Summa Teologica - I

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Articolo 1 - Se il nostro intelletto conosca i singolari

In 2 Sent., d. 3, q. 3, a. 3, ad 1; In 4 Sent., d. 50, q. 1, a. 3; C. G., I, c. 65; De Verit., q. 2, aa. 5, 6; q. 10, a. 5; De anima, a. 20; Quodl., 7, q. 1, a. 3; 12, q. 8; In 3 De anima, lect. 8

Pare che il nostro intelletto conosca i singolari.

Infatti:

1. Chi conosce un'affermazione conosce pure i termini che la compongono.

Ma il nostro intelletto conosce questa affermazione: Socrate è un uomo, poiché spetta all'intelletto formare le proposizioni.

Quindi la nostra intelligenza conosce quel singolare che è Socrate.

2. L'intelletto pratico guida nell'operare.

Ma le opzioni hanno per oggetto i singolari.

Quindi l'intelletto li conosce.

3. Il nostro intelletto conosce se medesimo.

Ma esso è un singolare, altrimenti non potrebbe avere operazione alcuna, poiché le operazioni sono proprie dei singolari.

Quindi l'intelletto conosce i singolari.

4. Ciò che può fare una potenza inferiore lo può fare una superiore.

Ma il senso conosce i singolari.

A maggior ragione quindi dovrà conoscerli l'intelletto.

In contrario:

Il Filosofo [ Phys. 1,5 ] insegna che « l'universale viene conosciuto dalla ragione, il singolare dal senso ».

Dimostrazione:

Il nostro intelletto non è in grado di conoscere in modo diretto e immediato il singolare delle realtà corporee.

E lo deduciamo dal fatto che la radice della singolarità per le realtà materiali è la materia individuale, e d'altra parte il nostro intelletto conosce, come si è visto [ q. 85, a. 1 ], astraendo l'aspetto intelligibile da tale materia.

a ciò che viene astratto dalla materia individuale è un universale.

Quindi il nostro intelletto ha conoscenza diretta solo degli universali.

Tuttavia esso è in grado di conoscere i singolari indirettamente, mediante una certa riflessione: poiché, come si è già spiegato [ q. 84, a. 7 ], anche dopo aver astratto le specie intelligibili non può con esse passare all'atto dell'intellezione senza volgersi ai fantasmi, nei quali appunto vede le idee, come scrive Aristotele [ De anima 3,7 ].

Quindi l'intelletto conosce direttamente l'universale mediante le sue specie intelligibili, e indirettamente i singolari che sono rappresentati dai fantasmi.

- E in tal modo può formare la proposizione: Socrate è un uomo.

Per cui è risolta la prima obiezione.

Analisi delle obiezioni:

2. La scelta di un'azione concreta da compiere è, al dire di Aristotele [ Ethic. 7,5 ], come la conclusione di un sillogismo dell'intelletto pratico.

Ora, da una proposizione universale non si può direttamente dedurre una conclusione singolare, ma bisogna prendere come termine medio una proposizione dai termini concreti e singolari.

Quindi i dati dell'intelletto pratico possono portare ad agire solo mediante una percezione del concreto dovuta alla parte sensitiva, come dice Aristotele [ De anima 3,11 ].

3. Il singolare non è intelligibile non perché è singolare, ma perché è materiale: poiché solo l'immaterialità rende le cose oggetto di intellezione.

Se quindi esiste un singolare immateriale, quale è appunto l'intelletto, nulla si oppone alla sua intelligibilità.

4. Una potenza superiore è certamente capace di quanto può fare una potenza inferiore, ma in modo più eminente.

Così quanto è conosciuto dai sensi in modo materiale e concreto, cioè nella conoscenza diretta dei singolari, è conosciuto pure dall'intelletto in modo immateriale e astratto, cioè nella conoscenza degli universali.

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