Summa Teologica - I

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Articolo 9 - Se Dio voglia il male

Infra, q. 48, a. 6; In 1 Sent., d. 46, q. 1, a. 4; C. G., I, c. 95; De Pot., q. 1, a. 6; De Malo, q. 2, a. 1, ad 16

Pare che Dio voglia il male.

Infatti:

1. Tutto il bene che avviene è voluto da Dio.

Ma è un bene che ci sia il male: poiché, come dice S. Agostino [ Enchir. 96 ], « sebbene ciò che è male, in quanto è male, non sia un bene, tuttavia è cosa buona che vi sia non solo il bene, ma anche il male ».

Quindi Dio vuole il male.

2. Dionigi [ De div. nom. 4 ] scrive: « Il male contribuisce alla perfezione del tutto » ( cioè dell'universo ).

E S. Agostino [ Enchir. cc. 3,11 ]: « Dall'insieme delle cose risulta l'ammirabile bellezza dell'universo, nel quale anche ciò che è detto "male", quando è bene ordinato e messo al suo posto, fa meglio risaltare il bene: in modo che questo, messo a confronto col male, piace di più ed è più degno di lode ».

Ora, Dio vuole tutto ciò che giova alla perfezione e alla bellezza dell'universo, poiché questo soprattutto Dio vuole nelle creature.

Quindi Dio vuole il male.

3. Che il male ci sia e che il male non ci sia sono due cose contraddittorie.

Ora, Dio non vuole che il male non ci sia poiché allora, dato che il male c'è, ne verrebbe che la sua volontà non sempre si adempirebbe, [ cosa che abbiamo già esclusa ].

Quindi Dio vuole che il male ci sia.

In contrario:

Scrive S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 3 ]: « L'uomo non diventa mai peggiore per l'influsso di un uomo saggio; ma Dio è al disopra di tutti i sapienti: molto meno, dunque, uno può diventare peggiore per influsso di Dio.

E quando si dice influsso di Dio si dice volontà di Dio ».

Quindi non è per volontà di Dio che un uomo diventa peggiore.

Ora, è chiaro che per qualsiasi male una cosa diventa peggiore.

Quindi Dio non vuole il male.

Dimostrazione:

Siccome la nozione di bene coincide con la nozione di appetibile, come già vedemmo [ q. 5, a. 1 ], e siccome il male è l'opposto del bene, è impossibile che una cosa cattiva, in quanto tale, sia oggetto di desiderio da parte dell'appetito naturale, o di quello animale, o di quello intellettivo, che è la volontà.

Una cosa cattiva però può essere oggetto di desiderio indirettamente, in quanto è unita a un bene.

E ciò si riscontra in ognuno dei [ tre ] generi di appetiti.

Infatti una causa fisica non ha [ direttamente ] di mira la privazione o la distruzione [ che di fatto produce ], ma una forma alla quale è legata la privazione di un'altra forma, o la generazione di un essere che comporta la distruzione di un altro essere.

Come anche il leone, nell'uccidere un cervo, mira direttamente al cibo, al quale è congiunta l'uccisione dell'animale.

E allo stesso modo il fornicatore cerca il piacere, al quale è unita la deformità della colpa.

Il male però che si presenta unito a un dato bene è privazione di un bene d'altro genere.

Quindi un male non sarebbe mai desiderato, neppure indirettamente o accidentalmente, se il bene a cui è congiunto il male non fosse più desiderato di quel bene che il male esclude.

Ora, Dio nulla desidera più della sua stessa bontà; ci sono però dei beni che egli preferisce ad altri.

Per cui il male della colpa [ il peccato ], che allontana dal bene divino, Dio non lo vuole in alcun modo.

Invece egli può volere quel male che è una deficienza della natura, o il male della pena, quando vuole un bene a cui è unito quel male: come nel volere la giustizia vuole la pena, e volendo la conservazione dell'ordine naturale vuole che certi esseri naturalmente periscano.

Analisi delle obiezioni:

1. Alcuni dissero che Dio, sebbene non voglia il male, tuttavia vuole che il male ci sia o che avvenga: poiché, [ dicevano ], quantunque il male non sia un bene, tuttavia è un bene che ci sia il male o che avvenga.

E ragionavano così perché ciò che in se stesso è male può essere ordinato a un bene; e credevano che tale ordine fosse sufficientemente affermato in questa espressione: il male c'è o il male avviene.

Ma questa maniera di esprimersi non è esatta.

Poiché il male non è ordinato al bene per natura sua, ma solo accidentalmente.

Infatti esula dall'intenzione del peccatore che dal suo peccato derivi un bene: come fu estraneo all'intento dei tiranni che dalle loro persecuzioni risplendesse la costanza dei martiri.

Quindi non si può dire che tale subordinazione del male al bene sia espressa dalla semplice affermazione: è bene che ci sia o che avvenga il male.

Poiché una cosa non si qualifica propriamente per ciò che le conviene in modo accidentale, ma per ciò che le compete di per sé.

2. Il male non contribuisce alla perfezione e alla bellezza dell'universo se non accidentalmente, come si è spiegato [ ad 1 ].

Quindi anche il detto di Dionigi che « il male contribuisce alla perfezione dell'universo » vale come dimostrazione per assurdo.

3. È vero che tra [ le due proposizioni ]: il male esiste e il male non esiste, c'è contraddizione; non è vero però che vi sia tale opposizione contraddittoria tra volere che il male avvenga e volere che il male non avvenga, dato che ambedue le proposizioni sono affermative.

Dio, dunque, non vuole che il male avvenga, e neppure vuole che il male non avvenga, ma vuole permettere che il male avvenga.

E questo è un bene.

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