Summa Teologica - I

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Articolo 8 - Se coloro che vedono Dio per essenza vedano in lui tutte le cose

Infra, q. 57, a. 5; q. 106, a. 1, ad 1; III, q. 10, a. 2; In 2 Sent., d. 11, q. 2, a. 2; In 3 Sent., d. 14, q. 1, a. 2, sol. 2; In 4 Sent., d. 45, q. 3, a. 1; d. 49, q. 2, a. 5; C. G., III, cc. 56, 59; De Verit., q. 8, a. 4; q. 20, aa. 4, 5

Pare che coloro che vedono Dio per essenza vedano in lui tutte le cose.

Infatti:

1. Dice S. Gregorio [ Dial. 4,33 ]: « Che cosa non vedono coloro che vedono Colui che tutto vede? ».

Ma Dio è Colui che tutto vede.

Quindi coloro che vedono Dio vedono tutte le cose.

2. Chi vede uno specchio vede tutto ciò che in esso si riflette.

Ma tutto ciò che è o che può essere si riflette in Dio come in uno specchio: egli infatti conosce tutte le cose in se stesso.

Chiunque perciò vede Dio, vede tutte le cose che sono o che possono essere.

3. Chi conosce il più può conoscere anche il meno, come dice Aristotele [ De anima 3,4 ].

Ma tutte le cose che Dio fa o che può fare sono interiori alla sua essenza.

Quindi chiunque intende Dio può intendere tutte le cose che Dio fa o che può fare.

4. La creatura razionale desidera naturalmente di conoscere tutto.

Se dunque nella visione di Dio non conosce tutte le cose, il suo desiderio naturale rimane insoddisfatto: e così anche vedendo Dio non sarà beata.

Ma questo ripugna.

Quindi nella visione di Dio conosce tutte le cose.

In contrario:

Gli angeli vedono Dio, e tuttavia non conoscono tutte le cose.

Infatti, al dire di Dionigi [ De cael. hier. 7,3 ], gli angeli inferiori sono purificati dalla loro nescienza dagli angeli superiori.

Essi poi ignorano anche i futuri contingenti e i pensieri dei cuori, essendo ciò una prerogativa esclusiva di Dio.

Non è dunque vero che chi vede l'essenza di Dio veda tutte le cose.

Dimostrazione:

L'intelletto creato, vedendo l'essenza divina, non vede in essa tutto ciò che Dio fa o può fare.

È evidente infatti che una cosa è vista in Dio come vi si trova.

Ora, tutte le cose si trovano in Dio come gli effetti si trovano virtualmente nella propria causa.

Quindi tutte le cose sono viste in Dio come gli effetti nella loro causa.

Ma è chiaro che quanto più perfettamente una causa è conosciuta, tanto maggiore è il numero degli effetti che si possono conoscere in essa.

Chi infatti ha un intelletto elevato, se gli viene proposto un solo principio dimostrativo subito ne ricava la conoscenza di molte conclusioni; il che non accade a chi è d'intelletto più debole, al quale è invece necessario spiegare tutto puntualmente.

Quindi può conoscere nella causa tutti gli effetti e tutte le ragioni degli effetti solo quell'intelligenza che comprende totalmente la causa.

Ma nessuna intelligenza creata, come si è già visto [ a. prec. ], può comprendere totalmente Dio.

Quindi nessuna mente creata, vedendo Dio, può conoscere tutto ciò che Dio fa o può fare: poiché ciò equivarrebbe a comprendere tutta la sua potenza.

Tuttavia delle cose che Dio fa o può fare l'intelletto ne vede tante di più quanto più perfettamente vede Dio.

Analisi delle obiezioni:

1. S. Gregorio si riferisce alla ricchezza intrinseca dell'oggetto, cioè di Dio, il quale, per quanto dipende da lui, contiene e fa conoscere in modo adeguato tutte le cose.

Non ne viene però che chiunque vede Dio conosca tutte le cose: poiché non lo comprende perfettamente.

2. Non è necessario che chi vede uno specchio vi scorga tutto ciò che vi si riflette, a meno che non abbracci completamente lo specchio con il suo sguardo.

3. Senza dubbio è cosa più grande vedere Dio che tutte le altre cose; ma è anche cosa più grande vedere Dio in maniera tale che in lui si vedano tutte le cose che vederlo in modo da scorgervi non tutte le cose, ma un numero minore o maggiore di esse.

Ora, abbiamo già dimostrato [ nel corpo ] che il numero degli oggetti che possono essere conosciuti in Dio dipende dal modo più o meno perfetto in cui egli è visto.

4. Il desiderio naturale di conoscere insito in ogni creatura razionale ha per oggetto tutte quelle cose che sono necessarie alla sua perfezione intellettuale: e queste sono precisamente le specie e i generi delle cose e le loro cause, e tutte queste cose saranno viste da chiunque contempli l'essenza divina.

Conoscere invece tutti i soggetti singolari, con i loro pensieri e con le loro opere, non è richiesto alla perfezione dell'intelletto creato, né a ciò tende il suo desiderio naturale; come neanche il conoscere tutte quelle cose che ancora non esistono, ma che possono essere fatte da Dio.

Del resto, se uno conoscesse soltanto Dio, fonte e principio di tutto l'essere e di ogni verità, appagherebbe talmente l'innato desiderio di sapere che non cercherebbe più nient'altro, e sarebbe beato.

Per cui S. Agostino [ Conf. 5,4 ] dice: « Infelice l'uomo che conosce tutte quelle cose ( cioè le creature ), ma non conosce te; beato invece chi conosce te, anche se ignora quelle.

Chi poi conosce te e conosce anche quelle, non per quelle è più beato, ma per te solo è beato ».

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