Summa Teologica - I

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Articolo 5 - Se Dio conosca le cose distinte da sé

In 1 Sent., d. 35, q. 1, a. 2; C. G., I, cc. 48, 49; De Verit., q. 2, a. 3; Comp. Theol., c. 30; In 12 Metaph., lect. 11; In De Causis, lect. 13

Pare che Dio non conosca le cose distinte da sé.

Infatti:

1. Tutto ciò che è distinto da Dio è fuori di lui.

Ora, S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 46 ] afferma che Dio « nulla vede fuori di se medesimo ».

Quindi non conosce le cose distinte da sé.

2. L'oggetto conosciuto è la perfezione di chi conosce.

Se dunque Dio conosce le cose distinte da sé, qualcosa di diverso da lui sarà la perfezione di Dio, e più nobile di lui stesso.

Il che è assurdo.

3. La conoscenza è specificata dall'oggetto intelligibile, come ogni altro atto dal suo oggetto: perciò anche il conoscere sarà tanto più nobile quanto più nobile è l'oggetto conosciuto.

Ma Dio è la stessa sua conoscenza, come è evidente da quanto abbiamo detto [ a. prec. ].

Se dunque Dio conosce qualcosa di distinto da sé, egli verrà a essere specificato da qualcosa a lui estraneo, il che è assurdo.

Quindi egli non conosce le cose distinte da sé.

In contrario:

Dice S. Paolo [ Eb 4,13 ]: « Tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi ».

Dimostrazione:

È necessario che Dio conosca le cose distinte da sé.

È chiaro infatti che egli conosce perfettamente se stesso, altrimenti il suo essere non sarebbe perfetto, essendo il suo essere il suo conoscere.

Ma quando una cosa è conosciuta perfettamente è necessario che anche la sua potenza sia conosciuta alla perfezione.

E non si può conoscere perfettamente la potenza di un essere se non si conoscono tutte le cose a cui tale potenza si estende.

Siccome dunque la potenza di Dio si estende a ciò che è fuori di lui - poiché, come sopra abbiamo dimostrato [ q. 2, a. 3 ], essa è la prima causa efficiente di tutti gli esseri -, è logico che Dio conosca le cose distinte da sé.

- E ciò diviene anche più evidente se si aggiunge che l'essere stesso della prima causa efficiente, cioè di Dio, è il suo stesso conoscere.

Quindi qualsiasi effetto preesista in Dio come nella causa prima è necessario che esista anche nel suo conoscere, e che tutte le cose si trovino in lui sotto forma di conoscenza: poiché tutto ciò che è in altro vi è secondo la maniera propria di ciò in cui si trova.

Per precisare poi in quale modo Dio conosca tutte le cose distinte da sé bisogna considerare che una cosa può essere conosciuta in due maniere: in se stessa o in un'altra.

Un soggetto è conosciuto in se stesso se viene a essere conosciuto per mezzo della sua specie intelligibile adeguata a se medesimo in quanto conoscibile: come quando l'occhio vede un uomo per mezzo dell'immagine di tale uomo.

Una cosa invece è vista in un'altra quando è vista per mezzo dell'immagine di ciò che la contiene: come quando la parte è vista nel tutto per mezzo dell'immagine del tutto, oppure quando un uomo è visto nello specchio per mezzo dell'immagine dello specchio, e in genere ogni volta che un oggetto viene a essere conosciuto in un altro.

Dunque, analogamente, bisogna dire che Dio vede se stesso in se medesimo, poiché vede se medesimo nella sua propria essenza.

Le altre cose poi, distinte da sé, le vede non in se stesse, ma in se medesimo, in quanto la sua essenza contiene la somiglianza degli altri esseri distinti da lui.

Analisi delle obiezioni:

1. L'affermazione di S. Agostino: « Dio non vede nulla fuori di sé », non significa che Dio non vede nulla di ciò che è fuori di Dio, ma che quanto è fuori di lui non lo vede che in se stesso, come si è detto [ nel corpo ].

2. L'oggetto conosciuto è la perfezione del soggetto conoscente non già secondo la sua natura, ma secondo la sua immagine, mediante la quale è presente all'intelligenza come sua forma e perfezione: « nell'anima, infatti, non c'è la pietra, ma l'immagine della pietra », osserva Aristotele [ De anima 3,8 ].

Ma le cose che sono distinte da Dio sono conosciute da lui in quanto l'essenza di Dio contiene le loro immagini, come si è detto [ nel corpo ].

Quindi non ne viene che la perfezione dell'intelletto divino sia una cosa diversa dalla stessa essenza di Dio.

3. La conoscenza non viene specificata dall'oggetto che è conosciuto di riflesso, ma dal suo oggetto principale, nel quale tutti gli altri oggetti sono conosciuti.

Infatti il conoscere in tanto è specificato dal proprio oggetto in quanto la forma intelligibile diviene principio dell'operazione intellettuale: poiché ogni operazione è specificata dalla forma che è principio dell'operazione stessa, come il riscaldare è specificato dal calore.

Quindi l'operazione intellettuale è specificata da quella forma intelligibile che rende attuale l'intelletto.

E questa è l'immagine dell'oggetto principale: che in Dio è la sua stessa essenza, nella quale sono comprese tutte le immagini delle cose.

Quindi non è necessario che la conoscenza divina, o piuttosto Dio medesimo, venga specificato da oggetti distinti dall'essenza divina.

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