Summa Teologica - I-II

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III - La legge nuova come legge di amore e di libertà

8 - Tra tutte le caratteristiche della legge nuova quella che più s'impone con singolare evidenza è il fatto che viene presentata dal Nuovo Testamento come « legge di libertà » ( Gc 1,2.5; Gc 2,12; Gal 2,4. 31; Gal 5,30 ).

Fin dall'inizio alcuni eretici interpretarono la libertà cristiana nel senso di una totale autonomia da qualsiasi legge.

La teologia protestante è impegnata da secoli a difendere l'antinomismo fanatico di Lutero e di Calvino.

Ai nostri giorni non è mancato l'appoggio dei cristiani, per motivi addirittura scritturistici, alla « morale della situazione » ( cfr. PEREGO A., L'etica della situazione, Roma, 1958 ).

Si tratta evidentemente di interpretazioni materiali e sommarie di una dottrina profonda e inoppugnabile.

S. Tommaso, come sempre, ha raccolto e organizzato in proposito l'insegnamento della tradizione, servendosi soprattutto dei testi di S. Agostino.

Cerchiamo di tratteggiare in poche pagine il suo pensiero.

9 - A prima vista la legge sembra essere l'antitesi della libertà: chi è sotto la legge è schiavo della legge.

E questo un sentimento comune presso tutti i popoli.

Tale convinzione dipende dalla effettiva dissonanza che siamo abituati a riscontrare tra i nostri gusti, più o meno buoni, più o meno depravati e le norme della legge positiva, non sempre orientate al nostro bene personale.

Ma se la legge è veramente degna di questo nome ( ordinamento razionale promulgato per il bene comune da chi ha la cura della collettività ), allora saremo costretti a riconoscere che le sue disposizioni si accordano con la parte superiore del nostro essere, cioè con la ragione.

E quindi la sottomissione alla legge equivale a un atto di liberazione rispetto alla tirannia delle passioni e dei nostri capricci.

Il discorso vale soprattutto per la legge naturale e per la legge divina, sia del vecchio come del nuovo Testamento.

La « razionalità » infatti di queste leggi non può esser messa in discussione.

Ma se la legge, per quanto giusta e santa, si trova in disaccordo con la volontà di sudditi maldisposti, ecco che si stabilisce di fatto uno stato di schiavitù.

La legge viene subita contro voglia, e quindi esercita un potere coercitivo sopra esseri che ne accettano le norme loro malgrado.

Tale schiavitù è conseguenza della schiavitù del peccato: ma è innegabilmente una schiavitù; perché solo il timore della pena trattiene dall'atto peccaminoso.

Ora, la grande novità della legge evangelica sta nel fatto che agisce trasformando dall' interno i credenti, sottoposti alla sua giurisdizione.

Questi sudditi la ricevono dallo Spirito Santo, e non solo sotto forma di dottrina, di precetti e di consigli; ma innanzi tutto sotto forma di grazia, di virtù infuse, di doni e di carismi.

10 - S. Paolo parla di opposizione irriducibile tra « la lettera che uccide » e « lo spirito che vivifica » ( 2 Cor 3,6 ).

Tale opposizione può concepirsi in due modi: o come autonomia e ribellione verso ogni norma di legge da parte di chi vive sotto la mozione dello Spirito; o come superamento della legge in uno stato di intima santificazione mediante una radicale conversione a Dio, che non fa più sentire il peso di prescrizioni diventate connaturali.

Il protestantesimo ha scelto la prima spiegazione, che oltre tutto è inconciliabile con altri testi della Scrittura, ed è insostenibile nella vita pratica.

S. Tommaso invece, con tutta la tradizione cattolica, sta per la seconda spiegazione.

Vero che molte norme dell'antica legge sono superate, perché legate a situazioni contingenti: tali sono senz'altro i precetti cerimoniali e giudiziali.

Ma le norme morali non sono state abolite da Cristo nel Nuovo Testamento; egli infatti esige dai suoi discepoli una « giustizia superiore a quella dei farisei » ( Mt 5,20 ), ed esige dagli uomini la prova delle opere ( Mt 7,21 ).

Si deve perciò pensare che il dono della grazia, che è l'elemento precipuo della nuova legge, non si limita, come voleva Lutero, a un rivestimento esterno; ma è una forza vivificante che trasforma l'uomo dall' interno, facendo del peccatore « una nuova creatura ».

E la presenza dello Spirito Santo nell'anima è accompagnata, oltre che dalla grazia, da tutte le virtù infuse, principalmente dalla carità.

S Tommaso ripete spesso che la legge ha il compito di educare l'uomo alla virtù.

Ma la legge evangelica, che è infusa nel cuore mediante la grazia, se non incontra resistenze e infedeltà, convoglia nell'anima tutte le virtù, e all'occorrenza produce ogni atto virtuoso.

Cosicché « la giustificazione » è una cosa reale e non di semplice titolo.

E tutto ciò non è opera dell'uomo, ma dello Spirito Santo, che ( « scrive la legge nuova non in tavole di pietra, ma in cuori di carne » ( cfr. q. 106, aa. 1,2 ).

11 - Tra tutte le virtù infuse, come fa notare il P. Patuzzi, risaltano in modo speciale nella legge evangelica le virtù teologali: « Essa rinnova l'uomo con la fede, la speranza e la carità, che sono la parte principale di questa legge, come sue caratteristiche e proprietà.

Essa è chiamata dall'Apostolo "lex fidei" ( Rm 3 ), perché contiene in sè la grazia della fede. Viene chiamata spessissimo "legge evangelica", perché ci annunzia i beni più eccellenti, cioè il Cristo salvatore, la sua grazia e i premi celesti …

Vangelo infatti equivale a "buona novella" …

Ed è chiamata "legge di grazia"; perché il suo elemento principale è la grazia di Dio, infusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo » ( Ethica Christiana sive Theol. Moralis, t. I, tract. 1, d. 2, e. 5, I ).

Evidente però che su tutte le virtù la preminenza assoluta, sia in ordine di dignità che di efficacia, spetta alla carità; perché « la vita cristiana consiste essenzialmente nella carità, e solo relativamente nelle altre virtù » ( II-II, q. 184, a. 1, ad 2 ).

Si sa del resto che la carità, in chi pienamente la possiede, è il movente segreto di ogni atto virtuoso.

La carità è un rapporto di amicizia con Dio ( cfr. II-II, q. 23 ), un amore profondo che mette la volontà umana all'unisono con quella divina.

Di qui la liberazione completa.

« Dilige et quod vis fac », scrive S. Agostino ( In I Joan., tract. 7, c.8 ).

E il Dottore Angelico spiega: « E proprio dell'amicizia concordare con l'amico in ciò che egli vuole.

Ora, la volontà di Dio ci viene manifestata dai suoi comandamenti.

Osservare quindi i comandamenti dipende dall'amore che abbiamo verso Dio, secondo le parole evangeliche: "Se mi amate, osservate i miei comandamenti".

Perciò, siccome lo Spirito Santo ci fa amare il Signore, è da lui che in qualche modo siamo mossi ad adempiere i divini comandamenti, secondo le parole dell' Apostolo: "Quelli che son mossi dallo Spirito di Dio, questi son figli di Dio".

Si deve però notare che i figli di Dio sono mossi dallo Spirito Santo non come servi, ma come liberi.

Libero infatti è "colui che è causa di se stesso"; e invero noi facciamo liberamente quello che facciamo da noi stessi.

E questo è appunto quello che noi facciamo volontariamente …

Ebbene, lo Spirito Santo ci spinge ad agire in modo da farci agire volontariamente, rendendoci amanti di Dio.

Perciò i figli di Dio sono mossi liberamente dallo Spirito Santo con l'amore, e non servilmente con il timore.

Di qui le parole dell'Apostolo: "Non avete ricevuto di nuovo lo spirito di schiavitù con il timore, ma lo spirito di adozione e di figliolanza" » ( 4 Cont. Gent., c. 22 ).

12 - L'attuarsi di questa libertà porta nell'anima i suoi frutti di gioia e di pace, di cui si è parlato nelle questioni precedenti.

« Tra i frutti dello spirito al primo posto abbiamo la carità: nella quale lo Spirito Santo viene dato come in una somiglianza appropriata, essendo egli stesso amore.

Infatti S. Paolo scrive ( Rm 5,5 ): "La carità di Dio s'è riversata nei nostri cuori per lo Spirito Santo che ci fu dato".

- Ma all'amore di carità segue necessariamente la gioia.

Poiché chi ama gode sempre nell'unione con l'amato.

Ora, la carità ha sempre presente quel Dio che ama: "Chi sta nella carità sta in Dio e Dio è in lui" ( 1 Gv 4,16 ).

Per questo alla carità segue la gioia.

- E la perfezione della gioia è la pace, nei suoi due elementi.

Primo, rispetto alla quiete dai turbamenti esterni: infatti non può godere perfettamente del bene amato, chi da altri viene distolto dalla fruizione di esso; e d'altra parte chi ha il cuore perfettamente appagato in una cosa, non può essere molestato dalle altre, ché non le considera affatto.

Egli attua così le parole del Salmo ( Sal 119,165 ): "Molta pace per quelli che amano la tua legge, e non v'è inciampo per essi", non essendo essi distolti per cose esterne dal godere Dio.

Secondo, rispetto alla sazietà dell' inquieto desiderio: poiché non si può godere perfettamente, se quel che si gode non basta.

Ora, la pace implica queste due cose: non essere turbati dall'esterno, e l'acquietarsi del nostro desiderio in una data cosa » ( I-II, q. 70, a. 3 ).

Se tutto questo potesse essere compiuto perfettamente sulla terra, senza resistenze e contrasti, avremmo quasi un paradiso anticipato.

Ma S. Tommaso non è così ingenuo da non vedere le reali difficoltà in cui si dibatte la vita morale dei battezzati.

« La difficoltà nel bene e la proclività al male si riscontra nei battezzati, non perché manchino loro gli abiti delle virtù, ma per la concupiscenza, che nel battesimo non viene eliminata.

Tuttavia, come mediante il battesimo diminuisce la concupiscenza, in modo da non avere più il predominio, così diminuiscono i due inconvenienti lamentati, in modo che l'uomo non ne sia sopraffatto » ( III, q. 69, a. 4, ad 3; cfr. I-II, q. 65, a. 3, ad 2 ).

La nostra quindi è una liberazione iniziale, che esige il combattimento e la conquista, e si attua mediante il progresso nella virtù, e specialmente nella carità.

« Coloro che hanno la carità solo da principianti, sebbene progrediscano, hanno come compito principale di resistere al peccato, da cui sono minacciati.

In seguito, sentendo meno insistente questa minaccia, tendono con più sicurezza alla perfezione: da una parte essi badano a costruire, e dall'altra maneggiano la spada, come si legge ( nel 2 libro di Esdra, Esd 4,17 ) dei ricostruttori di Gerusalemme » ( II-II, q. 24, a. 9, ad 2 ).

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