Summa Teologica - I

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Articolo 6 - Se rivesta maggiormente il carattere di male la pena o la colpa

II-II, q. 19, a. 1; In 2 Sent., d. 27, q. 3, a. 2; De Malo, q. 1, a. 5

Pare che la pena rivesta il carattere di male più della colpa.

Infatti:

1. La colpa sta alla pena come il merito al premio.

Ma il premio riveste l'aspetto di bene più del merito, essendone il fine.

Quindi la pena riveste il carattere di male più della colpa.

2. Il male che si oppone a un bene maggiore è un male maggiore.

Ma la pena, come si è detto [ a. 5 ], si oppone al bene del soggetto che agisce, la colpa invece al bene della sua operazione.

Essendo dunque l'agente un bene maggiore dell'azione, pare che la pena sia un male peggiore della colpa.

3. La privazione stessa del fine è una pena, che viene chiamata privazione della visione di Dio.

Invece il male della colpa avviene [ soltanto ] a motivo di una mancanza di ordine al fine.

Quindi la pena è un male peggiore della colpa.

In contrario:

Un artefice sapiente produce un male minore per evitarne uno maggiore: come il medico taglia un membro perché l'intero corpo non perisca.

Ma la sapienza di Dio suole infliggere delle pene per evitare delle colpe.

Quindi la colpa è un male maggiore della pena.

Dimostrazione:

La colpa riveste il carattere di male non solo più della pena sensibile, a cui si riduce la pena nel concetto dei più, pena che consiste nella privazione dei beni del corpo, ma anche prendendo la pena in generale, in quanto cioè anche la privazione della grazia o della gloria è una certa pena.

E di ciò abbiamo due prove.

La prima si ha dal fatto che una persona diventa cattiva per il male della colpa, non già per il male della pena, secondo quel detto di Dionigi [ De div. nom. 4 ] : « Il male non è essere puniti, ma diventare degni di punizione ».

Ed è così perché, consistendo il bene in senso assoluto [ simpliciter ] nell'atto e non nella potenza, ed essendo l'attività, ovvero l'uso di qualsiasi cosa posseduta, la nostra attualità piena, il bene dell'uomo in senso pieno e assoluto va ricercato nella buona attività o nel giusto uso delle cose che egli possiede.

Ora, noi facciamo uso di tutte le cose per mezzo della volontà.

Quindi si dice che un uomo è buono o cattivo per la buona o cattiva volontà, con cui si serve delle cose che egli possiede.

Infatti chi ha una cattiva volontà può fare cattivo uso anche del bene posseduto: come il grammatico che volontariamente facesse delle sgrammaticature.

Poiché dunque la colpa consiste in un atto disordinato della volontà, la pena invece nella privazione di qualcuna di quelle cose che sono sottoposte alla volontà, la colpa riveste la natura del male più della pena.

La seconda prova può essere desunta dal fatto che Dio è autore del male della punizione, ma non del male della colpa.

E il motivo è che il male della pena elimina un bene della creatura, sia che si consideri bene della creatura qualcosa di creato, p. es. la vista che viene tolta dalla cecità, sia che si tratti di un bene increato: come quando, p. es., con la privazione della visione di Dio viene sottratto alla creatura un bene increato.

Invece il male della colpa si oppone direttamente al bene increato in se stesso, e non solo in quanto partecipato dalle creature; inoltre va contro l'adempimento della divina volontà, e contro l'amore divino, con cui il bene increato è amato per se stesso.

Quindi è evidente che la colpa riveste carattere di male più della pena.

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene la colpa faccia capo alla punizione come il merito al premio, tuttavia la colpa non è voluta per la punizione annessa, come invece il merito per il premio, ma piuttosto, al contrario, si infligge la pena perché si eviti la colpa.

Quindi la colpa è un male peggiore della pena.

2. L'ordine dell'operazione che viene distrutto dalla colpa, essendo una perfezione ultima, è per l'agente un bene più perfetto della perfezione prima che viene menomata dalla punizione.

3. La colpa e la pena non si corrispondono come il fine e l'ordine al fine: poiché queste due ultime realtà possono essere ambedue compromesse in qualche modo sia dalla colpa che dalla pena.

Ma dalla pena in quanto questa ritrae l'uomo stesso dal suo fine e dall'ordine al fine, dalla colpa invece in quanto questa privazione si verifica nell'azione non indirizzata al debito fine.

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