Summa Teologica - I

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Articolo 2 - Se ci sia opposizione tra l'uno e i molti

In 1 Sent., d. 24, q. 1, a. 3, ad 4; De Pot., q. 3, a. 16, ad 3; q. 9, a. 7, ad 14 sqq.; In 10 Metaph., lect. 4, 8

Pare che l'uno e i molti non si oppongano.

Infatti:

1. Nessun contrario viene affermato del suo contrario.

Ma secondo quanto si è detto [ a. prec. ], ogni molteplice è in qualche modo uno.

Quindi l'uno non si oppone ai molti.

2. Nessuna cosa è costituita dal suo opposto.

Ma l'unità costituisce la moltitudine.

Quindi non si oppone ad essa.

3. A una cosa se ne oppone una sola altra.

Ma al molto si oppone il poco.

Quindi non gli si oppone l'uno.

4. Se l'uno si oppone alla moltitudine, le si oppone come l'indiviso al diviso: e così le si oppone come la privazione al possesso.

Ora, ciò pare ripugnare, poiché ne verrebbe che l'unità sarebbe posteriore alla moltitudine e verrebbe definita per mezzo di essa, mentre invece è la moltitudine che è definita per mezzo dell'unità.

Vi sarebbe quindi un circolo vizioso nella definizione, il che non può essere ammesso.

Quindi l'uno e i molti non sono tra loro opposti.

In contrario:

Opposte fra di loro sono quelle cose le cui nozioni sono contrastanti.

Ma la nozione dell'uno consiste nell'indivisibilità, mentre quella della moltitudine contiene in sé la divisione.

Quindi l'uno e i molti sono tra loro opposti.

Dimostrazione:

L'uno si oppone ai molti, ma in maniere diverse.

L'uno infatti che è principio del numero si oppone alla pluralità numerica come la misura al misurato: infatti l'uno include il concetto di prima misura, e il numero è la moltitudine misurata dall'uno, come dimostra Aristotele [ Met. 10,1 e 6 ].

L'uno invece che si identifica con l'ente si oppone alla molteplicità a modo di privazione, cioè come l'indiviso si oppone a ciò che è diviso.

Analisi delle obiezioni:

1. Nessuna privazione toglie completamente l'essere, poiché la privazione è la negazione in un soggetto, come dice Aristotele [ Cat. 8; Met. 3,2 ].

Tuttavia ogni privazione toglie una qualche entità.

Se quindi si tratta dell'ente stesso avviene, a causa dell'universalità del termine, che la privazione di entità si fonda sull'ente medesimo: il che non accade invece nelle privazioni di forme particolari, come la vista, la bianchezza e simili.

E come è per l'ente, così è per l'uno e per il bene, che si identificano con l'ente: infatti la privazione del bene si fonda su qualche bene, e similmente la privazione dell'unità si fonda su qualche unità.

Può quindi capitare che la moltitudine sia una certa unità, e il male un certo bene, e il non-ente un certo ente.

Tuttavia non si predica un contrario del suo contrario, poiché l'uno è preso in senso assoluto e l'altro in senso relativo.

Ciò infatti che è ente in un certo qual modo, perché in potenza, è non-ente in senso assoluto, cioè in atto: come ciò che è ente in senso assoluto, come la sostanza, sotto un certo aspetto può essere non-ente, rispetto cioè a qualche entità accidentale.

Similmente dunque ciò che è bene sotto un certo aspetto può essere male assolutamente parlando, o viceversa.

E così anche ciò che in senso assoluto è uno può essere molteplice sotto un certo aspetto, e viceversa.

2. Il tutto è di due specie: c'è il tutto omogeneo, che si compone di parti simili, e il tutto eterogeneo, che si compone di parti dissimili.

In un tutto omogeneo le parti che lo costituiscono hanno la forma del tutto, come ciascuna parte dell'acqua è acqua: e in questo modo è costituito il continuo dalle sue parti.

In ogni tutto eterogeneo invece qualsiasi parte manca della forma del tutto: nessuna parte della casa infatti è casa, e nessuna parte dell'uomo è uomo.

E un tale tutto è la moltitudine.

Ora dunque, proprio in quanto la parte della moltitudine non ha la forma di essa, la moltitudine si compone di unità, come la casa è formata di non-case: tuttavia le unità costituiscono la moltitudine non per la loro indivisibilità, per cui le si contrappongono, ma per la loro entità: come le parti della casa costituiscono la casa in quanto sono dei corpi, non perché sono non-case.

3. Il termine « molto » può essere preso in due sensi.

Primo, in modo assoluto: e così si oppone all'uno.

Secondo, in quanto implica un certo eccesso: e così si oppone al poco.

Quindi nel primo senso due sono già molti; non invece nel secondo.

4. L'uno si oppone ai molti come privazione, in quanto nel loro concetto i molti implicano l'idea di divisione.

Che quindi la divisione sia prima dell'unità è necessario non assolutamente, ma secondo il nostro modo di conoscere.

Infatti noi conosciamo le realtà semplici mediante le composte, tanto che definiamo il punto: ciò che non ha parti, oppure: il principio della linea.

Ma la molteplicità, anche logicamente, è posteriore all'uno: poiché noi non possiamo intendere come due cose tra loro divise costituiscano una molteplicità se non perché attribuiamo all'una e all'altra l'unità.

Ed è per questo che l'uno viene posto nella definizione della molteplicità, e non invece la molteplicità nella definizione dell'uno.

Ma non appena negato l'ente, subito l'intelletto concepisce la divisione.

In modo che prima di tutto si presenta alla nostra intelligenza l'ente; in secondo luogo il fatto che questo ente non è quell'altro ente, e così apprendiamo la divisione; in terzo luogo, l'uno; in quarto luogo, la moltitudine.

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