Summa Teologica - I

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Articolo 2 - Se negli angeli la volontà sia distinta dall'intelletto e dalla natura

In 1 Sent., d. 42, q. 1, a. 2, ad 3; De Verit., q. 22, a. 10

Pare che negli angeli la volontà non sia distinta dal loro intelletto e dalla loro natura.

Infatti:

1. L'angelo è un essere più semplice del corpo fisico.

Ma il corpo fisico tende al fine, che è il proprio bene, in virtù della sua stessa forma.

Quindi a più forte ragione l'angelo.

Ora, forma dell'angelo può essere la natura stessa nella quale sussiste, o la specie che si trova nel suo intelletto.

Quindi l'angelo tende al bene per mezzo della sua natura e della specie intelligibile.

Ma questa inclinazione al bene è propria della volontà.

Quindi la volontà dell'angelo non è una cosa diversa dalla sua natura e dal suo intelletto.

2. L'oggetto dell'intelligenza è il vero, e della volontà il bene.

Ma tra il bene e il vero non c'è distinzione reale, bensì soltanto di ragione.

Quindi la volontà e l'intelletto non si distinguono realmente.

3. La distinzione tra proprio e comune non determina una diversità di potenze: infatti una stessa potenza vede il colore e la bianchezza.

Ma tra il bene e il vero c'è la stessa relazione che esiste tra il comune e il proprio: infatti il vero è un bene particolare, cioè il bene dell'intelletto.

Quindi la volontà, che ha per oggetto il bene, non si distingue dall'intelletto, che ha per oggetto il vero.

In contrario:

La volontà di [ alcuni ] angeli si porta soltanto sulle cose buone.

Il [ loro ] intelletto invece si porta tanto sulle cose buone quanto su quelle cattive: conosce infatti le une e le altre.

Quindi la volontà negli angeli è distinta dall'intelletto.

Dimostrazione:

La volontà negli angeli è una virtù, o potenza, che non è né loro stessa natura né il loro intelletto.

E che non sia la loro natura è evidente per il fatto che la natura o essenza di una cosa è contenuta dentro la cosa stessa: perciò tutto quanto si porta su ciò che è fuori della cosa non è l'essenza della cosa stessa.

Vediamo infatti nei corpi fisici che l'inclinazione verso l'essere stesso della cosa non deriva da facoltà distinte dall'essenza, ma dalla materia, che tende all'essere prima di possederlo, e dalla forma che, una volta raggiunto l'essere, mantiene in esso la cosa.

Invece l'inclinazione verso ciò che è estrinseco proviene da proprietà distinte dall'essenza: come l'inclinazione al luogo [ connaturale ] proviene dalla gravità o dalla levità, mentre l'inclinazione a produrre cose consimili è data dalle facoltà attive.

- Ora, la volontà ha naturalmente l'inclinazione al bene.

Quindi l'essenza e la volontà sono la stessa cosa soltanto in quell'essere in cui il bene è contenuto totalmente nell'essenza del volente, cioè in Dio, il quale non vuole nulla fuori di se medesimo se non a motivo della sua bontà.

Cosa che non può dirsi di alcuna creatura, poiché il bene infinito è fuori dell'essenza di ogni realtà creata.

Per cui né la volontà dell'angelo né quella di qualsiasi altra creatura può identificarsi con l'essenza.

Parimenti [ la volontà ] non può identificarsi né con l'intelletto dell'angelo, né con quello dell'uomo.

Si ha infatti la conoscenza perché l'oggetto conosciuto viene a trovarsi nel conoscente: per cui l'intelletto si estende a ciò che è fuori di esso nella misura in cui ciò che fisicamente è fuori dell'intelletto è ordinato a essere in qualche modo nell'intelletto stesso.

La volontà invece si estende a ciò che è fuori di essa in quanto per la sua inclinazione tende alla realtà esteriore.

Ora, il possedere in se stessi qualcosa di estrinseco, e il tendere ad esso, appartengono a facoltà diverse.

È necessario perciò che in ogni creatura l'intelletto sia distinto dalla volontà.

- Non così invece in Dio, il quale ha in se stesso la totalità dell'essere e del bene.

Per cui la volontà e l'intelletto sono la sua stessa essenza.

Analisi delle obiezioni:

1. Il corpo fisico ha un'inclinazione al proprio essere in virtù della forma sostanziale, ma non tende a ciò che è fuori di esso se non in virtù di qualità distinte dall'essenza, come si è detto [ nel corpo ].

2. Le potenze non si distinguono secondo la diversità materiale degli oggetti, bensì secondo la diversità formale, che si desume dall'aspetto oggettivo sotto cui essi vengono colti.

Quindi la diversità dei due aspetti del bene e del vero è sufficiente a stabilire la distinzione dell'intelletto e della volontà.

3. Poiché il vero e il bene si identificano nella realtà, ne segue che il bene viene colto dall'intelletto in quanto vero, e il vero diviene oggetto della volontà in quanto bene.

Tuttavia la diversità degli aspetti, come si è detto [ ad 2 ], è sufficiente a diversificare le potenze.

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