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XXVI - Morale cristiana

332

Il cristianesimo è strano.

Ingiunge all'uomo di riconoscere la propria viltà e il proprio abominio, ma gli ingiunge anche di voler essere simile a Dio.

Senza un tale contrappeso, questa elevazione lo renderebbe orrendamente vano, mentre questo abbassamento lo renderebbe orrendamente abietto.

333

La miseria induce alla disperazione.

L'orgoglio induce alla presunzione.

L'incarnazione rivela all'uomo la grandezza della sua miseria tramite la grandezza del rimedio necessario.

334

Né un abbassamento che ci rende incapaci del bene, né una santità esente dal male.

335

Non esiste una dottrina più adatta all'uomo di quella che lo educa alla sua ambivalente capacità di ottenere e di perdere la grazia a causa del doppio pericolo, a cui è sempre esposto, della disperazione e dell'orgoglio.

336

Di tutto ciò che esiste sulla terra, egli partecipa solo ai dispiaceri, non ai piaceri.

Ama quelli che gli stanno vicini, ma la sua carità non si rinchiude dentro questi limiti, allargandosi ai suoi nemici e poi a quelli di Dio.

337

Che differenza tra come obbedisce un soldato e un certosino!

Pur essendo in ugual misura obbedienti e sottoposti, il soldato spera sempre di diventare uno che comanda, senza mai diventarlo, perché anche i capitani e i principi sono sempre schiavi e sottoposti, ma lo spera comunque, e s'impegna costantemente per diventarlo, mentre il certosino fa voto di non essere mai altro che sottoposto; dunque essi non differiscono per quanto riguarda una perpetua servitù, che sempre devono subire, ma per la speranza, che in uno c'è sempre, nell'altro mai.

338

Nessuno è felice come un autentico cristiano, né ragionevole, né virtuoso, né amabile.

339

Con quanto poco orgoglio un cristiano si crede unito a Dio!

Con quanta poca abiezione si paragona ai vermi della terra!

L'eleganza con cui accetta la vita e la morte, il bene e il male!

340

Gli esempi dei generosi morti Lacedemoni e di altri non ci toccano affatto, perché a cosa ci servono?

Ma l'esempio della morte dei martiri ci tocca, perché sono nostre membra.

Abbiamo un legame con loro: la loro fermezza può essere la nostra, non solo con l'esempio, ma perché forse è il pegno della nostra.

Nulla di ciò negli esempi pagani.

Nessun legame con loro.

Così come non diventiamo ricchi per il solo fatto di vedere un estraneo che lo è ma per vedere che lo sono nostro padre o nostro marito.

341

Morale.

Avendo Dio fatto il cielo e la terra che non avvertono la gioia di esistere, egli ha voluto fare delle creature che lo riconoscessero e che formassero un corpo di membra pensanti.

Perché le nostre membra non avvertono la gioia della loro unione, della loro ammirevole intelligenza, della cura che la natura mette nell'introdurvi gli spiriti vitali e nel farli crescere e durare.

Come sarebbero felici se sentissero e se vedessero!

Ma per questo, dovrebbero essere fornite di intelligenza per capire, e di buona volontà per consentire alla volontà dell'anima universale.

Mentre se, essendo dotate di intelligenza, se ne servissero per trattenere in se stesse il nutrimento senza lasciarlo scorrere verso le altre membra, non solo sarebbero ingiuste, ma anche miserabili, e si odierebbero più che amarsi, dal momento che la loro beatitudine, non meno del loro dovere, consiste nel conformarsi alla condotta dell'anima intera a cui appartengono, che le ama più di quanto non amino se stesse.

342

Sei forse meno schiavo per il fatto di essere amato e lusingato dal tuo padrone?

Sei molto fortunato, o schiavo, il tuo padrone ti lusinga.

Tra poco ti batterà.

343

Anche quando la volontà individuale potesse avere tutto ciò che vuole, non sarebbe mai soddisfatta; ma quando vi si rinuncia, si è soddisfatti.

Senza di essa non si può essere scontenti, con essa non si può essere contenti.

344

Essi lasciano campo libero alla concupiscenza soffocando lo scrupolo, mentre bisognerebbe fare il contrario.

345

Riporre la propria speranza nella forma significa essere superstiziosi, ma non volervisi sottomettere significa essere superbi.

346

L'esperienza ci mostra un'enorme differenza tra la devozione e la bontà.

347

In ogni religione ci sono due tipi d'uomo.

Vedi « Perpetuità ».

Superstizione, concupiscenza.

348

Per niente formalisti.

Quando san Pietro e gli apostoli decidono di abolire la circoncisione, e si trattava di andare contro la legge di Dio, essi non consultano i profeti ma semplicemente la recezione dello Spirito Santo nella persona degli incirconcisi.

Essi giudicano più certo che Dio approvi coloro che riempie con il suo Spirito, che non osservare la legge.

Essi sapevano che il fine della legge era solo lo Spirito Santo e che dunque, poiché lo si aveva anche senza circoncisione, essa non era necessaria.

349

Membra.

Cominciare da lì.

Per dare un regola all'amore di sé, dobbiamo immaginare un corpo pieno di membra pensanti, perché noi siamo membra del tutto, e vedere come ogni membro dovrebbe amarsi, ecc.

Repubblica.

La repubblica cristiana e anche quella ebraica hanno avuto per capo solo Dio, come osserva Filone Ebreo, Sulla Monarchia.

Quando combattevano, era solo per Dio, e riponevano essenzialmente la loro speranza in Dio.

Le loro città appartenevano a Dio e per lui conservavano.

I Paraliponemi, 19, 13.

350

Per far sì che le membra siano felici, è necessario che abbiano una volontà e che la rendano conforme al corpo.

351

Ci si immagini un corpo pieno di membra pensanti.

352

Essere membro significa avere vita, essere e movimento solo dallo spirito del corpo e per il corpo.

Il membro separato, non vedendo più il corpo al quale appartiene, ha un solo essere in declino e morente.

Tuttavia crede di essere un tutto e, non vedendo più il corpo da cui dipende, pensa di dipendere solo da sé e vuole farsi centro e corpo egli stesso.

Ma non avendo in sé il principio vitale, non fa che errare e si stupisce nell'incertezza del suo essere, accorgendosi bene che non è corpo, ma al tempo stesso non vedendo che è membro di un corpo.

Alla fine, quando si riconosce per quello che è, è come se ritornasse in sé e si ama solo in vista del corpo.

Deplora i suoi errori passati.

Per sua natura non potrebbe amare altra cosa se non per sé e per legarla a sé, perché ogni cosa ama se stessa più del tutto.

Ma amando il corpo, ama se stesso, perché il suo essere dipende da quello, per mezzo suo e come suo scopo.

« Qui adhaeret deo unus spiritus est ».

Il corpo ama la mano, e la mano, se avesse una volontà, dovrebbe amarsi allo stesso modo in cui l'ama l'anima.

Ogni amore che si spinge oltre è ingiusto.

« Adhaerens deo unus spiritus est », ci si ama in quanto membra di Gesù Cristo.

Amiamo Gesù Cristo perché è il corpo di cui siamo membra.

Tutto è uno.

Uno è nell'altro come le tre persone.

353

Non dobbiamo amare che Dio e odiare noi stessi.

Se il piede avesse sempre ignorato di appartenere al corpo e che c'era un corpo da cui dipendeva, se non avesse avuto che la conoscenza e l'amore di sé e venisse a sapere di appartenere a un corpo da cui dipende, che rammarico, che confusione sarebbe la sua vita passata, per essere stato inutile al corpo che gli ha trasmesso la vita, che lo avrebbe annientato se l'avesse rigettato e separato da sé come egli si separava dal corpo!

Che preghiere per essere mantenuto!

E con quale docilità si lascerebbe governare dalla volontà che regge il corpo, fino a consentire di essere tagliato, se necessario!

Altrimenti perderebbe la sua caratteristica di membro, perché è necessario che ogni membro accetti di perire per quel corpo al quale tutto deve il proprio essere.

354

Se piedi e mani avessero una volontà propria, non esplicherebbero la loro funzione se non sottomettendo la loro volontà a quella principale che governa tutto il corpo.

Al di fuori di ciò, vivono nel disordine e nell'infelicità, mentre volendo il bene del corpo, perseguono il proprio bene.

355

I filosofi hanno consacrato il vizio trasferendolo in Dio stesso, i cristiani hanno consacrato le virtù.

356

Due leggi sono sufficienti per regolare tutta la repubblica cristiana, meglio di ogni legge politica.

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