Summa Teologica - I

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Articolo 3 - Se il libero arbitrio sia una potenza appetitiva

I-II, q. 13, a. 1

Pare che che il libero arbitrio non sia una potenza appetitiva, ma conoscitiva.

Infatti:

1. Dice il Damasceno [ De fide orth. 2,27 ] che « il libero arbitrio segue immediatamente alla razionalità ».

Ma la ragione è una potenza conoscitiva.

Quindi il libero arbitrio è una potenza conoscitiva.

2. Dire libero arbitrio è come dire libero giudizio.

Ma il giudicare è un atto della facoltà conoscitiva.

Quindi il libero arbitrio è una potenza conoscitiva.

3. L'atto della scelta appartiene in modo particolare al libero arbitrio.

Ma la scelta è di ordine conoscitivo, poiché la scelta implica il raffronto di una cosa con un'altra, il che è proprio della facoltà conoscitiva.

Quindi il libero arbitrio è una potenza conoscitiva.

In contrario:

Dice il Filosofo [ Ethic. 3,3 ] che « la scelta è il desiderio delle cose che dipendono da noi ».

Ma il desiderio è un atto della facoltà appetitiva.

Quindi anche la scelta.

Ora, in tanto abbiamo il libero arbitrio in quanto siamo capaci di scegliere.

Di conseguenza il libero arbitrio è una facoltà appetitiva.

Dimostrazione:

L'atto proprio del libero arbitrio è la scelta: infatti si dice che siamo dotati di libero arbitrio appunto perché abbiamo la possibilità di prendere una cosa ricusandone un'altra, il che equivale a scegliere.

Bisognerà dunque studiare la natura del libero arbitrio partendo dalla scelta.

Ora, in questa concorrono un elemento di ordine conoscitivo e un elemento di ordine appetitivo: dalla parte della potenza conoscitiva si richiede il consiglio, col quale si giudica quale sia il partito da preferire; dalla parte invece della potenza appetitiva si richiede che sia accettato mediante il desiderio quanto viene giudicato mediante il consiglio.

Per questa ragione Aristotele [ Ethic. 6,2 ] lascia sospesa la questione se la scelta appartenga maggiormente alla facoltà appetitiva o a quella conoscitiva: dice infatti che la scelta è o « un'intellezione appetitiva o un'appetizione intellettiva ».

Però nel libro III dell'Etica [ c. 3 ] propende per l'appetito intellettivo, poiché definisce la scelta un « desiderio deliberato ».

E questo perché l'oggetto proprio della scelta è ciò che serve per raggiungere il fine e quindi, in quanto tale, ha carattere di bene utile: per cui essendo il bene, in quanto tale, oggetto dell'appetito, ne segue che la scelta è principalmente un atto della facoltà appetitiva.

Quindi il libero arbitrio è una potenza appetitiva.

Analisi delle obiezioni:

1. Le potenze appetitive accompagnano quelle conoscitive.

E questo è il senso in cui il Damasceno afferma che « il libero arbitrio segue immediatamente alla razionalità ».

2. Il giudizio è una specie di conclusione e di determinazione del consiglio.

Ora, il consiglio è determinato prima dal parere della ragione, quindi dall'accettazione dell'appetito.

Per cui il Filosofo [ Ethic. 3,ib. ] dice che « avendo noi formato il giudizio mediante il consiglio, desideriamo in conformità al consiglio [ stesso ] ».

E in questo senso anche la scelta si dice che è una specie di giudizio, dal quale prende il nome il libero arbitrio.

3. Il raffronto implicito nel termine « scelta » appartiene al consiglio che precede, e che spetta alla ragione.

Sebbene infatti l'appetito non abbia una capacità di comparazione tuttavia, in quanto è mosso dalla facoltà conoscitiva che stabilisce dei raffronti, acquista una certa affinità col raffronto, quando appetisce di preferenza una cosa piuttosto che un'altra.

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