Summa Teologica - I

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Articolo 1 - Se un angelo illumini l'altro

Infra, q. 111, a. 1; In 2 Sent., d. 9, q. 1, a. 2; d. 11, q. 1, a. 2; De Verit., q. 9, aa. 1, 5; Comp. Theol., c. 126

Pare che un angelo non illumini l'altro.

Infatti:

1. Gli angeli attualmente godono di quella stessa beatitudine che noi uomini possederemo nel futuro.

Ma allora nessun uomo illuminerà l'altro, poiché sta scritto [ Ger 31,34 ]: « Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri ».

Quindi neppure gli angeli si illuminano, adesso, tra di loro.

2. Negli angeli vi è un triplice lume: di natura, di grazia e di gloria.

Ma l'angelo è illuminato col lume di natura da chi lo crea, col lume di grazia da chi lo giustifica, col lume di gloria da chi lo beatifica; e tutto ciò è opera di Dio.

Quindi un angelo non illumina l'altro.

3. L'illuminazione è come una forma impressa nella mente.

Ma al dire di S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 51 ] la mente « è informata da Dio solo, senza la mediazione di alcuna creatura ».

Quindi un angelo non illumina la mente dell'altro.

In contrario:

Insegna Dionigi [ De cael. hier. 8,1 ] che « gli angeli della gerarchia inferiore sono purificati, illuminati e perfezionati dagli angeli della gerarchia superiore ».

Dimostrazione:

Un angelo ha la capacità di illuminare l'altro.

Per chiarire la cosa bisogna tener presente che l'illuminazione, nel senso in cui la parola è applicata all'intelligenza, non è che una manifestazione della verità, secondo quanto dice S. Paolo [ Ef 5,13 ]: « Tutto quello che si manifesta è luce ».

Quindi illuminare altri significa soltanto manifestare loro una verità, come appunto scrive l'Apostolo di se stesso [ Ef 3,8s ]: « A me, che sono l'infimo fra tutti i santi è stata concessa questa grazia: di illuminare tutti sull'adempimento del mistero nascosto da secoli nella mente di Dio ».

Si dice dunque che un angelo illumina l'altro in quanto manifesta a quest'altro la verità che egli conosce.

E « i teologi, al dire di Dionigi [ De cael. hier. 7,3 ], mostrano chiaramente che, tra le sostanze celesti, quelle di grado inferiore sono istruite, in tutto ciò che concerne le opere di Dio, da quelle di grado superiore ».

E poiché per conoscere, come si è detto sopra [ q. 105, a. 3 ], si richiedono due cose, cioè la virtù intellettiva e la specie intelligibile dell'oggetto, un angelo può manifestare la verità all'altro in due modi.

Primo, rafforzandone la virtù intellettiva.

Come infatti le energie fisiche di un corpo meno perfetto acquistano vigore grazie alla vicinanza di un corpo più perfetto - un corpo meno caldo, p. es., aumenta di calore per la vicinanza di un corpo più caldo -, così la virtù intellettiva di un angelo inferiore viene corroborata dal volgersi dell'angelo superiore verso di lui.

Poiché quello che è l'effetto prodotto negli esseri corporei dal loro trovarsi vicini nello spazio viene prodotto negli esseri spirituali dal volgersi dell'uno verso l'altro.

- Secondo, un angelo può manifestare la verità a un altro anche rispetto alla specie intelligibile.

Infatti l'angelo superiore conosce la verità con dei concetti più universali, che l'intelletto dell'angelo inferiore non sarebbe in grado di comprendere, essendo a lui connaturale la conoscenza della verità mediante concetti più ristretti.

Quindi l'angelo superiore suddivide, in certo qual modo, la verità da lui più universalmente concepita, affinché possa essere compresa dagli angeli inferiori; e così suddivisa la propone alla loro conoscenza.

Come anche da noi gli insegnanti suddividono e suddistinguono la verità da loro posseduta in maniera sintetica per andare incontro alla capacità degli altri.

E tale è il senso di quanto scrive Dionigi [ De cael. hier. 15,3 ]: « Ogni sostanza intellettuale, avendo ricevuto in dono da un'essenza più divina l'intellezione unitiva, la divide e la moltiplica provvidenzialmente per elevare spiritualmente quanto può l'essenza inferiore ».

Analisi delle obiezioni:

1. Tutti gli angeli, sia superiori che inferiori, vedono immediatamente l'essenza di Dio: perciò sotto questo aspetto uno non insegna all'altro.

E il Profeta parla appunto di tale insegnamento, poiché aggiunge: « Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri dicendo: "Riconoscete il Signore"; perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore ».

Però le ragioni delle opere divine, conosciute in Dio come nella loro causa, soltanto Dio è capace di vederle tutte in se stesso, poiché comprende se stesso; gli altri invece, ammessi alla visione di Dio, le conoscono in numero maggiore o minore secondo il grado della loro visione di Dio.

Quindi l'angelo superiore, rispetto alle ragioni delle opere divine, ha più conoscenze dell'angelo inferiore; e su di esse lo illumina.

E in questo senso Dionigi [ De div. nom. 4 ] dice che gli angeli « sono illuminati sulle ragioni degli esseri ».

2. Un angelo non illumina l'altro comunicandogli il lume di natura, di grazia o di gloria, ma corroborando il suo lume naturale e manifestandogli la verità su cose pertinenti allo stato di natura, di grazia o di gloria, secondo le spiegazioni date [ nel corpo ].

3. La mente è informata immediatamente da Dio o come l'immagine dal suo esemplare, essendo essa fatta soltanto a immagine di Dio, o come il soggetto dalla sua ultima forma perfettiva, dato che la mente creata è reputata sempre informe fino a quando non aderisce alla stessa prima verità.

Le altre illuminazioni invece, che derivano o dall'uomo o dall'angelo, sono come disposizioni all'ultima forma.

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