Summa Teologica - I-II

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Articolo 5 - Se un'azione umana sia costituita nella sua specie in base alla sua bontà o malizia

I, q. 48, a. 1, ad 2; In 2 Sent., d. 40, q. 1, a. 1; C. G., III, c. 9; De Malo, q. 2, a. 4; De Virt., q. 1, a. 2, ad 3

Pare che gli atti morali non differiscano nella specie in quanto buoni o cattivi.

Infatti:

1. Si è già detto [ a. 1 ] che il bene e il male si trovano negli atti come si trovano nelle cose.

Ma nelle cose il bene e il male non hanno una differenza specifica: infatti l'uomo buono e quello cattivo sono dell'identica specie.

Quindi il bene e il male non costituiscono specie distinte neppure negli atti.

2. Il male, essendo una privazione, è un non ente.

Ma un non ente non può essere una differenza, come insegna il Filosofo [ Met. 3,3 ].

Poiché dunque la differenza costituisce la specie, è evidente che un atto non viene a inserirsi in una specie per il fatto che è cattivo.

E così il bene e il male non determinano una differenza specifica tra gli atti umani.

3. Atti specificamente diversi devono avere effetti diversi.

Ma da atti buoni e da atti cattivi è possibile avere il medesimo effetto specifico: un uomo, p. es., può essere generato da un adulterio o da un atto coniugale.

Quindi un atto buono non differisce specificamente da un atto cattivo.

4. Come si è visto [ a. 3 ], talora la bontà o la malizia di un atto dipendono dalle circostanze.

Ma la circostanza, essendo un accidente, non può determinare la specie dell'atto.

Quindi gli atti umani non differiscono nella specie per la loro bontà o malizia.

In contrario:

Secondo il Filosofo [ Ethic. 2,1 ], « abiti simili rendono simili gli atti ».

Ma un abito buono differisce specificamente da un abito cattivo: come la liberalità dalla prodigalità.

Quindi anche l'atto buono differisce specificamente dall'atto cattivo.

Dimostrazione:

Ogni atto riceve la specie dal suo oggetto, come si è visto [ a. 2 ].

È quindi necessario che una differenza di oggetti produca una diversità specifica negli atti.

Bisogna però considerare che certe differenze di oggetto producono differenze specifiche negli atti in quanto si riferiscono a un determinato principio attivo, mentre non lo fanno in rapporto a un altro principio attivo.

E questo perché ciò che è accidentale non può costituire la specie, ma lo può solo ciò che è essenziale; ora, una differenza di oggetto può essere essenziale in rapporto a un determinato principio attivo e accidentale in rapporto a un altro: come il conoscere il colore piuttosto che il suono costituisce una differenza essenziale in rapporto ai sensi, non invece in rapporto all'intelletto.

Ora, gli atti umani vengono denominati buoni o cattivi in rapporto alla ragione; poiché, come insegna Dionigi [ De div. nom. 4 ], il bene umano consiste « nell'essere conforme alla ragione », e il male nell'essere « contrario alla ragione ».

Infatti per ogni cosa è bene ciò che le si addice secondo la sua forma, e male ciò che contrasta con essa.

Quindi è evidente che la differenza tra bene e male in rapporto all'oggetto ha un rapporto essenziale con la ragione, secondo che l'oggetto concorda o non concorda con essa.

Ora, certi atti sono denominati umani, o morali, in quanto dipendono dalla ragione.

Quindi è evidente che il bene e il male distinguono specificamente le azioni morali: infatti le differenze essenziali producono differenze specifiche.

Analisi delle obiezioni:

1. Anche nelle realtà naturali il bene e il male, e cioè l'essere secondo natura o contro natura, diversificano la specie: infatti un corpo morto e un corpo vivo non sono della medesima specie.

E similmente il bene, in quanto conforme alla ragione, e il male, in quanto contrario ad essa, diversificano la specie morale.

2. Il male comporta una privazione non assoluta, ma relativa a una qualche potenza.

Infatti si dice che un atto è cattivo nella sua specie non perché è privo di qualsiasi oggetto, ma perché ha un oggetto contrario alla ragione, come ad es. prendere la roba altrui.

E così l'oggetto, per quello che ha di positivo, può costituire la specie dell'atto disonesto.

3. L'atto coniugale e l'adulterio in rapporto alla ragione differiscono nella specie, e hanno effetti specificamente differenti: poiché l'uno merita la lode e il premio, l'altro invece il biasimo e la punizione.

Non differiscono invece specificamente in rapporto alla potenza generativa.

E sotto questo aspetto hanno un unico effetto secondo la specie.

4. Le circostanze possono valere come differenze essenziali dell'oggetto in quanto sono considerate dalla ragione; e allora possono determinare la specie dell'atto morale.

E ciò avviene necessariamente tutte le volte che una circostanza cambia un atto buono in un atto cattivo: poiché una circostanza non potrebbe determinare questo fatto se non perché ripugna alla ragione.

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