Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se la scelta competa agli animali irrazionali

In 2 Sent., d. 25, q. 1, a. 1, ad 6, 7; In 5 Metaph., lect. 16; In 3 Ethic., lect. 5

Pare che la scelta competa agli animali irrazionali.

Infatti:

1. La scelta, come scrive Aristotele [ Ethic. 3, cc. 2,3 ], è « il desiderio di alcune cose per un fine ».

Ma gli animali desiderano qualcosa per un fine: infatti agiscono per dei fini, e mossi dall'appetito.

Quindi negli animali irrazionali non manca la scelta.

2. Il termine stesso di scelta sta a indicare l'atto di prendere una cosa piuttosto che un'altra.

Ma gli animali sanno agire in questo modo: come è evidente nel caso della pecora, che mangia certe erbe e ne rifiuta certe altre.

Quindi anche negli animali irrazionali si trova la scelta.

3. Come insegna Aristotele [ Ethic. 6,12 ], « dipende dalla prudenza che uno scelga bene le cose ordinate al fine ».

Ma la prudenza non manca negli animali irrazionali: infatti sta scritto all'inizio della Metafisica che « sono prudenti senza averlo appreso tutti quegli animali che non sono capaci di udire i suoni, come le api ».

E ciò è evidente anche ai sensi: poiché nelle opere degli animali si riscontrano industrie mirabili, come nel caso delle api, dei ragni e dei cani.

Quando un cane, p. es., insegue un cervo, arrivato a un trivio esplora col fiuto se il cervo è passato dalla prima strada o dalla seconda: e se riscontra che non vi è passato, senza esplorare [ ulteriormente ] si lancia sicuro per la terza strada, come servendosi di un sillogismo disgiuntivo, mediante il quale si può concludere che il cervo percorre quella strada per il fatto che non percorre le altre due, non essendovene altre.

Quindi la scelta non manca agli animali privi di ragione.

In contrario:

S. Gregorio Nisseno [ Nemesio, De nat. hom. 33 ] scrive che « i bambini e gli esseri privi di ragione hanno azioni volontarie, ma senza scelta ».

Quindi negli animali irrazionali non c'è la scelta.

Dimostrazione:

È necessario che la scelta riguardi più cose come passibili di scelta, dato che essa consiste nel preferire una cosa a un'altra.

Quindi non vi può essere scelta in quegli esseri che sono rigidamente determinati a una cosa sola.

Ora, tra l'appetito sensitivo e la volontà c'è questa differenza, che l'appetito sensitivo, come è evidente da quanto si è detto [ q. 1, a. 2, ad 3 ], è determinato per natura a oggetti particolari, mentre la volontà per natura è determinata a qualcosa di universale, cioè al bene, restando indeterminata in rapporto ai beni particolari.

E così la scelta è un atto esclusivo della volontà e non dell'appetito sensitivo, che è il solo esistente negli animali irrazionali.

Quindi negli animali bruti non ci può essere la scelta.

Analisi delle obiezioni:

1. Non ogni desiderio di qualcosa per un fine è scelta, ma il desiderio accompagnato dal discernimento di una cosa da un'altra.

E questo ci può essere soltanto là dove l'appetito è capace di portarsi su una pluralità di oggetti.

2. L'animale privo di ragione preferisce una cosa a un'altra perché la sua facoltà appetitiva è per natura determinata ad essa.

Per cui quando il senso o l'immaginazione gli presentano una cosa verso la quale il suo appetito è naturalmente inclinato, immediatamente, senza scelta, si muove verso di essa.

Come anche il fuoco, senza scelta, si muove verso l'alto e non verso il basso.

3. Come scrive Aristotele [ Phys. 3,3 ], « il moto è l'atto del mobile impresso dal movente ».

Quindi nel moto del soggetto mobile appare la virtù della causa movente.

Per cui in tutte le cose mosse dalla ragione traspare l'ordine della ragione che muove, sebbene esse non abbiano la ragione: la freccia infatti tende direttamente al bersaglio sotto la mozione dell'arciere come se essa medesima avesse la ragione che la guida.

E la stessa cosa si riscontra nel moto degli orologi e di tutte le altre macchine umane escogitate dall'arte.

Ora, gli esseri naturali stanno all'arte di Dio come le macchine stanno all'arte dell'uomo.

Quindi nelle cose mosse dalla natura si riscontra l'ordine come in quelle mosse dalla ragione, secondo Aristotele [ Phys. 2,5 ].

E così si spiega perché le opere degli animali irrazionali rivelino particolari accorgimenti, dovuti al fatto che gli animali hanno un'inclinazione naturale a certi processi ordinatissimi, predisposti da un'arte sovrana.

Ed è per questo che alcuni animali sono detti prudenti o accorti, non già perché in essi si trovi la ragione o la scelta.

E lo dimostra il fatto che gli animali di una data natura operano tutti allo stesso modo.

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