Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se tutti i piaceri siano buoni

In 4 Sent., d. 49, q. 3, a. 4, sol. 1; In 7 Ethic., lect. 11; 10, lect. 4, 8

Pare che tutti i piaceri siano buoni.

Infatti:

1. Come si è detto nella Prima Parte [ q. 5, a. 6 ], il bene si divide in onesto, utile e dilettevole.

Ora, l'onesto è tutto moralmente buono; e così pure tutto l'utile.

Quindi è moralmente buono ogni piacere.

2. È bene per se stesso, come dice Aristotele [ Ethic. 1,6 ], ciò che non è cercato in vista di altro.

Ora, il piacere non è cercato per altro: è infatti ridicolo domandare a uno perché vuole godere.

Quindi il piacere è un bene per se stesso.

Ma quanto viene predicato per se di una cosa, è per essa universalmente vero.

Quindi tutti i piaceri sono buoni.

3. Ciò che tutti desiderano si presenta come bene per se stesso: infatti « il bene è ciò che tutti appetiscono », come dice Aristotele [ Ethic. 1,1 ].

Ma tutti, anche i bambini e gli animali, desiderano qualche piacere.

Quindi il piacere è un bene per se stesso.

Quindi tutti i piaceri sono buoni.

In contrario:

Nei Proverbi [ Pr 2,14 ] si parla di coloro « che godono nel fare il male, e gioiscono dei loro propositi perversi ».

Dimostrazione:

Alcuni Stoici dicevano che tutti i piaceri sono cattivi, mentre gli Epicurei affermavano che tutti i piaceri sono buoni per se stessi, e che quindi tutti i piaceri sono buoni.

E sembra che costoro siano rimasti ingannati per non aver distinto tra le cose che sono buone puramente e semplicemente e quelle che sono buone per un determinato soggetto.

Ora, è buono puramente e semplicemente ciò che è buono per se stesso.

Ma può capitare che quanto non è buono per se stesso sia buono per un dato soggetto, e ciò per due diversi motivi.

Primo, nel caso in cui è ad esso proporzionato secondo una momentanea disposizione, che però non è naturale: come per il lebbroso è bene talora mangiare cose velenose, il che di per sé non si addice alla complessione umana.

Secondo, nel caso in cui, pur non essendo proporzionato e conveniente, viene ritenuto tale.

E poiché il piacere è la quiete dell'appetito nel bene, se tale bene è un bene in senso assoluto si avrà un piacere vero in senso assoluto; se invece non è una cosa realmente buona, ma è buona solo relativamente a un certo soggetto, allora non si avrà un piacere vero in senso assoluto, ma solo in rapporto a tale soggetto; e non sarà buono puramente e semplicemente, ma buono sotto un certo aspetto, o buono apparentemente.

Analisi delle obiezioni:

1. L'onesto e l'utile dicono rapporto alla ragione: perciò nulla può essere onesto o utile senza essere moralmente buono.

Invece il dilettevole dice rapporto all'appetito, che talora tende verso ciò che discorda dalla ragione.

Quindi non tutto il bene dilettevole è buono secondo la bontà morale, che va desunta dalla ragione.

2. Il piacere non viene cercato in vista di altro, essendo la quiete nel fine.

Però il fine può essere buono o cattivo; quantunque non si concepisca un fine che non sia un bene per quel dato soggetto.

E lo stesso si dica del piacere.

3. Tutti desiderano il piacere come desiderano il bene: poiché il piacere non è altro che l'acquietarsi dell'appetito nel bene.

Ma come non tutti i beni agognati sono beni veri ed essenziali, così non tutti i piaceri sono essenzialmente e veramente buoni.

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