Summa Teologica - I

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Articolo 3 - Se il moto degli angeli sia istantaneo

In 1 Sent., d. 37, q. 4, a. 3; Quodl., 9, q. 4, a. 4; 11, q. 4

Pare che il moto degli angeli sia istantaneo.

Infatti:

1. Quanto più grande è la virtù del motore, e quanto minore resistenza presenta il mobile ad esso, tanto più veloce è il moto.

Ma la virtù per mezzo della quale l'angelo muove se stesso supera senza proporzione la virtù che muove un corpo; e d'altra parte le velocità sono proporzionali alla diminuzione del tempo.

Ora, ogni durata di tempo conserva una qualche proporzione con qualsiasi altra durata di tempo.

Se quindi un corpo si muove nel tempo, l'angelo si muove istantaneamente.

2. Il moto dell'angelo è più semplice di qualsiasi mutazione fisica.

Ma ci sono delle mutazioni fisiche che avvengono in maniera istantanea, p. es. l'illuminazione: sia perché nessuna cosa viene illuminata progressivamente, come invece viene riscaldata, sia perché il raggio non giunge alle cose vicine prima di giungere a quelle lontane.

Quindi a più forte ragione il moto dell'angelo si compie in un istante.

3. Se l'angelo si muove da un luogo all'altro in un tempo determinato, è chiaro che nell'ultimo istante di quel tempo si trova al punto di arrivo.

In tutto il tempo precedente poi, o si trova nel luogo immediatamente precedente, considerato come punto di partenza, oppure è con una parte in esso e con l'altra al punto di arrivo.

Ma in questo caso sarebbe divisibile: il che è falso.

Quindi in tutto il tempo precedente si trova al punto di partenza.

E lì deve trovarsi fermo: essere fermo infatti significa trovarsi nello stesso luogo in un dato istante e in quello precedente, come già si è detto [ a. 2 ].

Ne segue perciò che si muove solo nell'ultimo istante di quel tempo.

In contrario:

In ogni mutazione c'è il prima e il poi.

Ma il prima e il poi del moto sono distinti secondo il tempo.

Quindi ogni moto avviene nel tempo, e così anche il moto dell'angelo, poiché in esso si dà un prima e un poi.

Dimostrazione:

Alcuni affermarono che il moto locale degli angeli è istantaneo.

Dicevano infatti che l'angelo, quando si muove da un luogo all'altro, in tutto il tempo precedente si trova al punto di partenza, e nell'ultimo istante di quel tempo si trova al punto di arrivo.

Né occorre che tra i due punti ve ne sia uno intermedio: come non vi è nulla di intermedio fra il tempo e il suo termine.

E siccome tra due istanti del tempo vi è un tempo intermedio, dicono che non si dà un ultimo istante in cui l'angelo si trovava ancora al punto di partenza.

Come nell'illuminazione e nella generazione del fuoco non si può trovare un ultimo istante in cui l'aria era oscura, o in cui la materia era priva della forma del fuoco, ma si dà un ultimo tempo, di modo che al termine di quel tempo c'è la luce nell'aria o la forma del fuoco nella materia.

E così l'illuminazione e la generazione sostanziale sono considerati moti istantanei.

Ma queste riflessioni non fanno al nostro caso.

Ed eccone la ragione.

È infatti proprietà essenziale dello stato di quiete che il soggetto quiescente non abbia a un dato momento una posizione diversa dalla precedente.

Quindi in ogni istante del tempo che misura lo stato di quiete il soggetto quiescente è nella stessa posizione tanto nel primo istante che nell'istante intermedio e nell'ultimo.

Invece è proprio dell'essenza del moto che quanto si muove abbia una disposizione sempre diversa da quella di prima: perciò in ogni istante del tempo che misura il moto il mobile muta disposizione.

Ne segue perciò che nell'ultimo istante esso ha una forma che prima non aveva.

È chiaro allora che rimanere immutato in qualcosa, p. es. nella bianchezza, per tutto un tempo determinato, significa rimanere immutato in qualcosa in ogni istante di quel tempo: non è dunque possibile che una cosa in tutto il tempo precedente permanga in una data disposizione, e che poi [ solo ] nell'ultimo istante si trovi ad avere un'altra disposizione.

Ciò è invece possibile presupponendo il moto: perché il moto che si svolge per tutto un certo periodo di tempo esclude il permanere in una stessa disposizione in ogni istante di quel tempo.

Per conseguenza tutte le mutazioni istantanee terminano dei moti continui: come la generazione è il termine dell'alterazione della materia, e l'illuminazione è il termine del moto locale del corpo illuminante.

- Ora, il moto locale degli angeli non è il termine di nessun altro moto continuo, ma sta a sé, non dipendendo da alcun altro moto.

Quindi non si può dire che l'angelo si trovi per tutto un periodo di tempo in un dato luogo e che nell'ultimo istante [ di esso ] si trovi in un altro luogo, ma va determinato l'ultimo istante in cui si trovava ancora nel luogo precedente.

Ora, dove ci sono più istanti che si succedono, ivi necessariamente c'è il tempo: il tempo infatti non è altro che la misura del moto secondo il prima e il poi.

Ne segue quindi che il moto dell'angelo si svolge nel tempo: nel tempo continuo se il suo moto è continuo; nel tempo non continuo se il suo moto non è continuo ( infatti il moto degli angeli può avvenire in due modi, come si è spiegato [ a. 1 ] ).

E la ragione è che la continuità del tempo deriva dalla continuità del moto, come insegna Aristotele [ Phys. 4,11 ].

Ma questo tempo, sia esso continuo o discontinuo, non è il tempo che misura il moto dei cieli e da cui sono misurate le realtà materiali, che debbono la loro mutabilità al moto del cielo.

Infatti il moto dell'angelo non dipende da quello del cielo.

Analisi delle obiezioni:

1. Quando il tempo del moto angelico non è continuo, ma è una successione di istanti, non può avere una proporzione col tempo continuo che misura il moto delle realtà materiali, non essendo della stessa natura.

Quando invece è continuo la proporzione esiste, non già perché sono proporzionati il motore e il mobile, ma perché sono proporzionate fra loro le estensioni in cui avviene il moto.

- Inoltre [ si noti che ] la velocità del moto degli angeli non dipende dalla quantità della loro virtù, ma dalla determinazione della loro volontà.

2. L'illuminazione è il termine del moto; ed è un'alterazione, non un moto locale, per cui la luce non deve necessariamente raggiungere gli oggetti vicini prima di quelli lontani.

Il moto dell'angelo invece è un moto locale, e non il termine di un moto.

Quindi il paragone non regge.

3. L'obiezione si fonda sul tempo continuo.

Ora, il tempo del moto angelico può anche non essere continuo.

E in tal caso l'angelo può a un dato istante essere in un luogo e nell'istante successivo in un altro luogo, senza tempo intermedio.

- Quando poi il tempo del moto angelico è continuo, allora l'angelo in tutto il tempo che precede l'ultimo istante passa per infiniti luoghi, come si è già spiegato [ a. 2 ].

E tuttavia si trova parte in uno dei luoghi continui e parte in un altro: non perché la sua sostanza sia divisibile, ma perché la sua virtù prende contatto con una parte del primo luogo e con una parte del secondo, come si è già visto [ a. 1 ].

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