è così evidente che si ricava perfino dalla sua miseria, perché quello che per gli animali è la natura, nell'uomo lo chiamiamo miseria; da ciò riconosciamo che, se oggi la sua natura è simile a quella degli animali, egli è decaduto da una natura migliore che un tempo era la sua.

E in effetti chi può lamentarsi di non essere un re se non un re spodestato?

Paolo Emilio era forse considerato infelice perché non era un console?

Al contrario tutti ritenevano che egli fosse felice di esserlo stato, dal momento che la sua condizione non era di esserlo sempre.

Ma Perseo era ritenuto così infelice di non essere più re, dal momento che la sua condizione comportava di esserlo sempre, che si trovava strano sopportasse ancora la vita.

Chi si ritiene infelice di non avere che una bocca, e chi non si riterrebbe infelice di avere un occhio solo?

A nessuno forse è mai venuto in mente di affliggersi per non avere tre occhi, ma chi non ne ha è inconsolabile.

109

Grandezza dell'uomo fin nella concupiscenza, per averne ricavato un ordine ammirevole e averne fatto un'immagine della carità.

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