Summa Teologica - I

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Articolo 1 - Se sia di per sé evidente che Dio esiste

1 Sent., d. 3, q. 1, a. 2; 1 Cont. gent., cc. 10, 11; 3, c. 38; De verity., q. 10, a. 12; De Pot., q. 7, a. 2, ad 11; in Psalm. 8; De Trinit., q. 1, a. 3, ad 6

Pare che sia di per sé evidente che Dio esiste.

Infatti:

1. Noi diciamo evidenti di per sé quelle cose di cui abbiamo naturalmente insita la conoscenza, come accade nel caso dei primi principi.

Ora, come assicura il Damasceno [ De fide orth. 1, 3 ], « la conoscenza dell'esistenza di Dio è insita in tutti naturalmente ».

Quindi l'esistenza di Dio è di per sé evidente.

2. Evidente di per sé è ciò che viene inteso subito, appena ne vengono percepiti i termini; e questo Aristotele [ Anal. post. 1, 3 ] lo attribuisce ai primi principi della dimostrazione: conoscendo infatti che cosa è il tutto e che cosa è la parte, subito si intende che il tutto è maggiore della sua parte.

Ora, inteso che cosa significhi la parola Dio, all'istante si capisce che Dio esiste.

Si indica infatti con questo nome ciò di cui non si può pensare nulla di più grande; ma ciò che esiste al tempo stesso nella mente e nella realtà è più grande di quanto esiste soltanto nella mente: siccome dunque, appena si è inteso questo nome Dio, subito esso viene a esistere nella mente, ne segue che esiste anche nella realtà.

Quindi che Dio esiste è di per sé evidente.

3. È di per sé evidente che esiste la verità: infatti chi nega l'esistenza della verità ammette che esiste una verità, poiché se la verità non esiste sarà vero che la verità non esiste.

Ma se vi è qualcosa di vero bisogna che esista la verità.

Ora, Dio è la Verità, secondo quelle parole [ Gv 14,16 ]: « Io sono la via, la verità, la vita ».

Quindi che Dio esiste è di per sé evidente.

In contrario:

Nessuno può pensare l'opposto di ciò che è di per sé evidente, come spiega Aristotele [ Met. 4, 3; Anal. post. 1, 10 ] riguardo ai primi principi della dimostrazione.

Ora, si può pensare l'opposto dell'enunciato: Dio esiste, secondo il detto del Salmo [ Sal 53,2 ]: « Lo stolto pensa: Dio non esiste ».

Quindi che Dio esista non è di per sé evidente.

Dimostrazione:

Una cosa può essere di per sé evidente in due modi:

primo, in se stessa, ma non per noi;

secondo, in se stessa e anche per noi.

Infatti una proposizione è di per sé evidente se il predicato è incluso nella nozione del soggetto, come per esempio: l'uomo è un animale, poiché animale fa parte della nozione stessa di uomo.

Se dunque è a tutti nota la natura del predicato e del soggetto, la proposizione risultante sarà per tutti evidente, come avviene nei primi principi delle dimostrazioni, i cui termini sono nozioni comuni che nessuno può ignorare, come ente e non ente, il tutto e la parte, ecc.

Se però a qualcuno rimane sconosciuta la natura del predicato e del soggetto, la proposizione sarà evidente in se stessa, ma non per quanti ignorano il predicato e il soggetto della proposizione.

E così accade, come nota Boezio [ De Hebdom., proem. ], che alcuni concetti sono comuni ed evidenti solo per i dotti: questo p. es.: « Le realtà immateriali non sono circoscritte in un luogo ».

Dico dunque che questa proposizione: Dio esiste, in se stessa è immediatamente evidente, poiché il predicato si identifica con il soggetto, dato che Dio, come vedremo in seguito [ q. 3, a. 4 ], è il suo stesso essere; ma siccome noi ignoriamo l'essenza di Dio, per noi non è evidente, e necessita di essere dimostrata per mezzo di quelle cose che sono a noi più note, anche se per loro natura meno evidenti, cioè mediante gli effetti.

Analisi delle obiezioni:

1. È vero che noi abbiamo naturalmente una conoscenza generale e confusa dell'esistenza di Dio, in quanto cioè Dio è la felicità dell'uomo: poiché l'uomo desidera naturalmente la felicità, e ciò che è naturalmente desiderato dall'uomo è anche da lui naturalmente conosciuto.

Ma ciò non è propriamente un conoscere che Dio esiste, come non è conoscere Pietro il vedere che qualcuno viene, sebbene chi viene sia proprio Pietro: molti infatti pensano che il bene perfetto dell'uomo, cioè la felicità, consista nelle ricchezze, altri nei piaceri, altri in qualche altra cosa.

2. Può anche darsi che colui che sente questa parola Dio non capisca che si vuole significare con essa un ente di cui non si può pensare nulla di più grande, dal momento che alcuni hanno creduto che Dio fosse un corpo.

Ma dato pure che tutti col termine Dio intendano significare ciò che si dice, cioè un ente di cui non si può pensare nulla di più grande, da ciò non segue tuttavia la persuasione che l'essere espresso da tale nome esista nella realtà delle cose, ma soltanto che esiste nella percezione dell'intelletto.

E non si può arguire che esista nella realtà se prima non si ammette che nella realtà vi è una cosa di cui non si può pensare nulla di più grande: il che non è concesso da quanti dicono che Dio non esiste.

3. Che esista la verità in generale è di per sé evidente, ma che vi sia una prima Verità non è per noi altrettanto evidente.

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