Summa Teologica - I

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Articolo 12 - Se la sinderesi sia una potenza speciale, distinta dalle altre

In 2 Sent., d. 24, q. 2, a. 3; De Verit., q. 16, a. 1

Pare che la sinderesi sia una potenza speciale, distinta dalle altre.

Infatti:

1. Le parti di una medesima divisione [ logica ] appartengono a un medesimo genere.

Ora, per S. Girolamo [ Glossa su Ez 1,6 ], la sinderesi si contraddistingue dall'irascibile, dal concupiscibile e dal razionale; e queste sono potenze.

Quindi anche la sinderesi è una potenza.

2. Gli opposti appartengono a uno stesso genere.

Ma è chiaro che la sinderesi e la sensualità sono tra loro opposte: poiché la sinderesi inclina sempre al bene, mentre la sensualità inclina sempre al male; per cui viene simboleggiata dal serpente, come dice S. Agostino [ De Trin. 12, cc. 12,13 ].

Pare perciò che la sinderesi sia una potenza, come la sensualità.

3. Dice S. Agostino [ De lib. arb. 2,10.29 ] che nel giudizio spontaneo e naturale vi sono « delle verità immutabili, delle regole e dei semi di virtù »: cioè quello che chiamiamo sinderesi.

Ma poiché le regole immutabili del nostro giudizio appartengono alla parte superiore della ragione, come dice pure S. Agostino [ De lib. arb. 2,10.29 ], è chiaro che la sinderesi non è altro che la ragione stessa.

Quindi è una potenza.

In contrario:

Secondo il Filosofo [ Met. 9,2 ] « le potenze razionali sono capaci di accogliere oggetti opposti ».

Ora, la sinderesi non ha questa capacità, ma inclina soltanto al bene.

Quindi non è una potenza.

Se infatti fosse una potenza dovrebbe essere razionale, dato che non la ritroviamo negli animali bruti.

Dimostrazione:

La sinderesi non è una potenza, ma un abito; benché alcuni l'abbiano ritenuta una potenza più alta della ragione, e altri l'abbiano identificata con la ragione, non in quanto è ragione, ma in quanto è natura.

- Per averne l'evidenza dobbiamo considerare, come si è detto sopra [ a. 8 ], che il raziocinio umano, essendo una specie di moto, parte dalla conoscenza di alcune verità che sono note per natura senza il lavoro investigativo della ragione, come da un certo principio immobile; e così pure ha il suo termine in qualcosa di intuitivo, per il fatto che giudichiamo delle cose conosciute attraverso il raziocinio alla luce dei princìpi evidenti per natura.

Ora, è chiaro che come l'intelletto speculativo ragiona sulle realtà speculative, così l'intelletto pratico tratta delle realtà operabili.

È dunque necessario che siano insiti in noi per natura non solo i princìpi di ordine speculativo, ma anche quelli di ordine pratico.

Ora, i primi princìpi della vita speculativa, insiti in noi per natura, non appartengono a una potenza speciale, ma a un particolare abito chiamato da Aristotele [ Ethic. 6,6 ] « intelletto dei princìpi ».

Quindi neppure i princìpi della vita pratica, insiti in noi per natura, appartengono a una potenza speciale, ma a un abito speciale naturale chiamato « sinderesi ».

Quindi si dice che la sinderesi spinge al bene e allontana dal male in quanto mediante i primi princìpi noi procediamo nell'indagine [ del bene da compiere ], e giudichiamo dei risultati.

È dunque evidente che la sinderesi non è una potenza, ma un abito naturale.

Analisi delle obiezioni:

1. L'enumerazione di S. Girolamo è desunta dalla diversità non delle potenze, ma degli atti.

Ora, si possono dare atti diversi di una stessa potenza.

2. L'opposizione tra la sensualità e la sinderesi è basata su un'opposizione di atti, non su una diversità di specie distinte nel medesimo genere.

3. Tali ragioni immutabili sono i primi princìpi della vita pratica, intorno ai quali non ci può essere errore; ed essi vengono attribuiti alla ragione come a una potenza e alla sinderesi come a un abito.

Per cui noi giudichiamo naturalmente con l'una e con l'altra, cioè con la ragione e con la sinderesi.

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