Summa Teologica - I

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Articolo 1 - Se l'intellezione dell'angelo sia la sua sostanza

Opusc. 15, De Angelis, c. 13

Pare che l'intellezione dell'angelo sia la sua sostanza.

Infatti:

1. L'angelo è più perfetto e più semplice dell'intelletto agente della nostra anima.

Ma la sostanza dell'intelletto agente si identifica con l'azione del medesimo, come dimostrano Aristotele [ De anima 3,5 ] e il Commentatore [ 19 ].

Quindi, a più forte ragione, la sostanza dell'angelo è la sua azione, ossia l'intendere.

2. Dice il Filosofo [ Met. 12,7 ] che « l'azione dell'intelletto è vita ».

Ora, poiché « vivere », come insegna lo stesso Aristotele [ De anima 2,4 ], « per i viventi è essere », è chiaro che per essi la vita è l'essenza.

Quindi l'operazione dell'intelletto è l'essenza dell'angelo che intende.

3. Se due estremi sono un'identica cosa, anche il termine intermedio si identifica con essi: poiché c'è maggiore distanza tra un estremo e l'altro che tra un estremo e il punto intermedio.

Ora, nell'angelo sono un'identica cosa l'intelletto e l'oggetto conosciuto, per lo meno quando l'angelo conosce la propria essenza.

Quindi l'intellezione, che sta in mezzo fra l'intelletto e l'oggetto, si identifica con la sostanza dell'angelo che intende.

In contrario:

L'azione di una cosa differisce dalla sua sostanza più dell'essere della medesima.

Ma in nessuna creatura l'essere è la sua sostanza: ciò infatti è proprio di Dio soltanto, come si è visto [ q. 3, a. 4; q. 7, a. 1, ad 3; a. 2; q. 44, a. 1 ].

Quindi né l'azione degli angeli, né l'azione di alcun'altra creatura è la loro sostanza.

Dimostrazione:

È impossibile che l'azione dell'angelo, o di qualsiasi altra creatura, ne sia la sostanza.

L'azione infatti è l'atto di una facoltà, come l'essere è l'atto di una sostanza o essenza.

Ora, è impossibile che una realtà che non è atto puro e ha qualcosa di potenziale sia la sua propria attualità: poiché l'attualità è il contrario della potenzialità.

Ma soltanto Dio è atto puro.

Quindi soltanto in Dio la sostanza è il suo essere e il suo agire.

Inoltre, se l'intellezione dell'angelo fosse la sua sostanza, tale intellezione dovrebbe essere sussistente.

Ma l'intendere sussistente, come ogni realtà immateriale sussistente, non può essere che unico.

Quindi la sostanza di un angelo non si distinguerebbe né dalla sostanza di Dio, che è la stessa intellezione sussistente, né dalla sostanza di un altro angelo.

Di più, ammesso che l'angelo sia la sua stessa intellezione, non vi potrebbero essere vari gradi di intellezione più o meno perfetti; mentre invece la cosa è possibile a causa della diversa partecipazione dell'intellezione medesima.

Analisi delle obiezioni:

1. Quando si dice che l'intelletto agente è la sua azione non si vuol dire che lo è per essenza, ma per concomitanza: essendo infatti la sua natura in atto, subito, per quanto dipende da essa, ne segue l'azione.

Cosa che non si verifica per l'intelletto possibile, il quale non compie le sue azioni se non dopo essere stato posto in atto.

2. La vita non sta al vivere come l'essenza all'essere, ma come la corsa al correre.

Nel quale confronto il primo termine significa l'operazione in astratto, mentre il secondo la indica in concreto.

Per il fatto quindi che vivere equivale a essere non segue che la vita sia l'essenza [ o la sostanza ].

- Talvolta però vita è usato in luogo di essenza, come quando S. Agostino [ De Trin. 10,11.17 ] afferma che « la memoria e l'intelligenza e la volontà sono una sola essenza, una sola vita ».

Non così però viene intesa dal Filosofo quando dice che « l'azione dell'intelletto è vita ».

3. L'azione che passa in un soggetto estrinseco è realmente qualcosa di intermedio tra l'agente e il soggetto che la subisce.

Invece l'azione [ immanente ] che rimane nell'operante non è qualcosa di intermedio tra l'agente e l'oggetto in maniera reale, ma soltanto secondo il [ nostro ] modo di esprimerci: in realtà essa è il risultato dell'unione tra l'oggetto e il soggetto.

Infatti si ha l'intellezione, considerata come un effetto differente dal soggetto e dall'oggetto, solo perché l'oggetto diviene una cosa sola col soggetto conoscente.

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