Summa Teologica - I

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Articolo 6 - Se l'intelletto possa ingannarsi

Supra, q. 17, a. 3; q. 58, a. 5; In 1 Sent., d. 19, q. 5, a. 1, ad 7; C. G., I, c. 59;III, c. 108; De Verit., q. 1, a. 12; In 1 Periherm., lect. 3; In 3 De anima, lect. 11; In 6 Metaph., lect. 4; In 9 Metaph., lect. 9

Pare che l'intelletto possa ingannarsi.

Infatti:

1. Scrive il Filosofo [ Met. 6,4 ] che « il vero e il falso si trovano nella mente ».

Ma la mente non è altro che l'intelletto, come si è già visto [ q. 79 ].

Quindi nell'intelletto si può trovare l'errore.

2. L'opinare e il ragionare appartengono all'intelletto.

Ma in queste due funzioni può verificarsi l'errore.

Quindi l'intelletto si può ingannare.

3. Il peccato ha luogo nella parte intellettiva.

Ma il peccato è connesso con un errore, poiché sta scritto [ Pr 14,22 ] che « errano coloro che compiono il male ».

Quindi nell'intelletto si può trovare l'errore.

In contrario:

Dice S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 32 ] che « chi si inganna non comprende la cosa su cui si inganna ».

E anche il Filosofo [ De anima 3,10 ] dichiara che « l'intelletto è sempre retto ».

Dimostrazione:

Il Filosofo [ De anima 3,6 ] stabilisce qui un parallelismo tra l'intelletto e i sensi.

I sensi infatti non si ingannano circa l'oggetto proprio: la vista, p. es., non si inganna sui colori; se non forse per accidens, cioè per un impedimento casuale dell'organo.

Come il gusto dei febbricitanti giudica amare le cose dolci perché la lingua è impregnata di umori cattivi.

Sui sensibili comuni invece, ossia nel giudicare della grandezza, della figura ecc., il senso si può ingannare: come quando giudica, p. es., che il sole ha il diametro di un piede, mentre è più grande della terra.

E si inganna anche più facilmente intorno ai sensibili per accidens, quando p. es. giudica che il fiele sia miele per la somiglianza del colore.

- E la ragione di ciò è evidente.

Infatti ciascuna potenza è ordinata al proprio oggetto per se stessa e quindi, come tale, ha sempre un identico modo di comportarsi.

Quindi una potenza, finché perdura, non può fallire il suo giudizio intorno al proprio oggetto.

Ora, l'oggetto proprio dell'intelletto è la quiddità delle cose.

Per cui intorno alla quiddità delle cose, di per sé, l'intelletto non si inganna.

Può invece ingannarsi sui dati annessi alla quiddità, scambiando l'uno con l'altro, sia nel giudizio affermativo e negativo, sia nel raziocinio.

Di conseguenza non può errare neppure a proposito di quelle proposizioni che si conoscono appena conosciuto il valore dei termini, come nel caso dei primi princìpi: dai quali poi deriva infallibilità di verità e certezza scientifica alle stesse conclusioni.

Tuttavia l'intelletto si può ingannare, per accidens, sulla quiddità, quando si tratta di esseri composti: non già per causa degli organi [ come nel caso dei sensi ], poiché l'intelletto è una facoltà che non si serve di organi, ma a causa della composizione che si richiede per formulare una definizione.

La definizione di una cosa infatti è falsa se è applicata a un'altra: la definizione del cerchio, p. es., è falsa per il triangolo.

Inoltre la definizione può essere falsa in se medesima se è composta di termini incompatibili: quando, p. es., si pretende di definire qualcosa come animale razionale alato.

Per cui non ci possiamo sbagliare nel caso di entità semplici, nelle cui definizioni non ci può essere composizione.

Possiamo però mancare non percependo totalmente, come dice Aristotele [ Met. 9,10 ].

Analisi delle obiezioni:

1, 2, 3. Il Filosofo ammette l'errore nella mente nell'atto di formulare giudizi affermativi e negativi.

- E lo stesso si dica in risposta alla seconda obiezione, per le funzioni dell'opinare e del raziocinare; e in risposta alla terza per l'errore di chi pecca, errore che consiste nell'applicazione di un giudizio al campo dell'appetibile.

- Invece nella semplice intuizione della quiddità delle cose, e di quanto è implicito in essa, l'intelletto non si inganna mai.

E questo è il senso dei testi riferiti dall'argomento in contrario.

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