Summa Teologica - I-II

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Articolo 1 - Se l'uso sia un atto della volontà

In 1 Sent., d. 1, q. 1, a. 2

Pare che l'uso non sia un atto della volontà.

Infatti:

1. Insegna S. Agostino [ De doctr. christ. 1,4 ] che « usare è riferire ciò di cui si dispone al conseguimento di altre cose ».

Ma stabilire la relazione di una cosa a un'altra è compito della ragione.

Quindi l'uso è un atto della ragione e non della volontà.

2. Il Damasceno [ De fide orth. 2,22 ] scrive che « l'uomo si proietta verso l'operazione, e si ha l'impulso operativo; quindi usa, e si ha l'uso ».

Ma l'operazione spetta alla facoltà esecutiva.

Ora, l'atto della volontà non può far seguito all'atto della facoltà esecutiva, essendo l'esecuzione l'ultima cosa.

Quindi l'uso non è un atto della volontà.

3. S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 30 ] scrive: « Tutto ciò che è stato fatto è stato fatto a uso dell'uomo: poiché la ragione concessa agli uomini fa uso di tutte le cose giudicando di esse ».

Ma giudicare delle cose create da Dio spetta alla ragione speculativa, che sembra del tutto separata dalla volontà, che è il principio dell'agire umano.

Quindi l'uso non è un atto della volontà.

In contrario:

S. Agostino [ De Trin. 10,11.17 ] insegna: « Usare significa mettere una cosa a disposizione della volontà ».

Dimostrazione:

L'uso di una cosa comporta l'applicazione di tale cosa a un'operazione: infatti l'operazione a cui applichiamo una cosa non è altro che l'uso di questa; come cavalcare è l'uso del cavallo, e percuotere è l'uso del bastone.

Ora, noi applichiamo all'operazione sia i princìpi interiori dell'agire, cioè le potenze stesse dell'anima e le membra del corpo, come l'intelletto all'intellezione e l'occhio alla visione, sia anche le cose esterne, come il bastone all'atto del percuotere.

Ma è evidente che noi applichiamo all'operazione le cose esterne soltanto mediante i principi interiori, che sono o le facoltà dell'anima, o gli abiti operativi, oppure gli strumenti che sono membra del nostro corpo.

Ora, abbiamo già dimostrato [ q. 9, a. 1 ] che è compito della volontà muovere le potenze dell'anima ai propri atti, vale a dire applicarle all'operazione.

È evidente quindi che l'uso spetta in maniera primaria e principale alla volontà, come al primo movente; spetta invece alla ragione come alla facoltà direttiva e alle altre potenze come ai princìpi esecutivi, che stanno alla volontà, da cui sono applicati all'operazione, come degli strumenti all'agente principale.

Ora, l'azione non è attribuita propriamente allo strumento, ma all'agente principale: come il costruire viene attribuito al muratore e non ai suoi strumenti.

Quindi l'uso è propriamente un atto della volontà.

Analisi delle obiezioni:

1. La ragione stabilisce una relazione tra le cose, ma è la volontà che tende a una data cosa in vista di un'altra.

E l'uso è una relazione in questo senso.

2. Il Damasceno parla dell'uso in quanto appartiene alle potenze esecutive.

3. Lo stesso intelletto speculativo viene applicato alla funzione di apprendere, o di giudicare, dalla volontà.

Quindi si dice che l'intelletto speculativo è usato in quanto è mosso dalla volontà, come le altre potenze esecutive.

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