Articolo 2

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Articolo 2 - Se l'essere immutabile sia una proprietà esclusiva di Dio

Infra, q. 10, a. 3; q. 65, a. 1, ad 1; III, q. 57, a. 1, ad 1; In 1 Sent., d. 8, q. 3, a. 2; d. 19, q. 5, a. 3; In 2 Sent., d. 7, q. 1, a. 1; De Malo, q. 16, a. 2, ad 6; Quodl., 10, q. 2

Pare che l'essere immutabile non sia una proprietà esclusiva di Dio.

Infatti:

1. Dice Aristotele [ Met. 2,2 ] che in tutto ciò che si muove c'è la materia.

Ora, vi sono delle sostanze create, come gli angeli e le anime, che sono prive di materia, come opinano alcuni.

Quindi essere immutabile non è esclusivo di Dio.

2. Tutto ciò che si muove, si muove per un fine: quindi ciò che è arrivato al possesso del suo fine ultimo non si muove più.

Ora, vi sono delle creature, come i beati, che hanno già raggiunto il proprio fine ultimo.

Vi sono dunque delle creature immobili.

3. Tutto ciò che è mutevole è variabile.

Ma le forme sono invariabili: è detto infatti nel Liber Sex Principiorum [ 1 ] che « la forma consiste in una semplice e invariabile essenza ».

Quindi l'essere immutabile non è proprietà esclusiva di Dio.

In contrario:

Dice S. Agostino [ De nat. boni 1 ]: « Solo Dio è immutabile; tutte le cose che ha creato, essendo dal nulla, sono invece mutevoli ».

Dimostrazione:

Solo Dio è del tutto immutabile: ogni creatura, invece, è in qualche modo mutevole.

Bisogna notare, infatti, che una cosa può dirsi mutevole in due modi: o per una potenza [ passiva ] ad essa inerente, o per un potere [ potenza attiva ] esistente in un altro essere.

Ora tutte le creature, prima che fossero, non avevano la possibilità di esistere in virtù di una potenza creata, poiché nulla di creato può essere eterno, ma solo in virtù della potenza divina, in quanto Dio poteva porle nell'esistenza.

E come dipende dalla volontà di Dio che le cose vengano all'esistenza, così dalla sua volontà dipende la loro conservazione nell'essere: poiché Dio non le conserva nell'esistenza in altro modo che dando loro continuamente l'essere, di maniera che, se Dio sottraesse loro la sua azione, ritornerebbero tutte nel nulla, come spiega S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12 ].

Come dunque, prima che esistessero in se medesime, era in potere del Creatore che esse venissero all'esistenza, così è in potere del Creatore, dopo che sono venute all'esistenza, che cessino di esistere.

Quindi tutte le creature, per un potere esistente in un altro essere, cioè in Dio, sono soggette a mutamento, in quanto poterono da Dio essere tratte dal nulla all'esistenza e possono da lui essere ridotte dall'esistenza al nulla.

Considerando poi la mutabilità dovuta a una potenza immanente alla cosa stessa, anche così ogni creatura risulta in qualche modo mutevole.

Nella creatura, infatti, vi è una doppia potenza, cioè attiva e passiva.

E chiamo potenza passiva quella secondo cui una data cosa può raggiungere la sua perfezione, o nell'essere o nel conseguimento del fine.

Se dunque si considera la mutabilità di una cosa in base a una potenzialità nell'ordine dell'essere, allora la mutabilità non si trova in tutte le creature, ma soltanto in quelle in cui ciò che in esse è potenziale può stare insieme col non essere [ in atto ].

Quindi nei corpi inferiori vi è mutabilità tanto secondo l'essere sostanziale, poiché la loro materia può esistere senza la loro presente forma sostanziale, quanto secondo l'essere accidentale, se il soggetto è compatibile con la privazione dell'accidente: come questo soggetto uomo è compatibile con il non essere bianco, e quindi può mutare da bianco in non bianco.

Se però l'accidente è tale da risultare necessariamente dai principi essenziali del soggetto, allora la privazione di tale accidente non può coesistere col soggetto, e quindi il soggetto non può mutare secondo questo accidente: p. es. la neve non può diventare nera.

- Nei corpi celesti, invece, la materia non è compatibile con la privazione della forma, poiché la loro forma esaurisce, conducendola a perfezione, tutta la potenzialità della materia: quindi i corpi celesti non sono mutevoli quanto all'essere sostanziale; [ sono però mutevoli ] quanto al trovarsi in un luogo, poiché il soggetto, [ cioè il corpo celeste ], è compatibile con la privazione di questo o di quel luogo.

Finalmente le sostanze incorporee, essendo forme sussistenti, le quali tuttavia stanno al loro essere come la potenza all'atto, non sono compatibili con la privazione di questo atto, poiché l'essere consegue alla forma, e nulla perisce se non per il fatto che perde la forma.

Quindi nella forma stessa non vi è potenza al non-essere: per cui tali sostanze sono immutabili e invariabili quanto al loro essere.

E questo vuol dire Dionigi [ De div. nom. 4 ] quando scrive che « le sostanze intellettuali create sono pure da ogni generazione e da ogni variazione, in quanto sono spirituali e immateriali ».

Tuttavia rimane in esse una duplice mutabilità.

Una in quanto sono in potenza rispetto al fine e possono così, per libera scelta, mutare dal bene al male, come dice il Damasceno [ De fide orth. 2,3 ].

L'altra invece secondo il luogo, in quanto con la loro potenza limitata possono influire là dove prima non influivano: il che non può dirsi di Dio, il quale con la sua infinità riempie ogni luogo, come sopra [ q. 8, a. 2 ] si è detto.

In conclusione, in ogni creatura si trova la potenza [ o la possibilità ] del mutamento: o quanto all'essere sostanziale, come nei corpi corruttibili, o quanto al luogo soltanto, come nei corpi celesti, o quanto all'ordinamento al fine e all'applicazione della potenza operativa a diversi oggetti, come negli angeli.

Universalmente poi tutte le creature senza eccezione sono mutevoli rispetto alla potenza del Creatore, dal cui potere dipende il loro esistere e il loro non esistere.

Quindi, non essendo Dio mutevole in nessuno dei sopraddetti modi, è sua proprietà esclusiva essere del tutto immutabile.

Analisi delle obiezioni:

1. L'argomento vale per la mutabilità secondo l'essere sostanziale o accidentale: di tali mutamenti infatti trattano i naturalisti.

2. Gli angeli buoni, oltre all'immutabilità dell'essere, che compete loro naturalmente, hanno l'immutabilità della scelta, [ assicurata loro ] dalla divina potenza; tuttavia resta in essi la mutabilità rispetto al luogo.

3. Le forme sono dette invariabili perché esse stesse non possono venir sottoposte a variazioni; sono però soggette a variare in quanto il soggetto [ acquistandole o perdendole ] varia in base ad esse.

Quindi è evidente che esse cambiano nella maniera stessa in cui hanno l'esistenza: infatti non vengono dette enti come se fossero esse stesse il soggetto dell'essere, ma perché per mezzo di esse qualcosa è.

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