Summa Teologica - I-II

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Articolo 4 - Se il consenso ad agire appartenga esclusivamente alla parte superiore dell'anima

Infra, q. 74, a. 7; In 2 Sent., d. 24, q. 3, a. 1; De Verit., q. 15, a. 3

Pare che il consenso ad agire non appartenga esclusivamente alla parte superiore dell'anima.

Infatti:

1. Aristotele [ Ethic. 10,4 ] scrive che « il piacere accompagna l'operare e lo perfeziona, come la bellezza accompagna la giovinezza ».

Ma acconsentire al piacere, secondo S. Agostino [ De Trin. 12,12.17 ], spetta alla ragione inferiore.

Quindi acconsentire all'atto non è esclusivo della ragione superiore.

2. L'azione alla quale si acconsente è volontaria.

Ma sono molte le facoltà capaci di produrre azioni volontarie.

Quindi la ragione superiore non è la sola ad acconsentire all'atto.

3. La ragione superiore, secondo l'espressione di S. Agostino [ De Trin. 12,7.10 ], « tende verso le realtà eterne per contemplarle e per ispirarvisi ».

Invece l'uomo spesso acconsente all'atto non per motivi eterni, ma per motivi temporali, o per le passioni dell'anima.

Quindi l'acconsentire all'atto non è riservato alla ragione superiore.

In contrario:

Scrive S. Agostino [ De Trin. 12,12.17 ]: « Non è possibile che l'anima si decida efficacemente a compiere un peccato se l'intenzione dell'anima, avente il potere sovrano di fare agire le membra muovendole o ritraendole dall'azione, non cede all'attrattiva di un'azione malvagia e non se ne fa schiava ».

Dimostrazione:

L'ultima sentenza spetta sempre a chi è superiore, il quale ha il compito di giudicare gli altri: finché infatti rimane da dare un giudizio sulla questione proposta non c'è ancora una sentenza definitiva.

Ora, è evidente che la ragione superiore ha il compito di giudicare ogni altra cosa: poiché mediante la ragione giudichiamo le realtà sensibili, mentre i fatti dipendenti dalla ragione umana li giudichiamo mediante le ragioni divine, che appartengono alla ragione superiore.

Quindi nessun giudizio della ragione, finché è incerto se resistere o no [ al peccato ] secondo le ragioni divine, si presenta come sentenza definitiva.

Ma la sentenza definitiva sull'azione da compiere è il consenso all'atto.

Quindi il consenso all'atto spetta alla ragione superiore: però in quanto la ragione include la volontà, come si è già spiegato [ a. 1, ad 1 ].

Analisi delle obiezioni:

1. Acconsentire al godimento di un'azione appartiene alla ragione superiore, come acconsentire all'azione stessa; invece acconsentire al godimento del pensare spetta alla ragione inferiore, come spetta alla ragione inferiore la funzione del pensare.

Tuttavia sul pensare o non pensare in quanto azione distinta dà un giudizio la ragione superiore; e così pure sul godimento che la accompagna.

Preso invece come elemento ordinato a un'altra operazione, tale giudizio spetta alla ragione inferiore.

Infatti le funzioni subordinate spettano sempre ad arti o a facoltà inferiori a quelle che hanno per oggetto il fine: per cui l'arte che ha per oggetto il fine viene chiamata architettonica, o principale.

2. Essendo le azioni volontarie in quanto acconsentiamo ad esse, non basta il consenso delle altre potenze, ma si richiede quello della volontà, da cui deriva il termine "volontario"; e la volontà si trova nella ragione, come si è detto [ a. 1, ad 1 ].

3. Si dice che la ragione superiore acconsente non solo perché muove sempre ad agire secondo le ragioni eterne, ma anche perché in base alle ragioni eterne non dissente.

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