Summa Teologica - I

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Articolo 2 - Se il nostro intelletto conosca immediatamente nella loro essenza gli abiti dell'anima

In 3 Sent., d. 23, q. 1, a. 2; De Verit., q. 10, a. 9; Quodl., 8, q. 2, a. 2

Pare che il nostro intelletto conosca immediatamente nella loro essenza gli abiti dell'anima.

Infatti:

1. Scrive S. Agostino [ De Trin. 13,1 ]: « Non si vede la fede nel cuore in cui si trova nel modo in cui si vede l'anima di un altro uomo in base ai movimenti del corpo; tuttavia essa è ritenuta da una scienza certissima ed è gridata dalla coscienza ».

Ma la stessa ragione vale per tutti gli abiti dell'anima.

Quindi questi abiti non sono conosciuti mediante i loro atti, ma per se stessi.

2. Le realtà materiali esistenti fuori dell'anima sono conosciute per il fatto che vengono a trovarsi nell'anima le loro immagini: e per questo si dice che sono conosciute mediante le loro immagini.

Ma gli abiti dell'anima si trovano già nell'anima con la loro essenza.

Quindi sono conosciuti in questa loro essenza.

3. « Ciò che causa in altri una data perfezione deve possederla anch'esso e in grado maggiore » [ Anal. post. 1,2 ].

Ma l'anima conosce le altre cose in forza dei suoi abiti e delle specie intelligibili.

Questi ultimi dunque devono essere conosciuti dall'anima in modo ancora più diretto.

In contrario:

Gli abiti sono i princìpi degli atti, come lo sono le potenze.

Ma secondo Aristotele [ De anima 2,4 ] « gli atti e le operazioni vengono logicamente prima delle potenze ».

Quindi, per la medesima ragione, vengono prima anche degli abiti.

E così gli abiti, come le potenze, sono conosciuti per mezzo dei loro atti.

Dimostrazione:

In qualche modo l'abito si trova tra la pura potenza e il puro atto.

Ora, abbiamo già spiegato [ a. prec. ] che nulla può essere conosciuto se non in quanto è in atto.

L'abito perciò, non avendo la pienezza dell'atto, non ha neppure l'attitudine a essere conosciuto per se stesso, ma è necessario che sia conosciuto mediante il suo atto.

E ciò è vero sia nel caso di chi percepisce di avere un abito per il fatto che compie l'atto proprio di quell'abito, sia nel caso di di chi va alla ricerca della natura e della definizione di un abito partendo dagli atti corrispondenti.

Ora, la prima di queste conoscenze avviene per la presenza stessa dell'abito, poiché per il fatto stesso che l'abito è presente causa l'atto in cui viene subito percepito; la seconda conoscenza dell'abito invece avviene mediante un'indagine accurata, come si è già detto a proposito dell'anima [ a. prec. ].

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene la fede non venga conosciuta in base ai movimenti esteriori del corpo, tuttavia viene percepita da chi la possiede attraverso l'atto interiore del cuore.

L'uomo infatti sa di avere la fede solo perché ha la percezione del suo credere.

2. [ Inizialmente ] gli abiti si trovano nel nostro intelletto non come oggetto di intellezione - poiché nella vita presente l'oggetto del nostro intelletto è la natura delle realtà materiali, come si è già visto [ q. 84, a. 7; q. 85, a. 8; q. 86, a. 2 ] -, ma come mezzi di cui l'intelletto si serve per conoscere.

3. L'assioma riportato: « Ciò che causa in altri una data perfezione deve possederla anch'esso e in grado maggiore », è vero se è applicato a realtà dello stesso ordine, p. es. a uno stesso genere di causalità: se è vero, poniamo, che la salute è desiderabile per la vita, la vita sarà più desiderabile di essa.

L'assioma è invece falso se viene applicato a realtà di ordine diverso: dall'affermare, p. es., che la salute dipende dalla medicina, non ne viene che la medicina sia più desiderabile della salute, poiché la salute è qui posta nell'ordine dei fini, mentre la medicina si trova in quello delle cause efficienti.

Se quindi prendiamo due realtà che rientrino direttamente nell'ordine degli oggetti conoscitivi, allora quella di esse che serve a far conoscere l'altra avrà una conoscibilità maggiore, come l'hanno i princìpi rispetto alle conclusioni.

Ma un abito non rientra nell'ordine degli oggetti in quanto abito, e le cose possono essere conosciute mediante un abito non perché questo funge da mezzo conoscitivo, ma perché serve al soggetto conoscente come disposizione o come forma nell'atto della conoscenza: perciò l'argomento non regge.

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