Summa Teologica - I-II

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Articolo 8 - Se la beatitudine dell'uomo consista in qualche bene creato

I, q. 12, a. 1; C. G., IV, c. 54; Comp. Theol., p. 1, c. 108; p. 2, c. 9; De Reg., 1, c. 8; In Psalm. 3

Pare che la beatitudine dell'uomo consista in qualche bene creato.

Infatti:

1. Dionigi [ De div. nom. 7 ] insegna che la divina sapienza « fa combaciare l'estremo dei primi esseri con il principio dei secondi »: e da ciò si può arguire che la parte più elevata di una natura inferiore raggiunge quella più bassa della natura superiore.

Ora, il bene più alto per l'uomo è la beatitudine.

Essendo dunque l'angelo superiore all'uomo in ordine di natura, come si è visto nella Prima Parte [ q. 96, a. 1, ad 1; q. 108, a. 2, ad 3; a. 8, ad 2; q. 111, a. 1 ], è evidente che la beatitudine dell'uomo consiste nel raggiungere in qualche modo l'angelo.

2. Il fine ultimo di ogni cosa consiste nell'essere completo corrispettivo: infatti la parte è ordinata al tutto come al suo fine.

Ma tutto l'insieme delle creature, o macrocosmo, sta in rapporto all'uomo, che Aristotele [ Physic. 8,2] chiama microcosmo, come l'essere completo all'incompleto.

Quindi la beatitudine dell'uomo consiste in tutto il complesso delle creature.

3. L'uomo è reso felice da ciò che appaga il suo desiderio naturale.

Ma il desiderio naturale dell'uomo non si estende a un bene superiore alla sua capacità.

Non essendo dunque l'uomo capace di ricevere un bene che sorpassa i limiti di tutto il creato, è evidente che può essere felice con un bene creato.

Quindi la beatitudine dell'uomo consiste in un bene creato.

In contrario:

S. Agostino [ De civ. Dei 19,26 ] insegna: « Come l'anima è la vita del corpo, così Dio è la vita beata dell'uomo; e in proposito sta scritto: "Beato quel popolo di cui Dio è il Signore" ».

Dimostrazione:

È impossibile che la beatitudine umana si trovi in un bene creato.

Infatti la beatitudine è il bene perfetto che appaga totalmente l'appetito: altrimenti, se lasciasse ancora qualcosa da desiderare, non sarebbe l'ultimo fine.

Ma l'oggetto della volontà, cioè dell'appetito umano, è il bene universale, come quello dell'intelletto è il vero nella sua universalità.

È evidente quindi che nulla può appagare la volontà umana all'infuori del bene preso in tutta la sua universalità.

Esso però non si trova in un bene creato, ma soltanto in Dio: poiché ogni creatura ha una bontà partecipata.

Quindi solo Dio può appagare la volontà dell'uomo, « lui che », come dice il Salmo [ Sal 103,5 ], « sazia di beni i tuoi giorni ».

Quindi la beatitudine dell'uomo si trova soltanto in Dio.

Analisi delle obiezioni:

1. La parte superiore dell'uomo raggiunge quella più bassa della natura angelica per una certa somiglianza, però non si ferma ad essa come nel suo ultimo fine, bensì raggiunge la stessa fonte universale del bene, che è l'oggetto universale della beatitudine di tutti i beati, essendo il bene infinito e perfetto.

2. Se un tutto non è fine ultimo, ma è a sua volta ordinato a un fine superiore, l'ultimo fine delle sue parti non sarà il tutto medesimo, bensì qualche altro oggetto.

Ora il complesso delle creature, che sta all'uomo come il tutto alla parte, non è fine ultimo, ma è ordinato a Dio come al suo fine ultimo.

Quindi non il bene dell'universo, ma Dio stesso è l'ultimo fine dell'uomo.

3. Il bene creato non è minore del bene di cui l'uomo è capace come di un bene a lui interiore e inerente; è minore tuttavia del bene di cui l'uomo è capace a titolo di oggetto, poiché questo è infinito.

Il bene partecipato agli angeli e a tutto l'universo è invece un bene finito e limitato.

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