Summa Teologica - I

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Articolo 1 - Se l'anima separata possa avere l'intellezione di qualcosa

In 3 Sent., d. 31, q. 2, a. 4; In 4 Sent., d. 50, q. 1, a. 1; C. G., II, c. 81; De Verit., q. 19, a. 1; De anima, a. 15; Quodl., 3, q. 9, a. 1

Pare che l'anima separata non possa avere l'intellezione di alcuna cosa.

Infatti:

1. Il Filosofo [ De anima 1,4 ] insegna che « l'intellezione perisce in seguito alla perdita di un qualche organo interno ».

Ma tutti gli organi interni dell'uomo periscono con la morte.

Quindi perisce anche l'intellezione.

2. L'anima umana, come si è già visto [ q. 84, aa. 7,8 ], è impedita nella sua attività intellettiva dall'inerzia dei sensi e dalla perturbazione dell'immaginativa.

Ma si è anche detto [ q. 77, a. 8 ] che con la morte vengono distrutti totalmente sia i sensi che l'immaginazione.

Quindi l'anima dopo la morte non ha intellezione alcuna.

3. Se l'anima separata avesse la conoscenza intellettiva, bisognerebbe che conoscesse servendosi di specie intenzionali.

Ma non può servirsi di specie innate, poiché inizialmente essa è « come una tavoletta su cui non c'è scritto nulla » [ De anima 3,4 ]; e neppure può servirsi di specie direttamente astratte dalle cose, poiché manca degli organi dei sensi e dell'immaginazione, che sono i mezzi necessari per l'astrazione delle specie intenzionali.

E nemmeno sarà in condizione di ricorrere alle specie intenzionali astratte in precedenza, perché allora l'anima del bambino non potrebbe conoscere nulla dopo la morte.

E neppure potrà servirsi di specie intenzionali avute per infusione da Dio, poiché una tale conoscenza non rientrerebbe nell'ordine naturale di cui discutiamo, ma in quello della grazia.

Quindi l'anima separata dal corpo non può conoscere nulla.

In contrario:

Dice il Filosofo [ De anima 1,1 ] che « se non esiste un'operazione propria dell'anima non può avvenire che essa si separi ».

Ora invece avviene che essa si separa dal corpo.

Quindi l'anima ha una sua operazione specifica, e questa sarà principalmente l'intellezione.

Quindi l'anima può conoscere intellettualmente nello stato di separazione dal corpo.

Dimostrazione:

La difficoltà del presente argomento dipende dal fatto che l'anima, finché è unita al corpo, non può intendere nulla senza volgersi ai fantasmi, come risulta dall'esperienza.

Ora, se ciò non dipendesse dalla natura dell'anima, ma solo dal fatto accidentale di essere legata al corpo, come pensavano i Platonici, tutto si risolverebbe facilmente.

Infatti, una volta eliminato l'impedimento del corpo, l'anima ritornerebbe alla sua natura, cioè tornerebbe a percepire gli intelligibili puri senza bisogno di volgersi ai fantasmi, come avviene per le altre sostanze separate.

Però in questo caso essa non sarebbe unita al corpo a proprio vantaggio, poiché la sua intellezione sarebbe peggiore nello stato di unione che in quello di separazione, ma l'unione avverrebbe solo a vantaggio del corpo: cosa irragionevole, essendo la materia subordinata alla forma, e non viceversa.

Se invece ammettiamo che l'anima deve alla propria natura l'esigenza di conoscere volgendosi ai fantasmi allora, dato che la natura dell'anima non muta per la morte del corpo, pare logico che l'anima non possa più conoscere nulla naturalmente quando non avrà più a disposizione dei fantasmi a cui volgersi.

Per eliminare dunque questa obiezione bisogna considerare che ogni cosa opera soltanto in quanto è un atto: perciò il modo di operare di ciascuna cosa corrisponde al modo di essere della medesima.

Ora, è diverso il modo di essere dell'anima quando è unita al corpo e quando ne è separata, sebbene resti identica la sua natura; senza però che la sua unione col corpo sia per essa accidentale, poiché l'anima è unita al corpo in forza della sua natura: come neppure la natura del corpo leggero muta quando dal suo luogo naturale passa a un altro luogo che non gli compete per natura.

Per cui, quando l'anima si trova nel suo stato di unione con il corpo, allora le compete il modo di intendere mediante la riflessione sui fantasmi delle realtà corporee presenti negli organi del senso; quando invece sarà separata dal corpo, allora le competerà l'intellezione che si effettua volgendosi alle realtà che sono intelligibili per essenza, come avviene per le altre sostanze separate.

Quindi l'intellezione mediante la riflessione sui fantasmi è naturale per l'anima, come lo è anche la sua unione con il corpo; invece l'esistere separata dal corpo non è conforme alla sua natura, e così pure non le è naturale il conoscere senza volgersi ai fantasmi.

Così dunque l'anima è unita al corpo proprio per avere un'esistenza e un'operazione conformi alla sua natura.

Ma qui sorge una nuova obiezione.

La natura infatti è sempre ordinata al meglio; ora, è certamente meglio conoscere volgendosi alle realtà essenzialmente intelligibili che ai fantasmi: Dio quindi avrebbe dovuto formare la natura dell'anima in maniera da renderle naturale il processo conoscitivo più nobile, senza costringerla per questo all'unione con il corpo.

Dobbiamo perciò considerare che, sebbene l'intellezione mediante gli intelligibili superiori sia più nobile di quella che si può avere ricorrendo ai fantasmi, tuttavia quel primo processo intellettivo, per le capacità dell'anima, sarebbe risultato meno perfetto.

Ed eccone la spiegazione.

La virtù intellettiva presente nelle sostanze intellettuali è dovuta a una partecipazione della luce divina.

Ora, questa luce è una e semplice nel primo principio, ma quanto più le creature intellettuali sono distanti da esso tanto più si suddivide e si diversifica, come accade per le linee che si allontanano dal centro.

Per cui avviene che Dio conosce tutte le cose mediante la sua sola essenza, mentre le sostanze intellettuali più alte al contrario conoscono servendosi di un certo numero di forme intenzionali - tuttavia meno numerose, più universali e più efficaci, per rappresentare le cose, [ di quanto lo siano quelle delle sostanze inferiori ], a causa della maggiore capacità intellettiva dei soggetti in cui si trovano -.

Le forme intenzionali invece che si trovano nelle sostanze intellettive più basse sono più numerose, meno universali e meno efficaci per rappresentare le cose, dato che i loro soggetti non raggiungono la virtù intellettiva delle sostanze superiori.

Se dunque le sostanze inferiori ricevessero delle forme intenzionali in quella universalità in cui si trovano nelle sostanze superiori, non avendo esse una virtù intellettiva corrispondente, non ne ricaverebbero una conoscenza delle cose perfetta, ma soltanto generica e confusa.

E il fatto lo si può costatare in qualche modo anche negli uomini; chi ha infatti un'intelligenza modesta non arriva a farsi un'idea chiara delle cose mediante i concetti più universali propri delle persone meglio dotate, ma le cose gli devono essere spiegate una per una.

- Ora, è evidente che in ordine di natura le anime umane sono le sostanze intellettuali più basse.

E ciò era richiesto dalla perfezione dell'universo, affinché non mancassero i vari gradi degli esseri.

Se dunque le anime umane fossero state create da Dio per avere un'intellezione secondo il modo che compete alle sostanze separate, non avrebbero avuto una conoscenza perfetta, ma confusa e generica.

Quindi, affinché esse potessero avere una conoscenza perfetta e propria delle cose, fu loro data una struttura naturale fatta per l'unione con il corpo, in modo da ricavare dalle realtà sensibili una conoscenza propria delle medesime: come capita alla gente ignorante, che ha bisogno di esempi sensibili per capire una nozione scientifica.

È evidente perciò che l'anima è unita al corpo a proprio vantaggio, e per conoscere mediante i fantasmi; tuttavia può esistere separata dal corpo, e avere un processo intellettivo diverso.

Analisi delle obiezioni:

1, 2. Se si analizzano attentamente le parole del Filosofo si vede che esse sono legate all'ipotesi, da lui fatta in precedenza, secondo la quale l'intellezione sarebbe un atto del composto [ di anima e corpo ], come la sensazione.

Egli infatti non aveva ancora dimostrato la differenza fra l'intelletto e il senso.

O si potrebbe anche rispondere che egli parla di quell'intellezione che è legata alla riflessione sui fantasmi.

E anche la seconda obiezione parte da questo tipo di conoscenza.

3. L'anima separata non intende servendosi di specie intenzionali innate, né di specie avute per astrazione diretta, e neppure di quelle sole che essa conserva, come l'obiezione dimostra, ma servendosi di quelle che le vengono infuse e comunicate dalla luce divina, e di cui l'anima diventa partecipe come le altre sostanze separate, sebbene in grado inferiore.

Per cui non appena essa cessa di mirare verso il mondo corporeo, subito si volge verso le realtà superiori.

E tuttavia non si può dire che la sua conoscenza non è naturale, poiché da Dio dipende l'infusione non soltanto della luce gratuita, ma anche della luce [ intellettiva ] naturale.

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